Cass. civ. Sez. VI, Sent., 01-02-2012, n. 1450 Diritti politici e civili

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Svolgimento del processo

A.D., in proprio e nelle qualità indicate in epigrafe, ricorre per cassazione nei confronti del decreto della Corte d’appello che, liquidando Euro 4.500,00 per anni due e mesi sei di ritardo, ha accolto parzialmente il suo ricorso con il quale è stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo svoltosi in primo grado avanti al TAR del Lazio dal 13.12.1994 al 3.6.1999 e quindi avanti al Consiglio di Stato dal 13.9.2000 al 12.3.2007.

L’intimata Amministrazione non ha proposto difese.

La ricorrente ha depositato memoria.

Il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata.

Motivi della decisione

Il primo motivo con il quale si lamenta l’insufficiente liquidazione dell’indennità per l’irragionevole durata del processo operata dal giudice del merito in ragione di Euro 1.000,00 per anno solo con riferimento al periodo eccedente quello ritenuto ragionevole è infondato in quanto da un lato sono stati rispettati i parametri indicati dalla Corte europea e da questa Corte e dall’altro "In tema di diritto ad un’equa riparazione in caso di violazione del termine di durata ragionevole del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, l’indennizzo non deve essere correlato alla durata dell’intero processo, bensì solo al segmento temporale eccedente la durata ragionevole della vicenda processuale presupposta, che risulti in punto di fatto ingiustificato o irragionevole, in base a quanto stabilito dall’art. 2, comma 3, di detta legge, conformemente al principio enunciato dall’art. 111 Cost., che prevede che il giusto processo abbia comunque una durata connaturata alle sue caratteristiche concrete e peculiari, seppure contenuta entro il limite della ragionevolezza. Questo parametro di calcolo, che non tiene conto del periodo di durata "ordinario" e "ragionevole", non esclude la complessiva attitudine della L. n. 89 del 2001 a garantire un serio ristoro per la lesione del diritto in questione, come riconosciuto dalla stessa Corte europea nella sentenza 27 marzo 2003, resa sul ricorso n. 36813/97, e non si pone, quindi, in contrasto con l’art. 6, par. 1, della Convezione europea dei diritti dell’uomo" (Sez. 1, Ordinanza n. 3716 del 14/02/2008).

Il secondo motivo con il quale ci si duole che con riferimento al giudizio di primo grado si sia tenuto conto, ai fini di determinare la ragionevole durata, solo del periodo di tre anni e quindi dall’inizio e fino al decesso dell’originario ricorrente dante causa dell’attuale è infondato in quanto non risulta che gli eredi si siano costituiti nel giudizio avanti al TAR dopo il decesso del dante causa ed è principio già affermato quello secondo cui "in tema di equa riparazione prevista dalla L. 24 marzo 2001, n. 89, in caso di decesso di una parte, l’erede ha diritto a conseguire, iure successionis, l’indennizzo maturato dal de cuius per l’eccessiva protrazione di un processo che lo vide parte anche prima dell’entrata in vigore della citata legge nonchè, iure proprio, l’indennizzo dovuto in relazione all’ulteriore decorso delia medesima procedura, dal momento in cui abbia assunto formalmente la qualità di parte, ovverosia si sia costituito nel giudizio. Ed infatti, anche se la qualificazione ornamentale negativa del processo, ossia la sua irragionevole durata, è stata già acquisita nel segmento temporale nel quale parte era il de cuius e permane anche in relazione alla valutazione della posizione del successore – che subentra, pertanto, in un processo oggettivamente irragionevole -, per la commisurazione dell’indennizzo da riconoscere dovrà prendersi quale parametro di riferimento proprio la costituzione dell’erede in giudizio, posto che il sistema sanzionatorio delineato dalla Convenzione europea e tradotto in norme nazionali dalla L. n. 89 del 2001 non si fonda sull’automatismo di una pena pecuniaria a carico dello Stato, ma sulla somministrazione di sanzioni riparazione a beneficio di chi dal ritardo abbia subito danni, patrimoniali e non patrimoniali, ed in relazione ad indennizzi modulabili in base al concreto patema subito" (Cass. Civ., Sez. 1, Sentenza n. 2983 del 07/02/2008).

Il ricorso deve dunque essere rigettato. Non si deve pronunciare in ordine alle spese in difetto di attività difensiva da parte dell’Amministrazione.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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