Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 01-02-2012, n. 1437

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

M.R. ha proposto opposizione avverso la cartella esattoriale con la quale gli era stato intimato il pagamento in favore dell’INPS della somma di Euro 43.482,97 a titolo di contributi e sanzioni civili che l’Istituto riteneva dovuti a seguito di accertamento ispettivo del 15.3.2002, deducendo la nullità della cartella per intervenuta decadenza D.Lgs. n. 46 del 1999, ex art. 25.

Il Tribunale di Trieste ha respinto l’opposizione con sentenza che è stata confermata dalla Corte d’appello della stessa città, che ha ritenuto infondata l’eccezione di tardività della notificazione della cartella esattoriale sul rilievo della applicabilità del termine in questione ai soli contributi e premi non versati ed agli accertamenti notificati dopo il 1.1.2004.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione M.R. affidandosi ad un unico motivo di ricorso cui resiste con controricorso l’INPS. La società Equitalia Nomos spa non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

1.- Con l’unico motivo si lamenta violazione di norme di diritto, e specificamente del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 25, secondo cui i contributi o premi dovuti in forza di accertamenti effettuati dagli uffici sono iscritti in ruoli resi esecutivi, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’anno successivo alla data di notifica del provvedimento, nonchè del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 36, nel testo vigente all’epoca della notifica del verbale ispettivo, secondo cui "le disposizioni contenute nell’art. 25 si applicano ai contributi e premi non versati e agli accertamenti notificati successivamente alla data del primo gennaio 2001", sostenendo che, poichè il verbale ispettivo è stato notificato il 15 marzo 2002, il ruolo doveva essere reso esecutivo entro il 31 dicembre 2003, mentre lo è stato il 6 maggio 2004. 2.- Il ricorso deve ritenersi inammissibile per mancanza dei requisiti prescritti dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame.

3.- Ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006, e quindi anche al ricorso in esame, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4), l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena d’inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto, che deve essere idoneo a far comprendere alla S.C., dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare (Cass. n. 8463/2009). Per la realizzazione di tale finalità, il quesito deve contenere la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito, la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal giudice a quo e la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuto applicare alla fattispecie. Nel suo contenuto, inoltre, il quesito deve essere caratterizzato da un sufficienza dell’esposizione riassuntiva degli elementi di fatto ad apprezzare la sua necessaria specificità e pertinenza e da una enunciazione in termini idonei a consentire che la risposta ad esso comporti univocamente l’accoglimento o il rigetto del motivo al quale attiene (Cass. n. 5779/2010, Cass. n. 5208/2010). Anche nel caso in cui venga dedotto un vizio di motivazione ( art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’illustrazione del motivo deve contenere, a pena d’inammissibilità, la "chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione". Ciò comporta, in particolare, che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità. Al riguardo, inoltre, non è sufficiente che tale fatto sia esposto nel corpo del motivo o che possa comprendersi dalla lettura di questo, atteso che è indispensabile che sia indicato in una parte del motivo stesso, che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente dedicata (cfr. ex plurimis, Cass. n. 8555/2010, Cass. sez. unite n. 4908/2010, Cass. n. 16528/2008, Cass. n. 8897/2008, Cass. n. 16002/2007).

4.- Questa Corte ha più volte ribadito che, nel vigore dell’art. 366 bis c.p.c., non può ritenersi sufficiente – perchè possa dirsi osservato il precetto di tale disposizione – la circostanza che il quesito di diritto possa implicitamente desumersi dall’esposizione del motivo di ricorso, nè che esso possa consistere o ricavarsi dalla formulazione del principio di diritto che il ricorrente ritiene corretto applicarsi alla specie. Una siffatta interpretazione della norma positiva si risolverebbe, infatti, nella abrogazione tacita dell’art. 366 bis, secondo cui è invece necessario che una parte specifica del ricorso sia destinata ad individuare in modo specifico e senza incertezze interpretative la questione di diritto che la S.C. è chiamata a risolvere nell’esplicazione della funzione nomofilattica che la modifica di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, ha inteso valorizzare (Cass. n. 5208/2010, Cass. n. 20409/2008). E’ stato altresì precisato che il quesito deve essere formulato in modo tale da consentire l’individuazione del principio di diritto censurato posto dal giudice a quo alla base del provvedimento impugnato e, correlativamente, del principio, diverso da quello, la cui auspicata applicazione da parte della S.C. possa condurre a una decisione di segno inverso; ove tale articolazione logico-giuridica mancasse, infatti, il quesito si risolverebbe in una astratta petizione di principio, inidonea sia a evidenziare il nesso tra la fattispecie e il principio di diritto che si chiede venga affermato, sia ad agevolare la successiva enunciazione di tale principio a opera della S.C. in funzione nomofilattica. Il quesito, pertanto, non può consistere in una mera richiesta di accoglimento del motivo o nell’interpello alla S.C. in ordine alla fondatezza della censura, ma deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e porre la S.C. in condizione di rispondere a esso con la enunciazione di una regula iuris che sia, in quanto tale, suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata (Cass. sez. unite n. 27368/2009); per gli stessi motivi, il quesito di diritto non può mai risolversi nella generica richiesta rivolta alla S.C. di stabilire se sia stata violata o meno una certa norma, nemmeno nel caso in cui il ricorrente intenda dolersi dell’omessa applicazione di tale norma da parte del giudice di merito, e deve poi investire la ratto deciderteli della sentenza impugnata, proponendone una alternativa e di segno opposto (Cass. n. 1285/2010, Cass. n. 4044/2009).

5.- Nella specie, il ricorso è del tutto carente sotto il profilo della formulazione del quesito di diritto, inteso nel senso sopra indicato (l’illustrazione del motivo si conclude senza alcuna formulazione del quesito, ex art. 366 bis c.p.c.), sì che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

6.- Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza del ricorrente nei confronti dell’Inps. Non deve provvedersi in ordine alle spese nei confronti della società Equitalia, che non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore dell’Inps delle spese del presente giudizio liquidate in Euro 50,00 oltre Euro 3.000,00 per onorari, oltre accessori di legge; nulla per le spese nei confronti di Equitalia Nomos spa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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