Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 22-06-2011) 23-09-2011, n. 34705 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto in data 20.9.2010 la Corte di appello di Catania, decidendo sull’appello proposto da C.G., confermava il decreto in data 23.3.2010 del Tribunale di Catania, con il quale al predetto era stata applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S., con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza, per la durata di anni due.

Preliminarmente, la Corte di appello respingeva l’eccezione di incompetenza territoriale, sollevata dalla difesa, che sosteneva essere competente il Tribunale di Messina, in quanto in questa città viveva ed operava da sempre il proposto e nella stessa città erano state compiute le asserite operazioni illecite.

Secondo la Corte territoriale, doveva ravvisarsi la competenza del Tribunale di Catania, luogo nel quale il C. aveva realizzato prevalentemente la sua illecita attività, consistita nel riciclare i proventi illeciti dell’associazione mafiosa facente capo a B. P., attraverso una movimentazione di assegni bancari emessi da esponenti della suddetta consorteria. Restava di minore rilevanza il fatto che dette operazioni fossero state svolte presso un istituto bancario di Messina, in considerazione dei suoi contatti con soggetti appartenenti alla criminalità organizzata operante nella provincia di Catania.

Nel merito, metteva in evidenza che in data 10.1.2008 il GIP del Tribunale di Catania aveva emesso nei confronti del C. ordinanza custodiate in carcere per il delitto di riciclaggio, successivamente qualificato in concorso esterno nell’associazione mafiosa diretta da B.P..

A carico del C. vi erano una serie di operazioni bancarie, avvenute nel triennio 2001-2003, che avevano favorito l’associazione mafiosa, costituite da depositi di assegni sui propri conti bancari, con la girata di S.F. e della di lui moglie P. F., e corrispondenti prelevamenti dagli stessi conti di assegni, per cifre molto elevate, riversati sui conti di appartenenti all’associazione.

Detti movimenti di denaro non erano giustificati dai rapporti di impresa tra il proposto e S.F., i quali gestivano – il primo a Messina e il S. a Giarre – un’impresa di pompe funebri, ed era invece significativo che il S. fosse stato arrestato il 13.8.2002 per detenzione di kg. 2,716 di marijuana.

Il suddetto collegamento del C. con ambienti mafiosi di per sè implicava, secondo la Corte distrettuale, una latente e permanente pericolosità del predetto, non sussistendo in atti alcun elemento dimostrativo del suo recesso dall’organizzazione o la disintegrazione della stessa.

Avverso il decreto hanno proposto ricorso per cassazione i difensori di C.G. chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi.

Con un primo motivo è stata riproposta l’eccezione di incompetenza del Tribunale di Catania in favore del Tribunale di Messina.

Dai presupposti di fatti riconosciuti dal decreto impugnato emergeva chiaramente che la competenza doveva essere attribuita al Tribunale di Messina.

In effetti, la Corte di appello aveva riconosciuto che il C. risiedeva e viveva a Messina e che in questa città aveva posto in essere i comportamenti censurati, consistiti in ripetute operazioni di riciclaggio di denaro di provenienza delittuosa.

Nessuna rilevanza, ai fini della determinazione della competenza, poteva essere data al fine dell’illecito contestato, dovendosi invece avere riguardo al territorio nel quale viveva e operava il proposto.

Le operazioni bancarie compiute con S.F. erano state richieste dal medesimo che dichiarava di trovarsi in continua difficoltà finanziaria ed era estremamente significativo che, a fronte di assegni postdatati, C. avesse emesso assegni circolari tratti sul proprio conto corrente, consentendo quindi una tracciabilità obiettiva di tutti gli assegni emessi.

Erroneamente il Giudice di secondo grado aveva ritenuto che sussistesse la pericolosità del proposto all’epoca in cui era stata emessa la misura, dando risalto al mancato recesso dal sodalizio criminale da parte del C., in quanto non era stato neppure mai contestato un rapporto organico del predetto con l’associazione e quindi lo stesso non poteva recedere da un sodalizio del quale non aveva mai fatto parte.

Il C. aveva intrattenuto rapporti finanziari solo con S. F., conosciuto sin dall’infanzia, e comunque dallo stesso aveva preteso, a titolo di garanzia personale, la firma di girata su tutti gli assegni transitati sul proprio conto corrente.

La Corte di appello non aveva tenuto conto che i fatti erano molto risalenti nel tempo; che il C. era totalmente incensurato e aveva sempre svolto una regolare attività lavorativa; che non risultava alcuna frequentazione del medesimo con esponenti della malavita.

Motivi della decisione

L’eccezione di incompetenza è fondata.

Secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte, la competenza per territorio a decidere in materia di applicazione di misure di prevenzione spetta al tribunale del capoluogo della provincia nella quale il proposto ha la sua dimora la quale, anche se non coincidente con la residenza anagrafica, va individuata nel luogo in cui il proposto ha tenuto comportamenti sintomatici idonei a lasciar desumere la sua pericolosità, a nulla rilevando eventuali modificazioni intervenute successivamente alla proposta di applicazione della misura. Ne consegue che detta competenza deve essere individuata con riferimento allo spazio geografico-ambientale in cui il soggetto manifesta i suoi comportamenti socialmente pericolosi, anche se tale luogo sia diverso da quello di dimora abituale (V Sez. 5 sent. n. 19067 del 31.3.2010, Rv. 247504).

Da quanto emerge dalla motivazione del decreto impugnato, l’attività ritenuta pericolosa compiuta dal C. è consistita nel deposito di assegni sui propri conti correnti e in prelevamenti dagli stessi conti di assegni, per cifre molto elevate, che venivano riversati sui conti di appartenenti al sodalizio criminoso.

Detta attività è stata tutta compiuta presso istituti bancari di Messina, città nella quale il C. abitava e svolgeva la propria attività lavorativa; quindi sia sotto il profilo dell’abituale dimora sia sotto il profilo del luogo di commissione dell’attività dalla quale è stata desunta la pericolosità del soggetto la competenza appartiene al Tribunale di Messina, a nulla rilevando ai fini della competenza territoriale i non precisati contatti del ricorrente con soggetti appartenenti alla criminalità organizzata operante nella provincia di Catania. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la competenza stabilita in base al criterio indicato nella L. 31 maggio 1965, n. 575, art. 2 ha carattere funzionale ed è pertanto inderogabile. Ne consegue che l’eventuale incompetenza dell’organo di accusa esclude ogni possibilità di ratifica, convalida, conferma o conversione e integra un’ipotesi di nullità assoluta e rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del procedimento, riconducibile nella previsione dell’art. 178 c.p.p., comma 1, lett. b (V. Sez. U. sent. n. 5 del 20.6.1990, Rv. 185283 e Sez. 1 sent. n. 49994 del 27.11.2009, Rv. 245973).

Pertanto, oltre al decreto impugnato, deve essere annullato anche il provvedimento di primo grado e gli atti devono essere trasmessi al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Messina per quanto di competenza.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio il decreto impugnato e il decreto emesso il 23.3.2010 dal Tribunale di Catania e dispone trasmettersi gli atti al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Messina per quanto di competenza.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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