Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 22-06-2011) 23-09-2011, n. 34704

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

M.A., in espiazione di pena in esecuzione di provvedimento cumulo pene emesso dalla Procura della Repubblica di Ancona in data 11.5.2010, chiedeva al Tribunale di Ancona, in veste di giudice dell’esecuzione, di rideterminare la pena complessiva sottraendo dalla stessa le pene inflitte per i seguenti reati, a suo dire depenalizzati:

– L. 18 gennaio 1994, n. 50, art. 2 (illecita detenzione di tabacchi lavorati esteri in quantità superiore a quindici chilogrammi, commesso il 23.4.1998), abrogato dalla L. 19 marzo 2001, n. 92, art. 7;

– D.P.R. n. 663 del 1972, artt. 1 e 70 (evasione imposta in relazione ai T.L.E. importati di contrabbando, reato commesso il 23.4.1998), abrogato L. 27 febbraio 1984, n. 17, art. 3, comma 3;

-art. 12 D.L. 3.5.1991 n. 143 (indebito utilizzo o falsificazione di carte di credito ovvero possesso di suddette carte di provenienza illecita, commesso il 18.10.2001), abrogato dal D.Lgs. 21 novembre 2007.

A seguito di incidente di esecuzione, il Tribunale di Ancona respingeva l’istanza, ritenendo che il fatto previsto dalla L. n. 50 del 1994, art. 2 continuava ad essere sanzionato penalmente dal D.P.R. n. 43 del 1973, art. 291-bis;

che il fatto di cui al D.P.R. n. 663 del 1972, artt. 1 e 70 non era stato abrogato, poichè l’abrogazione era limitata alle disposizioni concernenti la falsa attestazione; che il fatto di cui al D.L. n. 143 del 1991, art. 12 continuava ad essere punito dal D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231, art. 55, comma 9.

Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore, chiedendone l’annullamento per erronea applicazione della legge penale.

Il Tribunale, per accertare la ricorrenza o meno dell’abolitio criminis, aveva utilizzato il criterio ella cd. continuità nel tipo di illecito, confrontando tra la vecchia e la nuova fattispecie l’interesse protetto e le modalità di aggressione del bene.

Detto criterio, secondo il ricorrente, non sarebbe più adottato dalla giurisprudenza, che ha elaborato il cd. criterio del rapporto di continenza, in applicazione del quale deve accertarsi se tra le fattispecie astrattamente considerate della vecchia e nuova disciplina vi sia un rapporto strutturale tale per cui, tra le stesse, possa instaurarsi una relazione di genere a specie.

Per quanto riguarda il contrabbando di tabacchi lavorati esteri, non sarebbe possibile alcun rapporto di continenza tra le fattispecie astratte, stante la diversità dell’elemento oggettivo.

Comunque il giudice dell’esecuzione non avrebbe potuto modificare l’originaria qualificazione giuridica del fatto.

Con riferimento alla condanna per il delitto di cui al D.L. n. 143 del 1991, art. 12, anche ammettendo il rapporto di continenza con la nuova fattispecie, comunque il giudice dell’esecuzione non avrebbe avuto il potere di modificare l’originaria qualificazione giuridica del fatto.

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

In materia di successione di leggi penali, in caso di modifica della norma incriminatrice, per accertare se ricorra o meno "abolitio criminis" è sufficiente procedere al confronto strutturale tra le fattispecie legali astratte che si succedono nel tempo, senza la necessità di ricercare conferme della eventuale continuità tra le stesse facendo ricorso ai alteri valutativi dei beni tutelati e delle modalità di offesa, atteso che tale confronto permette in maniera autonoma di verificare se l’intervento legislativo posteriore assuma carattere demolitorio di un elemento costitutivo del fatto tipico, alterando così radicalmente la figura di reato, ovvero, non incidendo sulla struttura della stessa, consenta la sopravvivenza di un eventuale spazio comune alle suddette fattispecie (V. Sez. U. sent. n. 24468 del 26.2.2009, Rv. 243585). Dal confronto tra la vecchia normativa ( L. n. 50 del 1994, art. 2) e la nuova ( D.P.R. n. 43 del 1973, art. 291-bis) in materia di illecita detenzione di tabacchi lavorati esteri risulta del tutto evidente che non vi è stato alcun intervento strutturale che abbia modificato la fattispecie di reato e che quindi non vi è stata abolitio criminis.

Del resto, in tal senso si è costantemente pronunciata questa Corte stabilendo che in virtù dell’abrogazione (ad opera della L. 19 marzo 2001, n. 92, art. 7, comma 3) della L. n. 50 del 1994, art. 2 – il quale prevedeva come reato l’introduzione, la detenzione e la messa in vendita in misura superiore ai 15 Kg di tabacco lavorato estero, costituente una fattispecie autonoma di reato e non una circostanza aggravante del reato di contrabbando di cui al D.P.R. n. 43 del 1973, art. 282 – e dell’introduzione, L. n. 92 del 2001, ex art. 1, comma 1, lett. a) nel testo del D.P.R. n. 43 del 1973, dell’art. 291 bis, che sanziona le condotte di contrabbando di t.l.e. aventi ad oggetto quantitativi superiori a Kg 10 con la multa e la reclusione, si è determinata una successione di norme meramente modificativa. Ne consegue l’applicabilità, per i fatti di reato commessi anteriormente alla vigenza della nuova normativa, del trattamento sanzionatorio previsto dalla normativa previgente in quanto più favorevole ex art. 2 c.p., comma 3 (V. Sez. 3 sent. n. 14456 del 6.2.2003, Rv. 224245). Anche con riguardo al delitto di indebito utilizzo o falsificazione di carte di credito ovvero possesso di dette carte di illecita provenienza, il D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 55, comma 9 ha previsto fattispecie di reato del tutto analoghe a quelle già previste dal D.L. 3 maggio 1991, n. 143, art. 12 (convertito nella L. 5 luglio 1991, n. 197), senza quindi che sia intervenuta alcuna modifica strutturale della norma incriminatrice, come ha costantemente stabilito questa Corte (V. Sez. 2 sent. n. 24527 del 29.5.2009, Rv. 244272).

E’ del tutto inconferente, infine, la doglianza di una modifica in sede esecutiva della qualificazione giuridica del fatto, poichè il Tribunale non ha affatto modificato detta qualificazione ma si è limitato a verificare, come gli era stato chiesto con l’incidente di esecuzione, se fosse intervenuta una abolitio criminis che, per il disposto dell’art. 2 c.p., comma 2, avrebbe comportato la cessazione dell’esecuzione e degli effetti penali della condanna. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella proposizione dell’impugnazione (Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 2000), al versamento della somma alla Cassa delle Ammende indicata nel dispositivo, ritenuta congrua da questa Corte.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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