Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 01-02-2012, n. 1433 Contributi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza depositata il 9.11.06 la Corte d’appello di Salerno, in totale riforma della pronuncia di prime cure emessa dal Tribunale di Nocera Inferiore in contraddittorio con l’INPS, la S.C.CI. S.p.A. e la Equitalia E.T.R. S.p.A., rigettava l’opposizione proposta da Edil Marra di Marra Liberato & C. S.n.c. avverso la cartella esattoriale notificatale il 24.1.03, avente ad oggetto il mancato versamento di contributi previdenziali per gli anni dal 1992 al 1995.

In proposito la Corte territoriale rigettava l’eccezione di prescrizione quinquennale sollevata dall’opponente, ravvisando nel caso di specie una prescrizione decennale tempestivamente interrotta dalla notifica della cartella esattoriale. Del pari rigettava le ulteriori ragioni difensive svolte dalla società opponente.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre la Edil Marra di Marra Liberato & C. S.n.c. affidandosi a tre motivi.

L’INPS ha depositato delega in calce alla copia notificata del ricorso e ha discusso la causa in udienza.

Equitalia E.T.R. S.p.A. è rimasta intimata.

Motivi della decisione

1- Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 416 e 437 c.p.c., per avere l’impugnata sentenza accolto l’eccezione di interruzione della prescrizione sollevata in base a documenti solo in appello prodotti dall’INPS (rimasta contumace in primo grado).

Il motivo è infondato.

E’ pur vero – come dedotto dalla ricorrente – che, in virtù di ormai consolidata giurisprudenza di questa S.C., la rilevabilità d’ufficio dell’interruzione della prescrizione non importa anche la facoltà di produrre per la prima volta in appello il documento attestante l’interruzione medesima, ove una qualche prova in merito non sia stata acquisita nè il fatto interruttivo sia stato allegato in prime cure, come avviene in caso di contumacia in primo grado della parte eccipiente.

Nondimeno, non è questo quel che è accaduto nella vicenda in esame, giacchè l’impugnata sentenza si è limitata a rilevare che l’unico atto interruttivo della prescrizione – di per sè sufficiente ad evitare l’effetto estintivo del diritto azionato, visto il carattere decennale del termine – si è avuto con la notifica, il 24.1.03, della cartella esattoriale oggetto di opposizione, vale a dire con un atto la cui esistenza, lungi dall’essere stata dimostrata solo in appello dall’INPS, è stata invece allegata proprio dalla società opponente con l’atto introduttivo del giudizio.

A fronte di tale pacifica data di notifica della cartella esattoriale e, quindi, di interruzione della prescrizione, la Corte territoriale non ha fatto altro che rilevare che non era maturata la prescrizione decennale, atteso che la riduzione del termine da decennale a quinquennale, disposta dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9, lett. a), a decorrere dal 1.1.96, non si applica ai casi di denuncia di omissione contributiva presentata all’INPS da parte del lavoratore o dei suoi superstiti entro il quinquennio successivo al 1.1.96 e nei limiti del decennio dalla nascita del diritto alla contribuzione, indipendentemente dall’avvenuta promozione o meno dell’azione di recupero dell’INPS nei confronti del datore di lavoro inadempiente;

nell’ipotesi in esame, espone la sentenza impugnata, la denuncia era stata sporta dal dipendente P.E. il 27.12.99, circostanza che non è oggetto di censura da parte dell’odierna ricorrente.

Risulta, invece, del tutto estranea alla ratio decidendi la produzione del verbale ispettivo di accertamento.

2- Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 25, per avere l’impugnata sentenza trascurato che l’iscrizione a ruolo dei contributi relativi agli anni in questione – cioè dal 1992 al 1995 – è avvenuta oltre i termini di decadenza previsti dalla legge, vale a dire oltre il 31 dicembre dell’anno successivo alla data dell’accertamento che ha evidenziato il debito.

Il motivo è inammissibile perchè aspecifico, in quanto non confuta la motivazione adottata dai giudici d’appello, in forza della quale dapprima il D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 36, comma 6, come modificato dalla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 78, comma 24, ha previsto che "Le disposizioni contenute nell’articolo 25 si applicano ai contributi e premi non versati e agli accertamenti notificati successivamente alla data del 1 gennaio 2001", termine poi spostato al 1.1.03 dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 38, comma 8, e, ancora, al 1.1.04 dalla L. 24 dicembre 2003, n. 350, art. 4, di guisa che alla data (24.1.03) della notifica della cartella esattoriale per cui è causa, avente ad oggetto il mancato versamento di contributi previdenziali per gli anni dal 1992 al 1995, la decadenza invocata dalla società ricorrente non era applicabile.

Ciò integra rilievo preliminare ed assorbente rispetto a quello per cui, alla stregua di un’interpretazione costituzionalmente conforme della disciplina transitoria contenuta nel cit. D.Lgs. n. 46 del 1999, art 36, comma 6, deve escludersi la possibilità di una decadenza retroattiva, non imponendo il sistema precedente alcun onere di tempestività dell’iscrizione a ruolo per la riscossione dei crediti previdenziali nè potendosi pretendere dall’INPS un determinato contegno prima ancora che venisse contemplato dall’ordinamento (cfr. Cass. 22.11.06 n. 24781).

3- Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 116, comma 8, nella parte in cui la Corte territoriale ha ritenuto legittime le sanzioni applicate dall’INPS in misura superiore al 40% dell’importo del contributo dovuto.

Anche tale motivo è inammissibile perchè meramente assertivo e aspecifico, atteso che non confuta la motivazione in proposito adottata dall’impugnata sentenza, che sulla scorta dell’irretroattività dell’art. 116, comma 8 cit. (arg. da Cass. S.U. 7.3.2005 n. 4809) ha rigettato l’eccezione sollevata dall’opponente.

4- In conclusione, il ricorso è da rigettarsi.

Seguono la soccombenza le spese del giudizio di legittimità liquidate a favore dell’INPS nella misura quantificata in dispositivo alla luce del rilievo che l’istituto si è limitato alla discussione in udienza.

Non è dovuta pronuncia sulle spese riguardo ad Equitalia E.T.R. S.p.A., che non ha svolto alcuna attività difensiva.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità a favore dell’INPS, liquidate in Euro 500,00 per onorari, oltre accessori come per legge. Nulla spese riguardo ad Equitalia E.T.R. S.p.A..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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