Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 22-06-2011) 23-09-2011, n. 34680 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 24.6.2009, la Corte di appello di Catania, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Catania in data 4.7.2003, riteneva G.S., S.F., D. N., P.C., D.S. e V.C. responsabili del delitto di cui al capo A ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, G. e D. in veste di promotori e organizzatori, con l’aggravante di cui al cit. D.P.R., art. 74, comma 3, in quanto tra i partecipanti all’associazione vi erano persone dedite all’uso di sostanze stupefacenti, in (OMISSIS)) e del delitto di cui al capo B ( artt. 110 e 81 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, con l’aggravante di cui all’art. 73, comma 6 per aver agito in tre o più persone in concorso, in (OMISSIS)), riuniti dal vincolo della continuazione, e condannava:

G., dichiarato delinquente abituale ex art. 103 c.p., con le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti, alla pena di anni 10 di reclusione (pena base art. 74: anni 20, ridotta ad anni 14 ex artt. 62 e bis c.p., aumentata ad anni 15 ex art. 81 c.p., ridotta di 1/3 per la scelta del rito abbreviato);

S., dichiarato delinquente abituale ex art. 103 c.p., alla pena di anni 7 e mesi 4 di reclusione (pena base art. 74: anni 10, aumentata ad anni 11 ex art. 81 c.p., ridotta di 1/3 per la scelta del rito abbreviato);

D., con le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti, alla pena di anni 5 di reclusione (pena base D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74: anni 10, ridotta ad anni 6 e mesi 8 ex art. 62 bis c.p., aumentata ad anni 7 e mesi 6 ex art. 81 c.p., ridotta di 1/3 per la scelta del rito abbreviato); P., con le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti, alla pena di anni 5 di reclusione (pena base art. 74: anni 10, ridotta ad anni 6 e mesi 8 ex art. 62 bis c.p., aumentata ad anni 7 e mesi 6 ex art. 81 c.p., ridotta di 1/3 per la scelta del rito abbreviato); D., con le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti, alla pena di anni 9 e mesi 6 di reclusione (pena base art. 74: anni 20, ridotta di 1/3 ex art. 62 bis c.p., aumentata di un anno ex art. 81 c.p., ridotta di 1/3 per la scelta del rito abbreviato);

V., con le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti, alla pena di anni 5 di reclusione (pena base D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74: anni 10, ridotta ad anni 6 e mesi 8 ex art. 62 bis c.p., aumentata ad anni 7 e mesi 6 ex art. 81 c.p., ridotta di 1/3 per la scelta del rito abbreviato); riteneva, inoltre, V.M. responsabile del delitto di cui al suddetto capo B) e, con le attenuanti generiche prevalenti sulla aggravante, lo condannava alla pena di anni 3 di reclusione (pena base art. 73: anni 6, ridotta ad anni 4 ex art. 62 bis c.p., aumentata ad anni 4 e mesi 6 ex art. 81 c.p., ridotta di 1/3 per la scelta del rito abbreviato); riteneva, infine, D.B.A. responsabile del delitto di cui al capo B), nella ipotesi del tentativo e con esclusione della continuazione, e con le attenuanti generiche prevalenti sulla aggravante lo condannava alla pena di un anno e mesi due di reclusione (pena base per art. 56 c.p., D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73: anni 2 e mesi 6, ridotta a un anno e mesi 9 ex art. 62 bis c.p., ridotta di 1/3 per la scelta del rito abbreviato).

Nella prima parte della sentenza venivano descritte le caratteristiche dell’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, operativa nel secondo semestre del 1995 e nel primo semestre del 1996.

Inizialmente l’organizzazione era diretta da G.V. e S.A., entrambi uccisi nel corso delle indagini. Il loro posto era stato preso da G.S. e D.S. e del gruppo avevano fatto parte, tra gli altri, anche S. F., D.N., P.C. e V.C..

G.S., che viveva a (OMISSIS), provvedeva all’acquisto nel Nord Italia di partite di eroina e cocaina che faceva trasferire a Catania mediante autotrasportatori che si prestavano a fungere da corrieri dell’organizzazione ( D.N., P.C. e M.E.). La droga, giunta a Catania, veniva presa in consegna e custodita da D.S., S.F. e V.C., i quali si avvalevano anche di altri – i fratelli B.A. e B.S. – nello svolgimento delle operazioni di custodia, taglio e smercio dello stupefacente.

L’eroina e la cocaina venivano in seguito cedute ad altri – V. M., D.B.A., Gi.Fr., N. A. e G.S. (classe (OMISSIS)) – i quali provvedevano a venderla a tossicodipendenti.

I fatti erano stati ricostruiti attraverso le intercettazioni telefoniche; gli appostamenti, pedinamenti e controlli eseguiti sui soggetti che apparivano coinvolti nel vasto traffico di sostanze stupefacenti; i sequestri di sostanze stupefacenti eseguiti sulla scorta del contenuto di quanto appreso nel corso di conversazioni intercettate (il 5.1.1996 erano stati sequestrati g.20 di eroina a Gi.Fr., poco dopo il contatto che lo stesso aveva avuto con V.M. e N.A.; il 30.5.1996 erano stati sequestrati g. 500 di eroina a P.C., mentre li stava trasportando con il suo autocarro in (OMISSIS)); le rivelazioni del collaboratore di giustizia M.S., il quale aveva fornito anche una precisa chiave di lettura delle espressioni criptiche utilizzate nelle conversazioni intercettate; le sostanziali ammissioni, seppure in un’ottica di difesa, fatte da P.C., V.M., V.C., Gi.Fr. e N.C..

La sentenza indicava, poi, le ragioni per le quali l’attività svolta dagli imputati dovesse essere inquadrata nel delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74; G.S. e D.S. avessero svolto, nell’ambito dell’associazione, un ruolo di direzione e di organizzazione; non potesse essere ravvisata nei fatti di causa l’ipotesi prevista dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 6 per il piccolo spaccio; dovesse escludersi nei fatti di droga contestati l’ipotesi del fatto lieve prevista dal cit. D.P.R., art. 73, comma 5.

Infine, la sentenza prendeva in considerazione la posizione do ogni imputati, riportando per ciascuno quali erano i motivi di appello proposti; spiegando le ragioni per le quali dovevano essere respinte o accolte le doglianze contenute nei motivi di gravame; dando conto dei motivi per i quali era stata ricalcolata e ridotta la pena nei confronti di tutti gli appellanti, ad eccezione di S. F. al quale è stata confermata la pena inflitta.

Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i suddetti imputati, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi.

G.S.:

Ha lamentato il difetto di motivazione della sentenza di appello, che si sarebbe limitata a ripetere le argomentazioni della sentenza di primo grado.

Dal contenuto delle conversazioni intercettate emergeva che G. aveva avuto solo rapporti leciti con i coimputati; la sentenza, forzando logicamente il senso delle conversazioni, aveva arbitrariamente dedotto che i suddetti rapporti avessero ad oggetto sostanze stupefacenti. Nei confronti di G.S. non era stato mai eseguito alcun sequestro di sostanze stupefacenti e nella sentenza impugnata non erano spiegate le ragioni per le quali l’imputato fosse stato considerato un capo dell’associazione.

S.F.:

Il ricorrente ha, ante omnia, denunciato la mancata correlazione tra la contestazione e il fatto per il quale l’imputato era stato condannato.

L’imputato era stato condannato per aver ricevuto direttamente la droga da G.S., per averla smerciata e aver consegnato al predetto i proventi della vendita di detta sostanza.

Queste condotte, però, non erano indicate nel capo di imputazione che fa riferimento a condotte generali di intermediazione, acquisto, trasporto, ricezione e taglio, smercio e incasso. Dagli atti risultava che G.S. non aveva avuto rapporti diretti con l’imputato, ma solo con il di lui fratello S.A..

Il collaboratore di giustizia M.S. aveva sì dato presente S.F., insieme al fratello A., a riunioni che si tenevano a casa dei fratelli B., ma aveva anche precisato di conoscere poco F. e di fare confusione fra i due fratelli.

L’imputato all’epoca era detenuto o agli arresti domiciliari, quindi non poteva partecipare a riunioni o recarsi in Nord Italia per affari di droga.

Non vi erano telefonate tra G.S. e S.F., il quale aveva avuto rapporti telefonici, oltre che con il fratello, solo con Gi.Fr. e S.G..

L’imputato era tossicodipendente e chiedeva droga al fratello A. per farne uso personale.

Proprio per la sua tossicodipendenza, era tenuto all’oscuro dei traffici dell’organizzazione.

Nella sentenza impugnata non era stata precisata la condotta associativa attribuibile all’imputato.

V.M.:

Con un primo motivo ha eccepito l’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche ed ambientali, attesa l’assoluta mancanza di una motivazione circa le ragioni della ritenuta insufficienza o inidoneità degli impianti di registrazione siti nella Procura della Repubblica.

Con un secondo motivo ha eccepito l’inutilizzabilità delle dichiarazioni etero accusatorie di Gi., assunte in assenza del difensore di fiducia in occasione del sequestro di stupefacente eseguito in data 5.1.1996.

A carico dell’imputato non erano state raccolte prove dalle quali dedurre la responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio.

D.N.:

Con un primo motivo ha dedotto carenza di motivazione della sentenza, in relazione alla condanna per i delitti di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 74 e 73.

Nei motivi di appello erano state sollevate alcune questioni decisive alle quali la Corte distrettuale non aveva dato alcuna risposta.

In particolare, il Giudice d’appello aveva omesso di motivare sulla circostanza che le intercettazioni telefoniche escludevano qualsivoglia coinvolgimento dell’imputato nel trasporto di droga avvenuto tra il (OMISSIS), poichè la dichiarazione di P.C. – di aver avuto contatti telefonici con D. il martedì (28.5.1996) precedente al trasporto della droga – non aveva trovato riscontro nell’esame delle intercettazioni telefoniche.

Non era stato neppure considerato, circostanza peraltro messa in evidenza nei motivi di appello, che l’imputato non compariva nelle intercettazioni telefoniche dal 21.12.1995 al 17.2.1996, a riprova che non aveva assidui rapporti con i ritenuti sodali.

Con un secondo motivo ha dedotto carenza di motivazione della sentenza nel respingere la richiesta di applicazione alla fattispecie dell’ipotesi di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 6.

Il giudice non aveva tenuto conto del complesso degli elementi, basandosi solo sulla gravità della condotta.

Con un terzo motivo ha denunciato l’omessa pronuncia sulla richiesta di esclusione della pena accessoria prevista dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 85.

Detta pena doveva essere revocata, poichè il giudice d’appello aveva ritenuto complessivamente meno grave il fatto, tenendo conto anche dell’incensuratezza e del comportamento tenuto dall’imputato dopo la vicenda per cui è processo.

P.C.:

Con un primo motivo ha denunciato la carenza e manifesta illogicità della motivazione della sentenza nella parte in cui aveva ritenuto che l’imputato facesse parte dell’associazione con il ruolo di abituale corriere di droga.

La Corte di appello aveva ritenuto di poter trarre la prova della partecipazione di P.C. all’associazione dal fatto che il predetto si fosse reso disponibile e avesse trasportato una partita di droga da (OMISSIS).

Il contenuto delle conversazione intercettate era stato travisato e deformato, attribuendo agli accordi per un singolo viaggio, in sostituzione di D., il significato di una disponibilità dell’imputato nei confronti dell’associazione ad effettuare alla bisogna e in futuro ulteriori viaggi.

La Corte di appello aveva omesso di indicare le condotte, complessivamente valutate, dalle quali desumere l’organico inserimento dell’imputato in una struttura criminosa a carattere associativo.

Con un secondo motivo ha dedotto la mancanza e manifesta illogicità della motivazione della sentenza nella parte in cui non aveva riconosciuto in capo al P. l’ipotesi attenuata di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5.

Nella sentenza di primo e di secondo grado mancava del tutto la disamina degli argomenti offerti dalla difesa dell’imputato a sostegno della tesi che nel fatto commesso dall’imputato era ravvisabile l’ipotesi attenuata del cit. D.P.R., art. 73, comma 5.

D.S.:

Con motivo unico ha dedotto il difetto e la manifesta illogicità della motivazione della sentenza. La Corte di appello aveva ritenuto raggiunta la prova dell’esistenza dell’associazione e del ruolo di organizzatore nell’ambito della stessa ricoperto dall’imputato sulla base di mere presunzioni, richiamando le argomentazioni contenute nella sentenza di primo grado.

Nei motivi di appello era stato contestato il significato dato nella sentenza di primo grado a espressioni contenute nelle conversazioni intercettate, lamentando che non fossero state compiute specifiche indagini per accertare quale fosse l’effettivo oggetto delle conversazioni. La Corte distrettuale aveva semplicisticamente risposto che condivideva le valutazioni del primo giudice, senza spiegare le ragioni di tale condivisione con un percorso motivazionale autonomo.

I Giudici dell’appello non avevano neppure risposto allo specifico motivo di appello con il quale si contestava l’attendibilità del collaboratore di giustizia M.S. e l’assenza di riscontri alle sue dichiarazioni.

D.B.A.:

Con motivo unico ha dedotto la mancanza e manifesta illogicità della motivazione della sentenza.

Nei motivi di appello era stato analizzato il contenuto delle conversazioni intercettate, dimostrando che dalle stesse non si poteva evincere il coinvolgimento dell’imputato in fatti di droga.

La Corte di appello aveva respinto il motivo di gravame con motivazione generica, richiamando gli argomenti contenuti nella sentenza di primo grado a sostegno del giudizio di responsabilità dell’imputato in ordine al tentativo di acquisto di una partita di stupefacente nella disponibilità di G.S..

V.C.:

Con un primo motivo ha denunciato l’inosservanza della legge penale nella valutazione delle prove e il difetto di motivazione della sentenza, in quanto l’imputato era stato ritenuto un partecipe dell’associazione e responsabile di traffico di sostanze stupefacenti, nonostante dal compendio probatorio fosse risultato che lo stesso aveva avuto rapporti solo con D., D. e P. esclusivamente per motivi di lavoro, nell’ambito dell’officina di carrozziere da lui gestita.

Con un secondo motivo ha dedotto la mancanza di motivazione della sentenza sulla richiesta subordinata di ridurre la pena inflitta all’imputato, riconoscendo l’attenuante di cui all’art. 114 c.p. e apportando un minimo aumento per effetto della continuazione.

Motivi della decisione

I motivi di ricorso dei ricorrenti non possono essere accolti o perchè sono generici o perchè ripropongono questioni già dedotte con i motivi di appello alle quali i giudici di secondo grado avevano adeguatamente risposto o perchè deducono censure in fatto che non possono essere prese in considerazione in questa sede di legittimità ovvero perchè risultano manifestamente infondati e contrari alle risultanze.

Il difensore di G.S. ha mosso critiche generiche alla sentenza della Corte di appello di Catania, sostenendo che l’imputato avrebbe intrattenuto solo rapporti leciti, peraltro non precisati, con i coimputati e negando che le conversazioni intercettate avessero il senso loro attribuito dai giudici di merito, senza però indicare le conversazioni e i brani delle stesse nei quali vi sarebbe stato un travisamento del significato delle parole da parte della Corte distrettuale.

Il fatto che nei confronti dell’imputato non sia stato eseguito alcun sequestro di sostanza stupefacente non prova ovviamente la sua estraneità ai delitti contestati, poichè altre sono le prove indicate nella sentenza impugnata per affermare la responsabilità penale di G.S..

Priva di fondamento e la denuncia di omessa motivazione sul ruolo direttivo dell’imputato, poichè nella sentenza, oltre a descrivere il ruolo dell’imputato nell’ambito del sodalizio criminoso, si sono spiegate (pagg. 7 e 9 della sentenza impugnata) le ragioni per le quali lo stesso debba essere considerato il capo dell’associazione.

La difesa di S.F. ha riproposto l’eccezione di mancata correlazione tra quanto contestato all’imputato e il fatto per il quale lo stesso era stato condannato. Il motivo è infondato, poichè tra le condotte indicate nel capo di imputazione vi sono anche la suddivisione della sostanza stupefacente tra gli associati, una volta che detta sostanza era giunta a (OMISSIS), e la partecipazione a riunioni ed incontri relativi all’organizzazione del traffico di droga, condotte che nella sentenza impugnata sono state motivatamente attribuite allo S. per affermarne la responsabilità.

Il ricorrente ha riproposto nei motivi di ricorso le stesse doglianze che aveva sottoposto ai giudici di secondo grado, senza tenere conto delle risposte che detti giudici avevano dato e senza muovere alcuna specifica critica alle argomentazioni della sentenza impugnata, dalla quale si evince che il collaboratore di giustizia M. S. era stato ben preciso nell’indicare l’imputato quale soggetto che partecipava alle riunioni tenute nell’abitazione dei fratelli B., durante le quali si determinavano e stabilivano le strategie operative del traffico di sostanze stupefacenti sull’asse (OMISSIS).

Nella sentenza impugnata sono indicate anche le conversazioni intercettate, che comprovano le dichiarazioni del suddetto collaboratore di giustizia, e riportate le dichiarazioni di Gi.

F., il quale ha affermato di essersi procurato la sostanza stupefacente che poi vendeva ad altri dall’imputato.

A fronte di fatti specifici e dell’indicazione di conversazioni telefoniche significative che hanno coinvolto S.F. nel traffico di sostanze stupefacenti, appare del tutto generica l’asserita estraneità dell’imputato a detto traffico perchè all’epoca aveva sofferto un periodo di detenzione in carcere e poi di arresti domiciliari, dai quali peraltro risulta che era evaso, rendendosi latitante.

Meramente assertiva appare, infine, la circostanza che lo S. sarebbe stato tenuto all’oscuro dei traffici dagli altri associati perchè tossicodipendente.

Del tutto generico è il primo motivo di ricorso con il quale la difesa di V.M. ha eccepito l’inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche ed ambientali per carenza di motivazione circa le ragioni della ritenuta insufficienza o inidoneità degli impianti di registrazione siti nella Procura della Repubblica, poichè, secondo la giurisprudenza di questa Corte, incombe su chi denuncia con il ricorso per cassazione l’inutilizzabilità di atti l’onere di indicare non solo a quali specifici atti il ricorrente si riferisce, ma anche se e in quale misura il giudice di merito li abbia posti a fondamento della sua decisione e la ragione per la quale questa non sia in grado di resistere senza la loro valorizzazione (V. Sez. 2 sent. n. 669 dell’1.2.2000, Rv. 215400).

Nella specie il ricorrente si è limitato a riportare una massima delle Sezioni Unite, senza neppure allegare al ricorso – o quanto meno indicarne gli estremi – il provvedimento autorizzativo delle intercettazioni telefoniche contestato.

Parimenti infondato è il secondo motivo, con il quale ha eccepito l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da Gi.Fr., in assenza del difensore, in occasione del sequestro di stupefacente eseguito in data 5.1.1996, poichè – secondo la giurisprudenza di questa Corte – nel giudizio abbreviato che va celebrato con il materiale probatorio acquisito nel corso delle indagini preliminari sono utilizzabili tutti gli atti confluiti nel fascicolo del P.M., comprese le dichiarazioni rese dall’indagato alla Polizia giudiziaria sul luogo e nell’immediatezza del fatto (V. Sez. 4 sent. n. 10364 del 19.11.1996, Rv. 2071147 e Sez. 3 sent. n. 10643 del 20.1.2010, Rv.

246590).

Sono peraltro inammissibili i motivi di merito della difesa del V., perchè contengono solo enunciazioni di principio sui criteri di valutazione della prova, senza alcuno specifico riferimento alla motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza impugnata ha dato conto in modo analitico del ruolo di D.N. nell’ambito dell’associazione di cui al capo A, con il compito stabile di corriere nel trasferimento, su commissione di G.S. e di D.S., della sostanza stupefacente dalla Lombardia a Catania e del coinvolgimento dello stesso nel trasporto di sostanza stupefacente effettuato da suo cugino P. C., richiamando le conversazioni telefoniche – riportate dal giudice di primo grado – intercettate nell’arco di tempo fra il (OMISSIS), dalle quali era emersa la partecipazione del D. all’organizzazione del trasporto della sostanza stupefacente, poi sequestrata al P., partecipazione comprovata dalla telefonata delle ore 14,18 del 29.5.1996, dalla quale risultava che l’imputato aveva seguito le fasi del trasporto, premurandosi di avvertire il coimputato V.C. dell’imminente arrivo della sostanza stupefacente a (OMISSIS).

Nei motivi di ricorso si sostiene – per negare la partecipazione del D. al suddetto trasporto di sostanza stupefacente – che non avrebbe trovato riscontro nelle intercettazioni telefoniche la dichiarazione di P.C. di avere avuto contatti con D. il martedì 28.5.1996. Ma la dedotta circostanza non è logicamente in grado di provare l’estraneità del ricorrente al trasporto di eroina in questione, poichè non smentisce tutte le altre conversazioni telefoniche prese in esame dai giudici di merito per dimostrare il coinvolgimento del D. nell’episodio di cui al capo B. Priva di significato appare anche la circostanza che il ricorrente non compare nelle intercettazioni telefoniche dal 21.12.1995 al 17.2.1996, non solo perchè la circostanza non esclude logicamente che i contatti con gli imputati siano avvenuti in altro modo, ma anche perchè dalla motivazione della sentenza impugnata si evince che sia nel dicembre 1995 sia nel febbraio 1996 il D. era stato contattato per effettuare analoghi trasporti di sostanza stupefacente ai quali erano interessati i coimputati D.S. e V.C.. Del tutto generico è il secondo motivo di ricorso, con il quale si denuncia la carenza di motivazione nella mancata derubricazione del delitto associativo contestato nella ipotesi prevista dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, comma 6, perchè nelle sentenza impugnata (pag. 7) si da conto, con motivazione logicamente e giuridicamente ineccepibile, delle ragioni per le quali nel caso di specie non è applicabile la suddetta ipotesi di reato, dovendosi considerare, in particolare, la consistente quantità delle singole partite di sostanza stupefacente trattate. Anche il terzo motivo di ricorso è infondato, poichè la Corte territoriale ha adeguatamente motivato il mantenimento della pena accessoria di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 85, tenendo conto della gravità dei fatti contestati desunta dalle circostanze e modalità di commissione dei reati.

Il difensore di P.C. ha contestato che il suo assistito avesse fatto parte del sodalizio criminoso, essendosi reso disponibile, in sostituzione del cugino D., ad effettuare un solo trasporto di sostanza stupefacente.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, L’appartenenza di un soggetto ad un sodalizio criminoso può essere ritenuta anche in base alla partecipazione ad un solo reato fine, se dalle modalità di commissione di detto reato si possa desumere la sussistenza del vincolo, e ciò può verificarsi, ad esempio, quando l’autore del singolo reato impieghi mezzi e sistemi propri del sodalizio (V. Sez. 5 sent. n. 2838 del 9.12.2002, Rv. 224916; Sez. 1 sent. n. 6308 del 20.1.2010, Rv. 246115).

La Corte di appello ha respinto il suddetto motivo di impugnazione con motivazione del tutto congrua, avendo ritenuto che il ruolo permanente e stabile del P. nell’ambito dell’organizzazione criminosa potesse desumersi, oltre che dalle modalità di commissione del delitto per il quale l’imputato è confesso, dal contenuto e tenore delle telefonate a cui la Corte territoriale ha fatto riferimento, richiamando il contenuto della sentenza di primo grado che le aveva analiticamente esaminate.

Il ricorrente ha sostenuto in modo del tutto generico che i giudici di merito avrebbero travisato e deformato il contenuto delle predette conversazioni telefoniche, e quindi il motivo di ricorso in esame non è neppure ammissibile.

Destituito di fondamento è anche il secondo motivo di ricorso, con il quale si è denunciata la carenza di motivazione nel respingere la richiesta di applicare al trasporto di cinquecento grammi di eroina l’attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5.

La motivazione della sentenza impugnata rispetta i principi più volte enunciati da questa Corte nella materia de qua, ritenendo che la suddetta attenuante non poteva essere riconosciuta, in considerazione del consistente quantitativo di eroina trasportato, della qualità della sostanza stupefacente trattata e delle modalità di commissione del reato.

Del tutto generici, oppure manifestamente infondati, sono i motivi di ricorso presentati in favore di D.S..

Il ricorrente rivolge critiche non specifiche alla sentenza impugnata, asserendo che la stessa si sarebbe limitata a ricalcare le motivazioni della sentenza di primo grado e che avrebbe desunto la prova dell’esistenza dell’associazione finalizzata ad un traffico di stupefacenti e del ruolo di organizzatore del P. da mere presunzioni.

Lamenta poi – senza però indicare alcun fatto specifico – che nel corso del processo non sarebbero state compiute specifiche indagini per accertare quale fosse l’effettivo oggetto delle conversazioni dalle quali erano stati tratti elementi di responsabilità a carico del D.. Non risponde al vero che la Corte distrettuale non abbia risposto allo specifico motivo di appello con il quale si contestava l’attendibilità del collaboratore di giustizia M.S., in quanto nella sentenza impugnata (pag. 5) si indicano le ragioni per le quali il predetto aveva fatto rivelazioni credibili, richiamando anche la motivazione sul punto del giudice di primo grado, e – nel trattare la posizione del ricorrente (pag. 17 della sentenza impugnata) – si riporta il contenuto delle dichiarazioni del predetto collaboratore riguardanti il D., riscontrate dalle intercettazioni telefoniche e dal complesso delle emergenze processuali.

Mancano di specificità anche i motivi di ricorso presentati dal difensore di D.B.A., in quanto con il dedotto vizio di motivazione della sentenza impugnata non si indica alcun punto specifico della motivazione del provvedimento, limitandosi ad asserire che dal contenuto delle conversazioni telefoniche intercettate non si poteva dedurre il coinvolgimento dell’imputato in fatti di droga.

Lo stesso difetto di specificità presenta il primo motivo di ricorso presentato in favore di V.C., poichè si sostiene assertivamente che dal compendio probatorio risulterebbe la liceità, per motivi di lavoro, dei rapporti intrattenuti dal ricorrente con D., D. e P., senza però muovere alcuna critica agli argomenti utilizzati dalla Corte di appello per dimostrare la partecipazione del predetto all’associazione di cui trattasi. Anche il secondo motivo di ricorso è inaccoglibile, poichè al V. è stato inflitto il minimo della pena prevista per il delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, operando la massima possibile riduzione per le riconosciute attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti, con congruo aumento per effetto della continuazione, tenuto conto della gravita del fatto contestato. Infine, il ricorrente non indica nel ricorso le ragioni per le quali al suddetto imputato si sarebbe dovuta riconoscere l’attenuante di cui all’art. 114 c.p., dovendosi peraltro osservare che risultando almeno cinque le persone condannate per il trasporto dei cinquecento grammi di eroina, l’attenuante richiesta non poteva essere riconosciuta per il disposto di cui all’art. 114 c.p., comma 2.

Pertanto, tutti i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.

Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi consegue di diritto la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella proposizione dell’impugnazione (Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 2000), al versamento alla Cassa delle Ammende, a carico di ciascuno, della somma indicata nel dispositivo, ritenuta congrua da questa Corte.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *