Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 13-10-2011, n. 678 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Gli odierni appellati sono proprietari di terreni coltivati a seminativo ed ubicati nel territorio del comune di Sambuca, nell’ambito della Riserva naturale orientata di Monte Genuardo e Santa Maria del Bosco (zone A di riserva e B di preriserva).

Nel marzo del 1990 gli stessi hanno presentato istanza di ritiro dalla produzione dei terreni in questione ai sensi del D.M. n. 35 del 1990 e contestuale istanza di rimboschimento, ai sensi del Regolamento C.E.E. n. 797 del 1985.

L’Ispettorato Provinciale Agricoltura di Agrigento ha però archiviato le istanze, in quanto i terreni ritirati non risultavano ricompresi tra quelli censiti con apposito provvedimento ministeriale.

A seguito di richieste di riesame l’Amministrazione, esperita apposita istruttoria, ha nuovamente denegato l’autorizzazione, rilevando che gli interventi progettati dai proprietari si ponevano in contrasto con la disciplina dettata dalle norme istitutive della Riserva di cui alla legge reg. n. 14 del 1988.

In tal senso l’Amministrazione ha evidenziato che gli interventi comportavano, in violazione dell’art. 23 della legge citata: a) modificazioni al regime delle acque b) realizzazione di viabilità di servizio c) impianto intensivo di noci e ciliegi in aree nelle quali è consentito solo l’impianto di essenze autoctone da ricostituire.

Il diniego è stato impugnato dai signori Ca. e Zo. con ricorso al T.A.R. Palermo il quale con la sentenza in epigrafe impugnata, dopo aver disatteso le eccezioni in rito versate dalla resistente Amministrazione, ha accolto il gravame, annullando l’atto impugnato.

A sostegno del decisum il Tribunale ha rilevato per un verso che l’Amministrazione, in aderenza al disposto dell’art. 6 della legge n. 241 del 1990, avrebbe dovuto chiedere l’integrazione dei progetti nelle parti carenti; per altro verso che la decisione negativa finale si poneva in contraddizione con il diverso parere reso da un Organo consultivo all’Assessorato Ambiente nel corso del procedimento.

La sentenza è stata impugnata con l’atto di appello oggi all’esame dalla soccombente Amministrazione regionale, la quale ne ha chiesto l’annullamento deducendo un unico articolato motivo di impugnazione.

L’Amministrazione ha altresì espressamente riproposto le eccezioni di rito già disattese dal primo Giudice.

Alla pubblica udienza del 30 giugno 2011 l’appello è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

Il Collegio prescinde dallo scrutinare le eccezioni con le quali l’appellante Amministrazione torna ad eccepire sotto diversi profili l’inammissibilità del ricorso introduttivo, in quanto l’appello è fondato nel merito e va pertanto accolto.

Con il primo motivo l’appellante deduce che ha errato il T.A.R. nel ritenere che l’Amministrazione avrebbe dovuto applicare l’art. 6 della legge n. 241 del 1990, sollecitando gli istanti ad integrare la documentazione presentata.

Il mezzo è fondato.

Come è noto, l’art. 6 comma 1 lettera b) della legge n. 241 prevede che il responsabile del procedimento può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete e può esperire accertamenti tecnici ed ispezioni ed ordinare esibizioni documentali.

Tale previsione normativa, essenzialmente riferibile ad ipotesi di irregolarità formale o documentale, risulta però inapplicabile nel caso di specie, caratterizzato da un intrinseco contrasto tra gli interventi progettati dai privati e la disciplina dell’area in cui gli stessi avrebbero dovuto essere realizzati.

Come evidenziato in premessa, l’Amministrazione con il provvedimento impugnato in prime cure ha infatti riscontrato che il progetto presentato dai signori Ca. e Zo. violava una serie di divieti espressamente posti dall’art. 23 della legge regionale n. 14 del 1988, risultando in sostanza incompatibile con la disciplina della Riserva naturale orientata di Monte Genuardo e Santa Maria del Bosco all’interno della quale i terreni interessati ricadono.

In particolare la realizzazione di detti interventi avrebbe comportato – in violazione del divieto legale – modificazioni al regime delle acque e realizzazione di nuova viabilità di servizio nonché l’impianto intensivo di noci e ciliegi in zone nelle quali è invece consentito solo l’impianto di essenze autoctone da ricostituire.

Trattasi, come è evidente, di carenze progettuali che non risultano, in ragione della loro natura sostanziale, suscettibili di essere colmate o superate con quelle richieste istruttorie di esibizioni documentali alle quali fa riferimento la sentenza impugnata, richieste che nel caso all’esame avrebbero determinato un inutile aggravio del procedimento, senza alcuna possibilità di pervenire ad una decisione finale diversa da quella concretamente adottata dall’Amministrazione.

Con il secondo motivo l’Amministrazione appellante sostiene che, a differenza di quanto ritenuto dal T.A.R., non sussiste alcun contrasto tra la decisione negativa con la quale l’Assessorato Ambiente ha negato il suo assenso all’eventuale autorizzazione e il parere emesso, nel corso del procedimento, dal Consiglio regionale per la protezione del patrimonio naturale.

Anche questo mezzo è fondato, in quanto non sussiste contrasto tra la determinazione endoprocedimentale dell’Assessorato e il parere dell’organo consultivo.

Gli atti in questione, al di là di differenze marginali e terminologiche, convergono infatti nel rilevare che i progettati interventi riguardano sia la Zona A che la Zona B della R.N. e si pongono in integrale contrasto con le finalità di protezione, in quanto la valenza intensiva delle essenze da impiantare (noci e ciliegi) per finalità di produzione del legno appare inconciliabile con la mera ricostruzione del patrimonio vegetale autoctono, anche in considerazione delle gravi alterazioni morfologiche da apportare ai terreni interessati.

Sulla base delle esposte considerazioni l’appello va quindi accolto, con riforma della sentenza impugnata e reiezione del ricorso introduttivo.

Ogni altro motivo od eccezione può essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Le spese del giudizio possono essere compensate, avuto riguardo alle peculiarità fattuali della vicenda controversa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello in epigrafe, riforma la sentenza impugnata e respinge il ricorso di primo grado.

Compensa tra le parti spese e onorari del giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo, il 30 giugno 2011 dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei signori: Luciano Barra Caracciolo, Presidente, Antonino Anastasi, estensore, Gerardo Mastrandrea, Pietro Ciani, Giuseppe Mineo, Componenti.

Depositata in Segreteria il 13 ottobre 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *