Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 16-06-2011) 23-09-2011, n. 34545

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza n. 127 del 29.1.2010 la Corte di cassazione annullava con rinvio l’ordinanza con la quale la Corte di Appello di Potenza, in data 16.10.2008, aveva dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza l’istanza di revisione proposta da C.A. in ordine alla sentenza resa dalla Corte di Appello di Lecce il 7.11.2005, istanza fondata sulla ritenuta inconciliabilità tra i fatti posti a fondamento di quest’ultima sentenza (di condanna) e quelli di cui alla pronuncia assolutoria resa dalla medesima Corte distrettuale il 1 marzo 2007. 1.1 A sostegno dell’annullamento il Supremo collegio in tal guisa motivava: "Risulta, invece, fondata la doglianza concernente la declaratoria di manifesta infondatezza relativamente alla dedotta inconciliabilità dei fatti posti a fondamento della sentenza della Corte d’appello di Lecce del 7.11.2005 con quelli stabiliti nella sentenza della Corte d’appello di Lecce in data 1.3.2007 e l’ordinanza deve, pertanto, essere annullata con rinvio per nuovo esame.

La Corte d’appello di Potenza – pur riconoscendo che la condotta di partecipazione del C. all’associazione mafia sa "S.C.U. si era manifestata, in entrambe le vicende, mediante la gestione dell’attività di vigilanza alle discoteche – ha però concluso che nella specie poteva ravvisarsi unicamente "una certa omogeneità fenomenica", mentre "la realtà posta a fondamento del le due pronunce era intrinsecamente diversa", donde doveva escludersi che si versasse in ipotesi di contrasto di giudicati. I ragionamenti che sottendono tale decisione non si rivelano, però, giuridicamente corretti.

Anzitutto erroneamente si assume che la diversità dei ruoli attribuiti al C. nei due distinti procedimenti (partecipe in quello conclusosi con la decisione di condanna, concorrente esterno in quello sfociato con la pronuncia assolutoria) varrebbe ad attribuire "valenza discriminatoria ai vari segmenti della vicenda complessivamente considerata".

Non viene, infatti, tenuto conto del fatto che dette attribuzioni sono frutto di diversa qualificazione giuridica della condotta contestata, spettando, invece, al giudice della revisione indagare concretamente – ai fini dell’affermazione della conciliabilità dei giudicati – gli elementi storici necessari per la concreta ricostruzione del fatto-reato.

Inoltre apoditticamente si afferma che la condotta dell’indagato si era articolata in "manifestazioni temporalmente e giuridicamente non sovrapponibili". Nessuna accettabile considerazione, infatti, viene svolta sul fatto che, nel procedimento conclusosi con l’assoluzione, la contestazione del reato associativo si spingeva ben oltre il periodo apprezzato nella sentenza di condanna, mentre non si tiene conto che la condotta di gestione dell’attività di vigilanza sulle discoteche, addebitata dei due distinti procedimenti, risultava indifferenziata e svolta con identiche modalità. Il giudice di rinvio, alla luce dei rilievi indicati, dovrà, riesaminando la vicenda, colmare le lacune segnalate e fornire adeguata giustificazione in ordine alle conclusioni che liberamente riterrà di adottare". 1.2 La Corte investita del giudizio di rinvio, quella distrettuale di Catanzaro, con l’ordinanza oggetto della presente impugnazione, tenuto conto di quanto demandato alla sua cognizione, reiterava il giudizio di inammissibilità dell’istanza del C., osservando, in particolare, che le due sentenze dedotte a sostegno della domanda di revisione avevano riguardato condotte del tutto distinte, ancorchè analoghe, l’una, quella di condanna di cui alla sentenza del 2005, relativa alla partecipazione dell’imputato alla fazione dell’associazione di tipo mafioso denominata "S.C.U." capeggiata da tale L.G., l’altra, quella assolutoria, relativa alla contestazione di concorso esterno dell’imputato nella medesima associazione, ma nella fazione capeggiata dai fratelli Co..

L’ordinanza precisava, altresì, che la prima condotta si era concretizzata nella prestazione di attività estorsive consumate tino al novembre 2000, in danno di discoteche, attraverso la costituzione di una fittizia agenzia di vigilanza denominata "Body guard", mentre la seconda era stata individuata in attività estorsive commesse a mezzo dell’agenzia di sicurezza "Alfa 999", costituita il 14.10.1999, nella quale l’imputato aveva rivestito la qualità di socio accomandante fino alla cessione a terzi, avvenuta il 12.9.2000, delle quote societarie.

2. Ricorre per cassazione avverso l’ordinanza detta il C., assistito dal difensore di fiducia, il quale, con un unico motivo di impugnazione, ne denuncia l’illegittimità per violazione di legge, erronea applicazione di norme processuali e difetto di motivazione.

Lamenta, in particolare, la difesa ricorrente, che avrebbe la Corte territoriale operato una valutazione di merito funditus, e per questo in aperto contrasto con i limiti disegnati dal combinato disposto dell’art. 631 c.p.p. e art. 634 c.p.p., comma 1, norme queste che esigono una apprezzamento di mera possibilità di un esito positivo della delibazione in funzione di revisione e non già una giudizio definitivo su di essa, per di più reso in assenza di contraddittorio, viceversa assicurato nella fase successiva a quella introduttiva, prevista nel sistema del codice di rito per una valutazione di semplice ammissibilità dell’istanza.

Così decidendo pertanto, secondo avviso difensivo, la Corte di rinvio avrebbe disatteso la portata cogente della pronuncia di annullamento, esprimendo un giudizio di diversità delle condotte che soltanto nel contraddittorio delle parti avrebbe potuto essere espresso legittimamente.

Conclude, infine, la difesa istante che non avrebbe il giudice di merito tenuto conto del profilo cronologico delle due vicende dedotte e che l’inconciliabilità dei giudicati era stata individuata dal giudice di legittimità ai fini del giudizio di rinvio attesa la contestuale presenza di una attività associativa delittuosa (sanzionata con condanna) e di una attività viceversa delibata come lecita (quella relativa all’assoluzione) comunque svolte nello stesso arco temporale e con identiche modalità. 3. Il P.G. in sede, con motivata requisitoria scritta, concludeva per la inammissibilità del ricorso e comunque per il suo rigetto, sul rilievo che apparivano del tutto condivisibili le argomentazioni illustrate dalla Corte territoriale.

4. La doglianza è fondata.

4.1 Giova preliminarmente osservare che, in tema di revisione, l’ammissibilità della richiesta è oggetto d’esame, per ragioni di economia processuale, in una fase preparatoria e rescindente, diretta a verificare che tale mezzo straordinario di impugnazione sia proposto nei casi previsti, con l’osservanza delle norme di legge e che non sia manifestamente infondato (Cass., Sez. 6, 24/03/2009, n. 15534).

In questa fase preliminare, poi, ai fini dell’ammissibilità della richiesta di revisione, l’esame della Corte d’appello circa il presupposto della non manifesta infondatezza deve limitarsi ad una sommaria delibazione degli elementi di prova addotti, in modo da verificare l’eventuale sussistenza di un’infondatezza rilevabile "ictii oculi" e senza necessità di approfonditi esami, dovendosi ritenere preclusa in tale sede una penetrante anticipazione dell’apprezzamento di merito, riservato invece al vero e proprio giudizio di revisione, da svolgersi nel contraddittorio delle parti (Cass., Sez. 6, 03/12/2009, n. 2437).

Per manifesta infondatezza, inoltre, deve – nella fattispecie – intendersi l’evidente inidoneità delle ragioni poste a suo fondamento a consentire una verifica circa l’esito del giudizio:

requisito che è tutto intrinseco alla domanda in sè e per sè considerata, restando riservata alla fase del merito – come detto – ogni valutazione sull’effettiva capacità delle allegazioni a travolgere, anche nella prospettiva del ragionevole dubbio, il giudicato Cass. pen., Sez. 1, 14/10/2010, n. 40815. 4.2 Nel caso di specie, nell’ambito della fase preliminare alla valutazione in contraddittorio della istanza di revisione, nella fase cioè destinata alla delibazione della ammissibilità della domanda, la Corte distrettuale ha espresso una valutazione compiuta della domanda di revisione, e non già una delibazione di mera ammissibilità, risultando di tutta evidenza che la motivazione impugnata a questo si appalesa indirizzata.

Risultano, nel concreto, in tal guisa confuse le due fasi nelle quali l’ordinamento ha articolato il procedimento di revisione, con la conseguenza, di rilevanza processuale ineludibile, che si è pervenuti ad una valutazione di merito e non di mera ammissibilità in violazione del principio del contraddittorio.

Appare opportuno ribadire che, attesa l’espressa previsione, nell’art. 634 c.p.p., come autonoma causa di inammissibilità della richiesta, della "manifesta infondatezza" della medesima, nella fase preliminare, deve essere esercitato un limitato potere-dovere di valutazione, anche nel merito, nei limiti processualmente noti nella dottrina e nella pratica civilistica del cd. "fumus boni juris", caratterizzante nel processo civile, la cognizione sommaria dei fatti di causa, valutazione volta alla delibazione della oggettiva potenzialità degli elementi addotti dal richiedente a dar luogo ad una necessaria pronuncia di proscioglimento (Cass., Sez. 1, 17/06/2003, n. 29660) e ciò in piena aderenza alle finalità perseguite dalla disciplina in esame, volte ad impedire un troppo agevole spreco di attività giurisdizionale. Nel caso in esame, in conclusione, appare dunque necessaria la delibazione prognostica circa il grado di fondatezza e di conferenza dei fatti evocati come inconciliabili a mente dell’art. 630 c.p.p., lett. a), ancorchè non nelle forme di un’approfondita e indebita anticipazione del giudizio di merito, forme le quali, se assunte nella delibazione de plano, riverberano nella palese violazione dei diritti difensivi al contraddittorio, eppertanto in nullità insanabile, rilevabile in ogni stato e grado del processo ( art. 178 c.p.p., lett. c) e art. 179 c.p.p.).

4.3 E’ appena il caso di aggiungere che, nonostante il reiteralo esame giurisdizionale della vicenda per cui è causa da parte di due corti distrettuali, nella fattispecie non risulta ancora adeguatamente definita la fase processuale preparatoria di quella destinata alla valutazione in contraddittorio della istanza di revisione.

5. Alla stregua delle esposte considerazioni l’ordinanza impugnata va annullata ed il giudizio di revisione rinviato, a mente dell’art. 634 c.p.p., comma 2 e dell’art. 11 c.p.p. ivi richiamato, alla Corte di appello di Salerno.

P.Q.M.

la Corte, annulla l’ordinanza impugnata e rinvia il giudizio di revisione alla Corte di appello di Salerno.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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