Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 15-06-2011) 23-09-2011, n. 34663 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

T.B.R. propone ricorso per cassazione contro l’ordinanza del tribunale del riesame di Lecce in data 21 febbraio 2011, depositata il 28 febbraio 2011, con cui è stata rigettata l’istanza di riesame avanzata dall’odierno ricorrente contro il provvedimento del GIP presso il tribunale di Brindisi del 19 gennaio 2011, che applicava la custodia cautelare in carcere. Il ricorrente risulta indagato per i reati di cui agli artt. 483, 495, 48 e 479 c.p., nonchè artt. 81 e 612 bis c.p., art. 635 c.p., comma 2, art. 633 c.p., art. 614 c.p., commi 1 e 4, artt. 633, 56, 629 e 368 c.p..

Nel ricorso vengono svolti cinque motivi di doglianza:

1. con il primo motivo, relativo al reato di cui all’art. 612 bis c.p. (stalking), si lamenta violazione di legge, di norme processuali, nonchè contraddittoria ed illogica motivazione; il ricorrente lamenta che la fattispecie penale di cui all’art. 612 bis c.p. è stata introdotta nel febbraio del 2009 ed è punibile a querela di parte, mentre l’unica querela presente in atti sarebbe quella del 4 ottobre 2008. Secondo il ricorrente, poi, le condotte indicate nel capo J sarebbero tutte anteriori al febbraio del 2009, data di entrata in vigore della nuova disposizione di legge, mentre il reato contestato al capo n1 non potrebbe essere utilizzato per ritenere la permanenza del reato di stalking fino alla data del 20 aprile 2010. 2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge nonchè contraddittoria ed illogica motivazione in relazione al reato di tentata estorsione; secondo il ricorrente l’ordinanza impugnata giungerebbe a conclusioni contraddittorie sulla univocità degli atti ed opererebbe una confutazione degli elementi difensivi con assunti apodittici e smentiti dalla mera lettura delle dichiarazioni accusatorie rese dalle persone offese come pure dalla documentazione difensiva in allegato all’ordinanza di riesame. Sotto questo profilo il ricorrente svolge una serie di censure in ordine alla ricostruzione dei fatti operata dal tribunale del riesame.

3. con il terzo motivo si deduce violazione di legge, nonchè illogica contraddittoria motivazione in relazione al reato di cui all’art. 368 c.p..

4. Con il quarto motivo si deduce violazione di legge per errata qualificazione giuridica dei reati contestati ai capi a), b), c) ed I). In particolare, secondo il ricorrente, le condotte illustrate ai capi a), b), c) ed l) non configurano il reato di cui all’art. 479 c.p. (in relazione all’art. 48 c.p.).

5. Con il quinto motivo di ricorso si deduce difetto di motivazione in relazione alla adeguatezza della misura della custodia cautelare in carcere; in particolare si lamenta mancata motivazione sulla presunzione di inaffidabilità in quanto i precedenti penali si fermano al 1998 e non si evidenziano reati di evasione o di inottemperanza all’iscrizione connesse misure coercitive.

Per i motivi esposti ricorrente chiede l’annullamento dell’ordinanza cautelare, con immediata liberazione.

Motivi della decisione

Il primo motivo di ricorso si riferisce alla violazione dell’art. 612 bis c.p.; il ricorrente lamenta che la fattispecie penale in esame sia stata introdotta nel (OMISSIS) e sia punibile a querela di parte, mentre l’unica querela presente in atti sarebbe quella del 4 ottobre 2008. Secondo il ricorrente, poi, le condotte indicate nel capo J sarebbero tutte anteriori al febbraio del 2009, data di entrata in vigore della nuova disposizione di legge, mentre il reato contestato al capo n1 non potrebbe essere utilizzato per ritenere la permanenza del reato di stalking fino alla data del 20 aprile 2010.

Quanto alla mancanza di querela, il tribunale del riesame ha dato risposta alle doglianze del ricorrente, ma sembra risolutivo il fatto che per il reato di Stalking si procede d’ufficio se il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio (art. 612 bis c.p., u.c.) e qui è indubbia la connessione con gli altri reati contestati al ricorrente ai capi n) e v), procedibili d’ufficio, che sono legati al reato di stalking da una evidente connessione teleologia (ex art. 12 c.p.p., lett. B).

Nè si deve dimenticare che il tribunale ha fornito risposta specifica su questo punto, ritenendo che la questione della querela fosse superata anche dalla permanenza del reato, commesso attraverso più episodi sviluppatisi nel tempo. A questo proposito si deve rilevare che in tema di reato permanente, il diritto di presentare querela può essere esercitato dall’inizio della permanenza fino alla decorrenza del termine di tre mesi dal giorno della sua cessazione e la sua effettiva presentazione rende procedibili tutti i fatti consumati nell’arco della permanenza (cfr. Cassazione penale sez. 6, 13 gennaio 2011 n. 2241). I fatti attraverso i quali si è realizzato il reato di cui all’art. 612 bis c.p. sono stati contestati con permanenza, senza individuazione di una data specifica di consumazione (salvo alcuni episodi specifici) ed è indubbio che alcune condotte, pur iniziate prima dell’introduzione dell’art. 612 bis c.p., sono proseguite anche dopo. Tale è il caso, ad esempio, delle azioni giudiziarie pretestuose, la cui coltivazione costituisce indubbiamente condotta rilevante ai fini della configurazione del reato di specie, implicando un’attività materiale continua e quindi manifestando la volontà di proseguire con l’attività molesta.

Quanto precede consente di dichiarare l’inammissibilità del primo motivo di ricorso.

Il secondo motivo è inammissibile, in quanto in parte generico ed in parte relativo a valutazioni discrezionali riservate al giudice di merito, se – come nel caso di specie – correttamente motivate (si vedano, in proposito, le pagine 8 e 9 dell’ordinanza impugnata). Nel controllo di legittimità, infatti, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore possibile ricostruzione dei fatti, nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia logica e compatibile con il senso comune; l’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, dev’essere, inoltre, percepibile "ictu oculi", dovendo il sindacato di legittimità essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze. In secondo luogo, per la validità della decisione non è necessario che il giudice di merito sviluppi nella motivazione la specifica ed esplicita confutazione della tesi difensiva disattesa, essendo sufficiente, per escludere la ricorrenza del vizio di motivazione, che la sentenza evidenzi una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione della deduzione difensiva implicitamente e senza lasciare spazio ad una valida alternativa (cfr. Cassazione penale, sez. 2, 05 maggio 2009, n. 24847). Dunque non è possibile per questa Corte procedere ad una ricostruzione alternativa dei fatti, sovrapponendo a quella compiuta dai giudici di merito una diversa valutazione del materiale istruttorio.

In definitiva, le diverse osservazioni del ricorrente non scalfiscono l’impostazione della motivazione e non fanno emergere profili di manifesta illogicità della stessa, finendo per risolversi in prospettazioni di diverse interpretazioni del materiale probatorio non proponibili in questa sede. Il terzo motivo di censura è manifestamente infondato per le stesse ragioni testè indicate, e cioè in quanto attiene a questioni di fatto, riservate al giudice di merito ove correttamente motivate. In particolare si rileva che in relazione alla calunnia vi è specifica ed adeguata motivazione, priva di elementi di illogicità e contraddittorietà (si vedano le pagine sette ed otto dell’ordinanza); non solo non è consentito questa corte procedere ad una diversa valutazione del materiale istruttorio, ma nemmeno si deve confondere la presunta violazione di legge con la valutazione degli elementi di fatto risultanti dall’indagine, ai fini della ritenuta configurabilità (o meglio della probabile sussistenza, dato che il procedimento si trova in fase cautelare) dei reati contestati.

Con il quarto motivo si deduce violazione di legge per errata qualificazione giuridica dei reati contestati ai capi a), b), c) ed l); secondo il ricorrente le condotte illustrate ai capi a), b), c) ed l) non configurano il reato di cui all’art. 479 c.p. (in relazione all’art. 48 c.p.). La censura e infondata; innanzitutto si deve rilevare che solo le fattispecie contestate al capo b) sono state sussunte sotto la previsione di cui agli artt. 48 e 479 c.p., per cui la censura è inammissibile con riferimento ai capi a), c) ed l).

Quanto al capo b), il ricorrente è stato ritenuto responsabile dell’induzione in errore del pubblico ufficiale perchè attraverso la dichiarazione di successione, in cui attestava falsamente di essere erede di T.L., otteneva dal conservatore dei registri immobiliari di (OMISSIS) la trascrizione a suo favore dell’acquisto dei beni immobili ivi indicati. Secondo il ricorrente la qualificazione giuridica del fatto è errata sotto il duplice profilo: 1. La dichiarazione non veritiera del privato deve concernere fatti dei quali l’atto pubblico e destinato provare la verità; 2. gli atti dell’agenzia del territorio sarebbero configurabili come atti amministrativi e non invece come atti pubblici ai sensi dell’art. 479 c.p.p..

Anche tale censura non è fondata; quanto alla dichiarazione di successione, la cassazione la configura come atto pubblico, una volta che sia stata presentata all’ufficio competente (cfr. Cassazione penale, sez. 6, 08 gennaio 1996, n. 3002), per cui correttamente sono stati contestati i reati di cui agli artt. 483 e 495 c.p., trattandosi di dichiarazioni attinenti sia ad un fatto (apertura e modalità della successione), sia ad una qualità personale del dichiarante (qualità di erede). Ma anche con riferimento alla contestazione relativa agli artt. 48 e 479 c.p. i giudici del merito hanno fatto corretta applicazione delle norme di legge; attraverso la falsa denuncia di successione, infatti, il T. ha indotto in errore il pubblico ufficiale (Conservatore) nella trascrizione degli acquisti presso i Registri Immobiliari, che costituiscono atti pubblici destinati a provare la verità della situazione immobiliare e dell’avvenuto trasferimento dei beni.

Con il quinto motivo di ricorso si deduce difetto di motivazione in relazione alla adeguatezza della misura della custodia cautelare in carcere; in particolare si lamenta mancata motivazione sulla presunzione di inaffidabilità, in quanto i precedenti penali si fermano al 1998 e non si evidenziano reati di evasione o di inottemperanza alle prescrizioni connesse a misure coercitive.

Trattasi, ancora una volta, di censura palesemente inammissibile in quanto attinente a valutazioni discrezionali e quindi non censurabili in questa sede (anche su questo punto c’è motivazione adeguata, anche se succinta, del tribunale del riesame).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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