Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 15-06-2011) 23-09-2011, n. 34660 Falsità ideologica in atti pubblici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

P.A.V. è stato indagato per il reato di cui all’art. 479 c.p. (falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici) perchè, quale notaio in Alghero, rogava atti costitutivi di varie società di capitali attestando falsamente che in sede di stipula era avvenuta l’esibizione da parte dei soggetti comparenti delle ricevute di deposito del 25% del capitale sociale, laddove le suddette ricevute erano state invece trasmesse a mezzo telefax da tal S.V. che, nell’ambito di un’attività di consulenza aziendale, provvedeva ad espletare le pratiche necessarie alla costituzione di società commerciali.

Con sentenza emessa ai sensi dell’art. 425 c.p.p., comma 3, il GUP del tribunale di Sassari ha dichiarato il non luogo a procedere nei confronti dell’imputato perchè il fatto non costituisce reato.

Contro la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il pubblico ministero presso il tribunale di Sassari per erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 43 e 479 c.p. e art. 425 c.p.p..

Sostiene il Pubblico Ministero che il giudice, dopo aver ritenuto sussistenti tutti gli elementi oggettivi della fattispecie di reato contestata, abbia con motivazione assolutamente avulsa dai fatti emersi dal procedimento e ritenuti dallo stesso giudice, escluso la sussistenza dell’elemento psicologico del dolo. Osserva il ricorrente che il notaio aveva attestato negli atti costitutivi delle società che i comparenti, soci delle costituende società, gli avevano esibito le ricevute del versamento in banca dei conferimenti in denaro, mentre in realtà gli erano state fornite dal soggetto terzo (tal S.) delle semplici fotocopie, trasmesse a mezzo telefax.

Dunque la falsa attestazione era stata duplice e cioè relativa al soggetto ed ai documenti e non poteva essere messa in discussione la volontarietà e la consapevolezza di questa falsa attestazione.

Per questi motivi il ricorrente chiede l’annullamento della sentenza impugnata, con ogni consequenziale statuizione.

Motivi della decisione

Con un unico motivo di ricorso il pubblico ministero presso il tribunale di Sassari ha impugnato la sentenza dichiarativa del non luogo a procedere nei confronti del notaio P.V. laddove ha ritenuto insussistente il dolo del notaio, per essere stato egli ingannato da colui ( S.V.) che aveva trasmesso a mezzo telefax copie contraffatte dei certificati di deposito in banca relativi al versamento del 25% del capitale sociale delle predette società.

Secondo il pubblico ministero il tribunale avrebbe confuso l’elemento soggettivo relativo alla falsa attestazione dell’avvenuto deposito del 25% del capitale sociale con quello relativo alla attestazione relativa ai soggetti che avevano esibito le copie dei versamenti, nonchè alla qualità dei predetti documenti.

Va detto, preliminarmente, che il pubblico ministero erra laddove lamenta che non si comprende dalla sentenza se essa sia emessa ai sensi dell’art. 425 c.p.p., comma 1 o comma 3, giacchè il dispositivo della sentenza fa espresso riferimento alla seconda opzione.

Quanto all’oggetto del ricorso, ritiene questa corte che il giudice del tribunale di Sassari abbia troppo frettolosamente optato per il proscioglimento dell’imputato, senza approfondire gli aspetti evidenziati dal Pubblico Ministero. Ed invero non è tanto sul dolo relativo alla falsa attestazione del versamento che si deve porre l’attenzione del giudicante, quanto alla volontarietà della attestazione circa i soggetti che avevano esibito le ricevute e, soprattutto, in relazione alla disamina delle ricevute stesse. La falsità che viene contestata al notaio risiede in queste ultime dichiarazioni e non si può dire che vi sia, in proposito, quella incontrovertibilità che giustifichi l’emissione di una sentenza di immediato proscioglimento. Anche dopo l’eliminazione del qualificativo "evidente" dalla formulazione dell’art. 425 c.p.p., infatti, il giudice dell’udienza preliminare può pronunciare sentenza di non luogo a procedere soltanto quando gli elementi rivelatori dell’insussistenza del fatto, della sua irrilevanza penale e dell’estraneità dell’imputato emergono dagli atti in modo incontrovertibile, sicchè essi devono essere verificati per constatazione e non già a seguito di apprezzamenti, caratterizzanti invece il giudizio di merito (Cassazione penale sez. 6, 4 novembre 1997: n. 4319, Gattarì). Tale orientamento è stato recentemente confermato da questa corte, la quale ha evidenziato che la sentenza ex art. 425 c.p.p. ha natura prevalentemente processuale, e non di merito; non è cioè diretta ad accertare la colpevolezza o l’innocenza dell’imputato, ma vuole evitare che giungano alla fase del giudizio vicende in relazione alle quali emerga l’evidente infondatezza dell’accusa, vuoi perchè in atti vi sia la prova dell’innocenza dell’imputato, vuoi perchè risulti l’insufficienza o la contraddittorietà degli elementi probatori acquisiti, che depongano per un giudizio prognostico negativo circa la loro idoneità a sostenere l’accusa in giudizio (Cassazione penale sez. 4, 17 dicembre 2009 n. 13252).

Per questi motivi, il ricorso del pubblico ministero deve essere accolto, con annullamento della sentenza impugnata.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al tribunale di Sassari per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *