Cass. civ. Sez. I, Sent., 02-02-2012, n. 1515 Revocatoria fallimentare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di La Spezia, in parziale accoglimento della domanda proposta dal Fallimento di P.R., titolare della ditta individuale Pierre, nei confronti della Banca Nazionale del Lavoro, dichiarava l’inefficacia delle rimesse eseguite sul c/c del fallito nell’anno anteriore al fallimento, dichiarato nell’ottobre 2004, e condannava quindi la convenuta al pagamento di Euro 37.780,90 oltre accessori. 2. Proponeva appello la B.N.L., censurando, tra l’altro, la quantificazione dell’obbligo restitutorio e chiedendo il rigetto delle domande del Fallimento con la restituzione della somma pagata in esecuzione della sentenza di primo grado, ovvero della minor somma da determinarsi in corso di causa. Si costituiva in giudizio il Fallimento di P.R., resistendo al gravame; si costituivano anche, con unica difesa, la s.r.l. Solomoda, quale assuntore del concordato fallimentare omologato con sentenza del Tribunale di La Spezia passata in giudicato dopo la notifica dell’atto di appello, e P.R., chiedendo il rigetto del gravame. La B.N.L. eccepiva il difetto di legittimazione degli intervenuti, in quanto non risultava dalla sentenza di omologa la cessione delle azioni revocatorie alla Solomoda s.r.l.. 3. La Corte d’appello di Genova rigettava l’eccezione di carenza di legittimazione della Solomoda osservando che, alla luce delle condizioni della proposta di concordato che contemplavano l’assunzione da parte della predetta società dell’obbligo di adempiere al concordato (con accollo cumulativo delle passività) e la cessione alla medesima delle attività fallimentari ivi compresa, tra le azioni legali in corso, l’azione revocatoria in questione, la predetta era – a differenza del fallito Pastine, effettivamente privo di legittimazione – da ritenere parte necessaria ed esclusiva nel presente giudizio in cui era subentrata per effetto della sentenza di omologazione, sia pure nei limiti dell’art. 111 c.p.c., che comunque conferisce all’assuntore legittimazione autonoma a far valere la domanda del fallimento, indipendentemente dall’estromissione di quest’ultimo. Nel merito, accoglieva parzialmente il gravame riducendo le rimesse inefficaci all’importo complessivo di Euro 13.499,03, e rigettava per difetto di prova la domanda di restituzione proposta dalla B.N.L., compensando integralmente tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio. 4. Avverso tale sentenza, depositata il 15 dicembre 2007, la Banca Nazionale del Lavoro ha, con atto notificato il 27 gennaio 2009, proposto ricorso a questa Corte sulla base di tre motivi. Resiste la Solomoda srl con controricorso, illustrato anche da memoria.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso, la B.N.L., censura l’accertamento della acquisita legittimazione autonoma di Solomoda s.r.l., quale assuntore del concordato fallimentare, a far valere la domanda proposta dal Fallimento, denunciando il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Sostiene che, secondo la proposta di concordato alla quale la Corte ha fatto riferimento, la Solomoda avrebbe ricevuto l’attivo fallimentare – da intendersi comprensivo della legittimazione alle azioni revocatorie – soltanto dopo l’adempimento dei debiti concordatari, e non con il passaggio in giudicato della sentenza di omologazione del concordato: non rilevando tale dato decisivo, la Corte avrebbe asserito apoditticamente che il trasferimento delle attività fallimentari in favore dell’assuntore fosse già avvenuto al momento del passaggio in giudicato della sentenza di omologazione. 1.1 Il motivo è privo di fondamento. Nella sentenza impugnata la corte d’appello ha esaminato – e puntualmente trascritto – le condizioni della proposta di concordato, tra le quali quella qui evidenziata dalla ricorrente, che ha motivatamente interpretato come riferibile al solo trasferimento dei beni immobili compresi nell’attivo fallimentare (cfr. pag. 3). La ricorrente non sottopone specificamente a critica tale interpretazione delle condizioni concordatarie, ma si limita inammissibilmente ad asserire una propria diversa interpretazione, dalla quale deriva che il fatto del non avvenuto adempimento dei debiti concordatari sarebbe decisivo ai fini del subentro dell’assuntore nell’azione revocatoria. La statuizione censurata non si basa dunque sull’accertamento dell’avvenuto adempimento (che peraltro non risulta essere stato tempestivamente contestato in sede di merito), bensì sulla suddetta interpretazione inammissibilmente criticata in questa sede, alla cui stregua l’avvenuto, o non, adempimento dei debiti concordatari non è rilevante, tantomeno decisivo, ai fini della legittimazione contestata.

2. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso hanno ad oggetto il rigetto della domanda di restituzione (in parte qua) delle somme che la B.N.L. ha allegato di aver versato in esecuzione della sentenza di primo grado. Con il secondo, la ricorrente denunzia vizio di motivazione circa la prova documentale di tale circostanza, che sostiene di aver fornito mediante la lettera del 9.10.2003, non contestata dalle controparti, con la quale comunicava al Curatore del fallimento di aver disposto il bonifico della somma richiesta, al solo scopo di evitare atti esecutivi. Con il terzo motivo, denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 167 cod. proc. civ., e art. 2697 cod. civ.: dovendo considerarsi pacifico il fatto del pagamento – non avendo il Fallimento neppure chiesto il rigetto della domanda di restituzione, non sussisterebbe a suo carico l’onere di provarlo.

2.1 Entrambe le doglianze non meritano accoglimento. Quanto alla seconda, logicamente pregiudiziale, va osservato come l’accertamento in fatto compiuto dalla Corte d’appello in ordine alla insussistenza nella specie del fatto pacifico, implicito nella affermazione circa la sussistenza del relativo onere probatorio a carico dell’istante, esclude la violazione delle regole di diritto sull’onere della prova.

Si tratta cioè di una questione di merito, come tale sottratta al controllo di legittimità, salvo che la ricognizione della fattispecie concreta sia affetta da vizi di motivazione, nella specie non denunziati. Quanto alla prima doglianza, la Corte di merito ha motivato il suo convincimento in ordine al rilievo probatorio della lettera di comunicazione anzidetta osservando come il suo contenuto, in difetto di un riscontro diretto, non fosse di per sè idoneo a provare l’avvenuto pagamento: la non contestazione riguardo a tale contenuto, evidentemente, nulla toglie nè aggiunge a siffatta valutazione, peraltro non illogica nè incongrua.

3. Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione, che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di Cassazione, in Euro 1.500,00 per onorari e Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali e accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *