T.A.R. Friuli-Venezia Giulia Trieste Sez. I, Sent., 13-10-2011, n. 449 Contratto di appalto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La ricorrente ricorda di essere subentrata ad Agip nel giugno 2002 nel contratto di sub concessione con A.V. (che è concessionaria da A. spa dell’esercizio dell’autostrada Venezia Trieste) dell’area di servizio Calstorta Nord; a tale data la scadenza del rapporto concessorio sarebbe già risultata fissata al 31 marzo 2017, in base all’art. 3 della sub concessione 31.8.1971, secondo cui il rapporto concessorio avrebbe avuto termine allo scadere della convenzione stipulata da A. con l’A. con la precisazione che, ove, per qualsiasi motivo, la durata della convenzione tra A. ed A. venisse prorogata, la subconcessione sarebbe stata automaticamente prorogata per lo stesso periodo, condizione che si sarebbe avverata il 7 dicembre 1999, quando tra A. e A. veniva sottoscritto atto di revisione della concessione con fissazione della scadenza al 31.3.2017 (art. 23).

Oggetto del ricorso è quindi il bando della gara indetta da A. per la concessione dell’affidamento della gestione di strutture ed impianti destinati sia al servizio di distribuzione carbolubrificanti che al servizio di ristoro e attività accessorie (c.d. servizio oil e non oil) nell’area di servizio autostradale di Calstorta Nord, attualmente gestita dalla ricorrente.

Questi i motivi di ricorso:

1) Eccesso di potere sotto il profilo della carenza di presupposti, del travisamento dei fatti e del difetto di istruttoria – violazione degli artt. 1175, 1336 e 1375 c.c.;

A. ha indetto la gara de quo sulla base del convincimento che il rapporto subconcessorio con la ricorrente sarebbe venuto meno nel dicembre 2008 in forza della scadenza prevista nell’allegato G dell’atto integrativo stipulato con A. il 7 dicembre 1999, ma la ricorrente sostiene di non poter essere pregiudicata da pattuizioni a cui essa sarebbe rimasta del tutto estranea.

2) violazione dell’art. 1, l. 241/90 – Violazione del principio di affidamento -Eccesso di potere sotto il profilo della carenza di presupposti e di istruttoria; vi sarebbe lesione del legittimo affidamento originato nella ricorrente dall’autorizzazione di A.V. al subentro nel contratto di sub concessione, la cui durata già allora risultava fissata al 31 marzo 2017.

3) Eccesso di potere sotto il profilo della carenza di presupposti e del travisamento di fatto – violazione degli artt. 2 e 34 d.lgs 163/2006 – violazione dei principi di concorrenza; nell’assunto che l’accorpamento necessario di attività di diversa natura con obbligatoria costituzione di ATI tra imprese di diversi settori ridurrebbe il numero dei possibili partecipanti, con distorsione della concorrenza per il maggior favore concesso alle imprese di grosse dimensioni e già presenti sul mercato.

4) Eccesso di potere sotto il profilo della carenza di presupposti e del travisamento di fatto – violazione della l. 287/90- violazione dei principi di concorrenza – violazione dell’art. 117 lett. e) Cost. – incompetenza; nell’assunto che la previsione del punto VI.3 del bando, dove si prevede che "Qualora un marchio sia per il servizio di distribuzione carbolubrificanti che per il servizio di ristoro sia risultato presente nell’aggiudicazione in più di n.2 lotti e qualora la S.p.A. A.V. procederà alla pubblicazione di più tornate di gare, dovrà indicare a sua scelta a quale rinunciare, essendo prevista l’aggiudicazione per un massimo di n.2 lotti per il medesimo marchio. La rinuncia dovrà essere dichiarata entro 10 giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione definitiva", sarebbe illegittima perché lesiva della concorrenza, in quanto precostituisce un risultato di ripartizione del mercato.

Inoltre A. si sarebbe così sostituita all’ AGCM, unica autorità competente a valutare le operazioni di concentrazione ed a verificare l’effettività delle condizioni di concorrenza nel mercato.

Si sono costituiti in giudizio A.V. spa ed A. spa instando per il rigetto del ricorso. A. ne ha eccepito l’inammissibilità per la mancata tempestiva impugnazione della convenzione A.A.V. e dell’allegato G, per la mancata presentazione di domanda di partecipazione alla gara e per il comunque intervenuto superamento del termine massimo dei 29 anni di durata della concessione, fissato fin dal Codice della Strada del 1933, con norme a carattere imperativo.

Alla pubblica udienza del 28 settembre 2011 il ricorso è stato introitato in decisione unitamente a vari altri ricorsi concernenti analoghi bandi di gara relativi ad altre aree di servizio, avendo il Presidente ricordato ai difensori, prima della discussione, l’esistenza per tutti i ricorsi di dubbi circa la giurisdizione, per la quale in molti è stata anche sollevata specifica eccezione.

Osserva anzitutto il Collegio che con la prima censura del ricorso introduttivo T., sostanzialmente, deduce la illegittimità del bando contrattuale – e, prima ancora, della stessa decisione di indire la gara – dal fatto che la stessa avrebbe il diritto contrattuale di continuare nella gestione del servizio de quo per la perdurante vigenza della sua sub concessione.

Oggetto del giudizio è infatti necessariamente l’esatta qualificazione della convenzione intercorsa tra la concedente A. e la concessionaria A. nel 1999 (e pedissequamente riportata nella Convenzione Unica del 2007) – cioè se si tratti di proroga della precedente concessione, ovvero di novazione della stessa, che, in questo caso, avrebbe avuto l’effetto di interrompere la continuità del rapporto – al fine di stabilire, ulteriormente, se sussista o meno il diritto di parte ricorrente (derivante dall’art. 3 dei contratti di subconcessione) di godere della medesima (eventuale) proroga prevista nella convenzione tra A. e A.. In altre parole, si tratta di verificare – valutata previamente la natura delle nuove pattuizioni del 1999 e 2007 tra A. e A., se quest’ultima sia o meno inadempiente ad una clausola dei contratti che la legano alla ricorrente.

Non è controverso che, quanto meno il servizio di erogazione di carburante sulle autostrade (se non anche quello di ristorazione), costituisca pubblico servizio e che, quindi, la questione – astrattamente considerata – potrebbe rientrare nelle controversie aventi ad oggetto pubblici servizi devolute alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo.

Giova tuttavia, in primis, evidenziare che l’ambito (e l’elenco delle materie) della giurisdizione esclusiva è (tassativamente) indicato dall’art. 133 del D.Lg. 104/10 (peraltro meramente ricognitivo delle previgenti disposizioni), che, per quanto qui rileva, al comma 1, lett. c, richiama "le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo, ovvero ancora relative all’affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore".

Va sottolineato quindi che, nella specie, non si discute della concessione di pubblico servizio propriamente detta (che riguarda i rapporti tra A. e A.), ma del rapporto contrattuale (qualificato subconcessione) del concessionario con un terzo; né si è nell’ipotesi di "provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo". La questione riguarda, invero, l’esatta interpretazione della clausola del contratto che lega A. alla ricorrente per l’identificazione del momento di cessazione del loro rapporto contrattuale, che le parti hanno (volontariamente) vincolato allo scadere della convenzione in essere tra A. e A., con previsione di proroga automatica laddove tale rapporto fosse stato a sua volta "prorogato".

La Suprema Corte di Cassazione, in una vicenda del tutto analoga (ove – come nel presente caso – il concessionario sosteneva essere intervenuta la scadenza del contratto di subconcessione, e il sub- concessionario lamentava la mancata applicazione della clausola contrattuale che legava la proroga del contratto – tra concessionario e terzo gestore dei servizi – alla proroga della convenzione tra Amministrazione e concessionario) ha stabilito che "sono di competenza del giudice amministrativo tutte le controversie fra amministrazione concedente e concessionario di un pubblico servizio, nelle quali venga in contestazione, sotto qualunque profilo, l’atto o il rapporto concessorio, avendo il legislatore ritenuto sempre coinvolta in tali controversie (con eccezione di quelle riguardanti indennità, canoni e corrispettivi), la pubblica amministrazione nella sua veste di autorità", mentre "nel caso in cui la controversia abbia per oggetto rapporti fra concessionario e subconcessionario, nascenti dalla convenzione fra di loro intercorsa e svolgentisi su un piano paritario, non venendo in discussione l’esercizio di poteri autoritativi della pubblica amministrazione, la cognizione della causa appartiene al giudice ordinario". Tale, ad avviso del Collegio, condivisibile conclusione viene motivata rilevando come "nel caso in esame, in cui la controversia fra concessionario e terzo subappaltante non ha per oggetto l’atto di concessione, nè l’esercizio di alcun potere autoritativo da parte dell’amministrazione concedente o del concessionario, ma unicamente l’obbligo di riconsegna al concessionario dei beni oggetto della subconcessione… in conseguenza dell’essersi o del non essersi verificata una condizione prevista nella convenzione di subconcessione perchè la scadenza di essa potesse ritenersi prorogata. Vero è che tale condizione consisteva nell’esservi stata una proroga della concessione della quale Autostrade era titolare. Ma tale proroga non viene in considerazione, nella fattispecie, sotto l’aspetto della legittimità dell’esercizio, al riguardo, del potere dell’Amministrazione di concederla o non concederla ad Autostrada, bensì unicamente come fatto storico esterno alla convenzione di subconcessione ed idoneo, a seconda del suo venire o non venire ad esistenza, a determinare o meno la proroga della sub concessione" (cfr. Cass. SS.UU n. 19511 del 16.7.08.) Si osserva, incidentalmente, che la sentenza del TAR Veneto n. 491 del 28.2.08, in cui – sia pure nell’ambito di una vicenda diversa in fatto – era stata implicitamente affermata la giurisdizione del TAR, è precedente rispetto alla decisione della Cassazione a SS.UU. qui riportata, delle cui argomentazioni, all’evidenza, il TAR del Veneto non poteva tener conto. Per una ulteriore applicazione dei principi esposti dalla Cassazione si veda, pur in altra fattispecie, la recente sentenza TAR Piemonte n. 414/2011).

La stessa parte ricorrente, del resto, mostra di aver correttamente inteso il senso meramente endocontrattuale della comunicazione di A.V. del 2008, tanto è vero che non ha provveduto ad impugnarla.

In definitiva, il Collegio è dell’avviso che, poiché anche in questo caso si controverte (indirettamente, posto che il ricorso mira all’annullamento del bando della gara indetta da A. sul presupposto dell’intervenuta cessazione del rapporto subconcessorio) della natura novativa o meno della convenzione del 1999 (poi confluita nella Convenzione Unica del 2007) e della corretta applicazione della clausola che attribuisce al subconcessionario il diritto alla proroga del contratto, la giurisdizione competa al Giudice Ordinario, il quale, valutato il preteso diritto di natura contrattuale vantato dalla ricorrente a continuare la gestione delle aree di servizio di cui trattasi oltre il 31.12.08, ben potrà conoscere la natura ed il contenuto della convenzione tra A. e A. ed, eventualmente, disapplicarla, ove violi il diritto ad una scadenza diversa e successiva. Va da sé che questo porterà poi a delle conseguenze anche rispetto alla gara con cui A. avesse disposto dell’area contrattualmente spettante alla ricorrente.

I due primi motivi di ricorso, attinenti alla decisione di indire la gara e rispetto ai quali, pertanto, il ricorso poteva ritenersi ammissibile indipendentemente dalla presentazione di domanda di partecipazione alla gara, sono quindi inammissibili per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Per quanto poi riguarda tutti gli ulteriori motivi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione e carenza di interesse attuale della ricorrente all’impugnazione del bando che non conteneva clausole immediatamente escludenti e/o impeditive della sua partecipazione. Allo stato, pertanto, la libera scelta della ricorrente di non presentare offerta, associandosi in ATI ad impresa del settore non oil, attiene alle scelte di strategia imprenditoriale della stessa e, oltre a non dimostrare la immediata lesività del bando, la rende carente di legittimazione all’impugnativa.

Infatti la giurisprudenza è fermissima nell’affermare l’inammissibilità – per carenza di legittimazione e/o di interesse – del ricorso volto all’impugnazione degli atti di indizione di una gara da parte di un soggetto che non vi abbia partecipato. La domanda giudiziale volta alla caducazione degli atti di una procedura concorsuale di cui si contesti la legittimità presuppone che il ricorrente "qualifichi e differenzi il proprio interesse in termini di attualità e concretezza, rispetto a quello della generalità dei consociati mediante la proposizione di una domanda di partecipazione alla gara o la formulazione della propria offerta; tanto comporta che l’interesse tutelato non può essere quello generico al rifacimento della gara, proprio di tutte le imprese rimaste estranee al procedimento, bensì quello specifico ad una partecipazione finalizzata all’ottenimento dell’aggiudicazione, cui possono aspirare soltanto i partecipanti alla gara medesima, anche attraverso l’eliminazione di clausole eventualmente lesive". Così, puntualmente, C.S. n. 102/09. Si vedano, inoltre, da ultimo: C.S. A.P. 4/11; id., n. 2033/11 e 4481/10; TAR Sicilia – Catania n. 2006/11 e Palermo n. 1003/11; TAR Lazio n. 38955/10).

E’ ben vero che la giurisprudenza ha talora ammesso la possibilità di proporre ricorso anche in assenza di domanda di partecipazione; ma nessuna delle situazioni esaminate dal Giudice Amministrativo si attaglia al caso di specie.

Infatti, si è ritenuto ammissibile il ricorso anche in assenza di domanda di partecipazione (al di là del caso della posizione legittimante derivante dall’esistenza di precedenti rapporti con l’Amministrazione, contrastanti con la possibilità stessa di indire la gara, che qui non rileva) nel caso in cui il bando contenga clausole o disposizioni che non consentono la partecipazione alla gara, nel senso che se le imprese suddette avessero partecipato alla gara, sarebbero state sicuramente escluse. Nel caso di specie ciò non è, in quanto le clausole del bando non sono impeditive della partecipazione e le censure si appuntano non su detta impossibilità, ma su altri elementi, in parte inerenti al merito delle scelte compiute dalla stazione appaltante (quale l’opportunità di accorpare in un’unica gara i servizi oil e non oil), in parte concernenti le modalità di svolgimento della gara stessa, in parte riferite alla difficoltà (ma non certo impossibilità) pratica di trovare adeguati partners per costituire un’ATI e presentare offerta.

In definitiva, l’impugnazione del bando indipendentemente dalla domanda di partecipazione (o, come nel presente caso, di presentazione dell’offerta) è consentita, "ricollegandosi l’onere di impugnazione ad una lesione immediata, diretta ed attuale e non solo potenziale dell’atto, solo allorquando il bando contenga clausole impeditive dell’ammissione dell’interessato alla selezione", ovvero "qualora la lex specialis contenga clausole discriminatorie e, comunque, ostative alla partecipazione alla selezione, tali che la presentazione della relativa domanda si risolverebbe in un adempimento formale, inevitabilmente seguito da un atto di esclusione" (TAR Lazio n. 3723/11; si vedano, ancora, sul principio, TAR Veneto n. 691/11 e TAR Lombardia – Milano n. 993/11). Allo stesso modo la giurisprudenza ammette la possibilità di impugnazione del bando a prescindere dalla domanda di partecipazione allorquando lo stesso presenti "oneri assolutamente incomprensibili o manifestamente sproporzionati ai caratteri della gara", che comportino comunque l’impossibilità, per l’interessato, di accedere alla procedura (C.S. A.P. n. 1/03)

E’ stato ancora precisato (TAR Campania – Napoli n. 1669/11) che "anche ai fini dell’interesse strumentale alla riedizione di una rinnovata procedura di gara, che è quello che (come nel presente caso) sembra muovere l’odierna ricorrente, l’onere di previa presentazione della domanda di partecipazione è da ritenere comunque sussistente, per la funzione "qualificante" che tale domanda svolge nei confronti della società interessata, facendole dismettere i panni del quisque de populo per acquisire quelli di soggetto concretamente inciso dalle prescrizioni del bando". La pronuncia da ultimo citata precisa, condivisibilmente, che l’onere di presentazione della domanda "è determinato dall’esigenza che l’interesse del soggetto ricorrente risulti munito dei necessari requisiti di differenziazione, concretezza e personalità, mediante l’individuazione, nell’ambito indistinto dei soggetti potenzialmente interessati a concorrere all’aggiudicazione di un appalto pubblico (ambito astrattamente coincidente con tutte le imprese operanti nel settore cui quest’ultimo, in relazione al suo oggetto specifico, si riferisce), di quelle posizioni di interesse correlate alla procedura di aggiudicazione da un nesso tangibile e concreto, nesso che la presentazione dell’istanza di partecipazione è appunto destinata a fare emergere, mediante il conferimento in capo al soggetto offerente dello status di partecipante alla gara".

Né può rilevare la circostanza che il termine per la presentazione delle offerte è ancora in corso, essendo stato prorogato al 31.12.11. Infatti, l’interesse all’impugnazione deve bensì sussistere al momento della domanda, ma anche perdurare sino a quello della decisione. Se la ricorrente ha scelto di spedire a sentenza il ricorso prima di presentare la propria offerta, pur essendo ancora in termini, ne sopporterà le inevitabili conseguenze.

Poiché, quindi, la ricorrente non ha presentato alcuna offerta e le clausole del bando non sono escludenti, né discriminatorie, né impongono requisiti impossibili da adempiere, i restanti motivi di ricorso vanno dichiarati inammissibile per carenza di legittimazione e di un interesse giuridicamente apprezzabile.

Non potendo sussistere identità di causa non ne è ovviamente possibile, ai sensi dell’art. 11, d.lgs 104/2010, la riassunzione dinanzi al giudice ordinario, dinanzi al quale l’azione dovrà essere eventualmente proposta ex novo nei termini all’uopo richiesti.

Sussistono giuste ragioni, in specie per la complessità delle questioni proposte e l’esistenza di orientamenti giurisprudenziali non omogenei, per disporre la totale compensazione, tra le parti tutte, delle spese e competenze di causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile nei termini di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *