Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 01-06-2011) 23-09-2011, n. 34656

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Reggio Calabria in funzione di Giudice di appello, con ordinanza del 29 novembre 2010, ha confermato l’ordinanza del 19 marzo 2010 del GUP presso il medesimo Tribunale con la quale era stata disposta la sospensione dei termini di custodia cautelare di C.F. durante il tempo necessario per la redazione delle motivazione della sentenza ex art. 304 c.p.p..

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del proprio difensore, lamentando quale unico motivo una violazione di legge per essere stato il provvedimento impugnato emesso inaudita altera parte, senza il necessario contraddittorio con l’interessato.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è, chiaramente, da rigettare in quanto ripete innanzitutto uno dei motivi già proposti avanti il Giudice dell’impugnazione.

2. Inoltre, in punto di diritto, esso va contro la prevalente giurisprudenza di legittimità (v. quella citata dal giudice del merito) dalla quale non vi è ragione di discostarsi, che fa perno essenzialmente sulla natura meramente dichiarativa del provvedimento di sospensione adottato d’ufficio dal decidente, anche perchè il ricorrente non ha prospettato valido motivo contrario.

Tale indirizzo è stato, da ultimo, ribadito dalla sentenza della Sez. 1, 18 dicembre 2009 n. 625 (con motivazione che ripercorre l’evoluzione della giurisprudenza di legittimità sul punto) che ha distinto soltanto l’ipotesi della richiesta di sospensione dei termini della custodia cautelare, ex art. 304 c.p.p., comma 1, lett. c) bis su richiesta del P.m. piuttosto che d’ufficio, ritenendo soltanto nella prima ipotesi, che non è quella sottoposta all’esame di questo Collegio, di dover affermare la necessità che alla difesa, per evidenti ragioni di parità processuale, sia consentito di conoscere e di interloquire sulle richieste del rappresentante dell’accusa.

3. Il ricorso, in conclusione, deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

A cura della cancelleria deve, inoltre, procedersi agli avvisi di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Art. 94 disp.att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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