Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-05-2011) 23-09-2011, n. 34697 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 11 novembre 2010, depositata il 19 novembre 2010, la Corte d’appello di Milano, decidendo quale giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza proposta da Z.L., volta a ottenere il riconoscimento della continuazione in executivis, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., tra i reati oggetto di due sentenze di condanna emesse a suo carico, la prima, il 6 aprile 2007 dal G.i.p. del Tribunale di Milano, confermata dalla stessa Corte il 7 luglio 2008, definitiva il 26 marzo 2009, e, la seconda, in data 8 maggio 2008 dalla Corte d’appello di Cagliari, in parziale riforma della sentenza del 6 novembre 2006 del G.i.p. del Tribunale di Cagliari, irrevocabile il 10 febbraio 2009.

Secondo la Corte di merito, non era dimostrata l’unicità del disegno criminoso sotteso ab origine alle condotte illecite oggetto delle due condanne, non bastando a tal fine la mera destinazione della sostanza stupefacente, acquistata nel marzo 2001 a Milano e oggetto della prima condanna, alla distribuzione nello stesso ambito regionale nel quale aveva operato – dal novembre 2001 – l’associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti, agente in territorio sardo, e della quale lo Z. era stato riconosciuto promotore, oggetto della seconda condanna.

Da tali condotte emergeva, invece, ad avviso della Corte, la mera predisposizione del condannato al traffico illecito delle sostanze stupefacenti e una sua inclinazione "professionale", sintomatiche di abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazione di illeciti.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del suo difensore, Z.L., che ne chiede l’annullamento denunciando, con unico motivo, inosservanza e/o erronea applicazione dell’art. 81 cod. pen., ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), e mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).

Secondo il ricorrente, il Giudice dell’esecuzione, che ha affermato essere onere del condannato allegare elementi concreti e specifici a sostegno della richiesta di applicazione della disciplina del reato continuato, ha proceduto alla sola superficiale e parziale lettura dei capi di imputazione, senza analizzare i documenti prodotti e motivare sugli elementi specifici e concreti dei quali disponeva, illogicamente affermando l’autonomia delle singole determinazioni al reato.

In particolare, è dedotta l’avvenuta allegazione alla richiesta dell’ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Milano che, in sede di determinazione della durata della custodia cautelare, aveva retrodatato, ritenendo applicabile la disciplina del reato continuato, la misura cautelare milanese al momento di esecuzione di quella sarda, e l’avvenuta produzione, nel corso dell’udienza camerale, delle due sentenze di condanna, dalle quali risultava che il reato commesso a Milano dal ricorrente, unitamente a P. suo coimputato nel processo sardo, era stato utilizzato quale elemento di prova per inquadrare lo stesso ricorrente quale fornitore dell’associazione sarda, e dell’ordinanza della Corte d’appello di Cagliari che aveva dichiarato i medesimi reati uniti dal vincolo della continuazione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

2. A norma dell’art. 671 cod. proc. pen. il giudice dell’esecuzione può applicare in executivis l’istituto della continuazione nel caso di più sentenze o decreti penali irrevocabili, pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa persona, e rideterminare le pene inflitte per i reati separatamente giudicati sulla base dei criteri dettati dall’art. 81 cod. pen..

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, l’applicazione della disciplina del reato continuato, che in sede esecutiva ha carattere sussidiario e suppletivo rispetto a quella fatta nella competente sede di cognizione, presuppone l’anticipata e unitaria ideazione di più violazioni della legge penale, già insieme presenti alla mente del reo nella loro specificità, almeno a grandi linee, e tale situazione è ben diversa da una mera inclinazione a reiterare nel tempo violazioni della stessa specie, anche se dovuta a una determinata scelta di vita o a un programma generico di attività delittuosa da sviluppare nel tempo secondo contingenti opportunità, quale quello tipico dell’associazione per delinquere (tra le altre, Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, dep. 12/11/2010, Marigliano, Rv.

248862; Sez. 1, n. 48125 del 05/11/2009, dep. 17/12/2009, Maniero, Rv. 245472; Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep. 16/04/2009, Di Maria, Rv. 243632; Sez. 1, n. 35797 del 12/05/2006, dep. 25/10/2006, Francini, Rv. 234980; Sez. 2, n. 18037 del 07/04/2004, dep. 19/04/2004, Tuzzeo, Rv. 229052; Sez. 1, n. 3834 del 15/11/2000, dep. 31/01/2001, Barresi, Rv. 218397).

2.1. La prova di detta congiunta previsione – ritenuta meritevole di trattamento sanzionatorio più benevolo per la minore capacità a delinquere di chi si determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso, invece che di spinte criminose indipendenti e reiterate -, poichè attiene alla "inesplorabile interiorità psichica" del soggetto, deve essere ricavata di regola da indici esteriori significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte tenute.

Tra gli indici rivelatori dell’identità del disegno criminoso, vengono in considerazione la tipologia dei reati, il bene protetto, le condotte poste a fondamento delle diverse condanne, le loro modalità di commissione, la causale delle violazioni, la loro omogeneità, il contesto spazio-temporale in cui esse si collocano, e anche attraverso la constatazione dell’esistenza di alcuni soltanto di essi – purchè idonei a consentire il riconoscimento o il diniego del vincolo di continuazione – il giudice deve accertare se sussiste o meno la preordinazione di fondo che cementa, come facenti parte di un tutto unico, le singole violazioni (tra le altre, Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, dep. 07/04/2010, Bonasera, Rv. 246838; Sez. 5, n. 49476 del 25/09/2009, dep. 23/12/2009, Notaro, Rv. 245833; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, dep. 02/12/2008, Lombardo, Rv. 242098; Sez. 1, n. 1587 del 01/03/2000, dep. 20/04/2000, D’Onofrio, Rv. 215937).

2.2. Ai fini dell’applicazione della disciplina del reato continuato, la cognizione del giudice dell’esecuzione dei dati sostanziali di possibile collegamento tra i vari reati va eseguita in base al contenuto decisorio delle sentenze di condanna, conseguite alle azioni o omissioni che si assumono essere in continuazione (sentenze allegate o da acquisire ex officio iudicis ai sensi dell’art. 186 disp. att. cod. proc. pen.), e procedendo ai necessari accertamenti ai sensi dell’art. 666 c.p.p., comma 5, previo assolvimento da parte dell’interessato dell’onere di prospettazione dei fatti su cui la richiesta si fonda (tra le altre, Sez, 1, n. 34987 del 22/09/2010, dep. 28/09/2010, Di Sabatino, Rv. 248276; Sez. 1, n. 14188 del 30/03/2010, dep. 14/04/2010, Russo, Rv. 246840; Sez. 5, n. 9180 del 29/01/2007, dep. 02/03/2007, Aloisio e altri, Rv. 236261; Sez. 5, n. 18586 del 04/03/2004, dep. 22/04/2004, D’Aria, Rv. 22982).

3. La Corte d’appello, nel caso di specie, non solo non si è adeguata a tali principi, condivisi da questo Collegio, ma ha omesso qualsiasi riferimento a essi e, prima ancora, agli stessi elementi fattuali così come rilevabili dalle prospettazioni difensive e allegazioni documentali, in esse comprese le sentenze emesse a carico del richiedente, poste a sostegno dell’istanza.

E’ stato, infatti, rappresentato dalla difesa sulla base delle emergenze della richiamata documentazione allegata all’istanza, che il reato commesso a Milano dal ricorrente, in concorso con tale P., è stato valorizzato nella sentenza di condanna del medesimo, coimputato con il medesimo P., per il reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, e che il G.i.p. del Tribunale di Milano, in sede di determinazione della durata della custodia cautelare, ha retrodatato, riconoscendo la connessione per continuazione tra i reati, la misura cautelare milanese al momento di esecuzione di quella sarda.

In rapporto a tali emergenze, occorreva valutare il dato della destinazione della sostanza stupefacente acquistata a Milano al mercato sardo e il lasso temporale tra il primo episodio e l’avvio dell’associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, invece autonomamente valutati, e verificare con riferimento al caso concreto se le violazioni commesse, per la loro natura, le loro modalità di commissione, il contesto spazio- temporale in cui esse si sono collocate e la loro causale, potevano ricondursi a un disegno criminoso unitario, e se, invece, vi erano specifiche e significative circostanze idonee a far ragionevolmente ritenere l’autonomia delle singole determinazioni al reato.

4. La disamina astratta e generica impone l’annullamento – con rinvio – dell’ordinanza impugnata per nuovo esame alla luce dei rilievi sopra formulati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame alla Corte d’appello di Milano.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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