Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-05-2011) 23-09-2011, n. 34696 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con decreto del 24 agosto 2010, emesso in via cautelativa ai sensi dell’art. 51-ter Ord. Pen., il Magistrato di sorveglianza di Brescia, preso atto che il 19 agosto 2010 N.P.S., agli arresti domiciliari esecutivi, concessi con provvedimento del 15 febbraio 2010 della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trento, era stato tratto in arresto per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, perchè trovato in possesso di tre grammi di sostanza stupefacente in sede di perquisizione domiciliare, ed era stato denunciato in stato di libertà per il reato di evasione per essere rientrato presso la sua abitazione, dalla quale era stato autorizzato ad allontanarsi dalle ore 11 alle ore 12, alle ore 12,05, ha sospeso la misura alternativa e ha trasmesso gli atti al Tribunale di sorveglianza di Brescia per le decisioni di competenza.

Con ordinanza del 28 settembre 2010 detto Tribunale ha disposto la revoca degli arresti domiciliari esecutivi, rigettando in via preliminare l’eccezione di sopravvenuta perdita di efficacia del provvedimento cautelativo per la scadenza dei termini di cui all’art. 51-ter Ord. Pen., tenuto conto dell’applicabilità della sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale, e ritenendo, nel merito, legittima e fondata la provvisoria sospensione della misura, avuto riguardo alla influenza della condotta di detenzione della sostanza stupefacente, a prescindere dalla intervenuta assoluzione, incidente solo sulla rilevanza penale della condotta.

2. Avverso la detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del suo difensore di fiducia, N.P.S., che ne chiede l’annullamento, sulla base di due motivi.

2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia inosservanza o erronea applicazione della legge penale, sul punto della ritenuta operatività della sospensione feriale, dei termini con riferimento al decorso del termine di cui all’art. 51-ter Ord. Pen..

In particolare, il ricorrente rileva che questa Corte ha già escluso l’operatività della sospensione feriale dei termini con riguardo all’ipotesi dell’affidamento in prova al servizio sociale quando vi sia stata sospensione dell’esecuzione da parte del Pubblico Ministero, e che a maggior ragione, tale operatività deve sussistere in relazione ai provvedimenti di revoca, e deduce che, per l’effetto, decorsi oltre trenta giorni dalla data del provvedimento cautelativo del Magistrato di sorveglianza, esso ricorrente doveva essere scarcerato.

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia motivazione insufficiente e illogica sul punto della omessa valutazione della condotta complessiva, tenuta da esso una volta sottoposto agli arresti domiciliari esecutivi, avendo il Tribunale considerato solo l’episodio del 19 agosto 2010, senza valutare la condotta di scrupolosa osservanza degli obblighi sempre tenuta, e senza considerare l’intervenuta assoluzione per il reato di evasione, ritenuto dallo stesso Tribunale di modesta gravità. 3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta concludendo per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Quanto al primo motivo, è sufficiente rilevare che questa Corte ha più volte affermato che la disciplina della sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale opera anche con riferimento al procedimento di sorveglianza, e si applica non solo ai termini di comparizione ma anche a quelli previsti per la decisione (Sez. 1, n. 8846 del 17/02/2010, dep. 05/03/2010, Maietta, Rv.

246633; Sez. 1, n. 36228 del 23/09/2010, dep. 11/10/2010, Ceniccola, Rv. 248283), e, specificatamente, ai termini previsti per la decisione del tribunale di sorveglianza nei casi di sospensione cautelativa di misure alternative (tra le altre, Sez. 1, n. 46021 del 29/10/2004, dep. 26/11/2004, De Santis, Rv. 230445).

Alla stregua di tali principi, che il Collegio condivide, non contraddetti dalla risalente giurisprudenza richiamata in ricorso, il rigetto della preliminare eccezione difensiva di sopravvenuta scadenza del termine di cui all’art. 51-ter Ord. Pen., disposto dal Tribunale di sorveglianza, risponde a esatta interpretazione e corretta applicazione sia di detta norma sia delle norme che disciplinano la sospensione dei termini durante il periodo feriale.

3. Quanto al secondo motivo, si rileva che spetta al giudice di merito valutare la condotta del condannato, accertando se la stessa sia tale da comportare un giudizio negativo in ordine alla prosecuzione della misura alternativa e giustificarne la revoca.

Nel caso di specie, il Tribunale ha correttamente motivato la revoca degli arresti domiciliari esecutivi, evidenziando l’episodio riguardante la detenzione da parte del ricorrente della sostanza stupefacente e ritenendo lo stesso, a prescindere dalla sua ritenuta irrilevanza penale per la riconosciuta destinazione della sostanza a uso esclusivamente personale, non ininfluente ai fini della prosecuzione della misura e tale da legittimare un giudizio negativo in ordine alla prosecuzione stessa.

Ad avviso del Tribunale, infatti, la condotta del ricorrente è sintomatica di una perdurante problematica di dipendenza del tutto antitetica alle finalità riabilitative della esecuzione penale esterna, della incapacità della corretta gestione del beneficio, della scarsa comprensione degli obiettivi di risocializzazione dello stesso e della esistenza di contatti con soggetti dediti al traffico di sostanze stupefacenti attestante il grado non sufficientemente contenitivo della misura.

A fronte di tali specifici elementi, il ricorrente oppone censure che solo nella forma attengono a vizi logici della motivazione, riguardando circostanze già correttamente esaminate nell’ordinanza impugnata (quella attinente alla denuncia per evasione), o rientranti nella gestione ordinaria della misura (quelle attinenti allo scrupoloso rispetto degli obblighi alla stessa connessi).

4. Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.

Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè – valutato il contenuto del ricorso e in difetto dell’ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione dell’impugnazione – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma che si determina nella misura ritenuta congrua di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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