Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 26-05-2011) 23-09-2011, n. 34694 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 19 ottobre 2010 il Tribunale di Ferrara, decidendo quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza avanzata da Z.M., alias B.M. (rectius M.), volta a ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., tra i reati oggetto delle seguenti sentenze:

– con il nominativo di B.M., sentenza n. 612/05 del 15 settembre 2005 del Tribunale di Trapani, irrevocabile il 23 dicembre 2005, per il reato di cui al D.Lgs. n. 298 del 1998, art. 14, comma 5- ter, accertato in Trapani il 13 settembre 2005;

– con il nominativo di B.M., sentenza n. 66/08 del 13 febbraio 2008 del G.u.p. del Tribunale di Ferrara, confermata con sentenza n. 376/09 del 6 febbraio 2009 della Corte d’appello di Bologna, oggetto di ricorso per cassazione, e indicata in ricorso come divenuta irrevocabile il 20 novembre 2009, per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1-bis, commesso in Cento il 7 marzo 2007;

– con il nominativo di Z.M., sentenza n. 2042/09 del 22 settembre 2009 del Tribunale di Rimini, non risultante irrevocabile, per il reato di cui al D.Lgs. n. 298 del 1998, art. 14, comma 5-ter, accertato in Rimini il 5 dicembre 2005.

Il Tribunale, in particolare, premessi i principi di diritto che regolano l’applicazione della disciplina del reato continuato ex art. 671 cod. proc. pen., rilevava che non erano dimostrati elementi di fatto, oggettivamente sussistenti e concretamente valutabili, indicativi di un’unica progettualità tra i reati oggetto di plurime sentenze di condanna, piuttosto che di deliberazione criminosa autonoma e specifica in relazione alle circostanze di ogni singolo delitto, e della riconducibilità degli stessi al medesimo disegno criminoso, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 81 c.p., comma 2 e art. 671 cod. proc. pen..

2. Avverso detta ordinanza ha proposto due ricorsi per cassazione Z.M., uno personalmente e l’altro per mezzo del suo difensore.

2.1. Con il primo ricorso il ricorrente ha genericamente contestato l’erroneità del provvedimento, rilevando l’evidenza dei presupposti della richiesta "continuazione dei reati". 2.2. Con il secondo ricorso il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al mancato riconoscimento del ne bis in idem con riguardo alle due sentenze pronunciate per la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5-ter, rilevando che il Tribunale avrebbe dovuto riconoscere, ai sensi dell’art. 669 cod. proc. pen., la sussistenza di più sentenze di condanna pronunciate per il medesimo fatto, rappresentato dall’Inottemperanza al medesimo provvedimento amministrativo.

In ogni caso, le due sentenze, irrevocabili, dovevano essere valutate come riferite al medesimo disegno criminoso, rappresentato dalla volontà decisa e ferma del condannato di rimanere in Italia anche in violazione di prescrizioni amministrative, mentre è contradeittorla la motivazione che ha ritenuto l’abitualità del medesimo nel reato e ha affermato che la sua determinazione al reato è avvenuta "di volta in volta". 3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta, concludendo per la declaratoria d’inammissibilità di entrambi i ricorsi.

Motivi della decisione

1. I motivi di ricorso sono destituiti di fondamento.

2. Deve rilevarsi che il parametro dei poteri di cognizione di questa Corte è delineato dall’art. 609 c.p.p., comma 1, che ribadisce in forma esplicita un principio già enucleatale dal sistema, e cioè la commisurazione della detta cognizione al motivi di ricorso proposti, funzionali alla delimitazione dell’oggetto della decisione impugnata e all’indicazione delle relative questioni, con modalità specifiche al ricorso per cassazione.

Consegue a tale rilievo che, a fondamento dell’atto di impugnazione, devono esserci censure collegate alle ragioni argomentate dalla decisione impugnata, che non possono essere ignorate dal ricorrente (tra le altre, Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, dep. 28/05/2009, P.M. in proc. Candita e altri, Rv. 244181; Sez. 3. n. 16851 del 02/03/2010, dep. 04/05/2010, Cecco e altro, Rv. 246980), e che non è proponibile in cassazione qualsiasi questione non prospettata in appello (Sez. U, n. 15 del 30/06/1999, dep. 15/09/1999, Piepoll, Rv.

213981; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, dep. 16/12/1999, Spina, Rv.

214793), a meno che non si tratti di deduzioni di pura legittimità o di questioni di puro diritto insorte dopo il giudizio di secondo grado in forza di ius superveniens o di modificazione della disposizione normativa di riferimento conseguente all’intervento demolitorio o additivo della Corte costituzionale (Sez. 1, n. 2378 del 14/11/1983, dep. 17/03/1984, Guner Cuma, Rv. 163151; Sez. 4, n. 4853 del 03/12/2003, dep. 06/02/2004, Criscuolo e altri, Rv. 229373).

2.1. Alla stregua di tali rilievi, la doglianza svolta dal ricorrente con il ricorso presentato personalmente è priva di specificità in rapporto all’ordinanza impugnata, la cui fondatezza è solamente negata, trascurandosi la ratio legis espressa dalla stessa e facente capo alla mancanza di prova della unicità del disegno criminoso.

2.2. Destituita di fondamento è anche la censura sviluppata con il secondo ricorso, che attiene alla violazione del divieto del ne bis in idem con riguardo alle due sentenze pronunciate il 15 settembre 2005 e il 22 settembre 2009 per la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5-ter, trattandosi di questione non dedotta in precedenza, e non deducibile, in quanto questione di fatto, per la prima volta in questa sede di legittimità (Sez. 1, n. 31123 del 14/05/2004, dep. 15/07/2004, Cascella, Rv. 229838).

3. Nè è fondata la censura, formulata in via subordinata con il secondo ricorso, in merito al mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati giudicati con le indicate sentenze del 15 settembre 2005 e del 22 settembre 2009.

Il Tribunale, correttamente interpretando il parametro normativo di cui all’art. 81 c.p., comma 2, e con motivazione logicamente articolata, ha evidenziato l’iter logico seguito per escludere nel caso concreto l’unitarietà del disegno criminoso tra i reati oggetto di separate contestazioni e di autonomi giudizi, congruo rispetto alla ratio dell’istituto della continuazione, anche evidenziando, quanto alla sentenza del 22 settembre 2009, la mancanza di certezza del suo passaggio in giudicato.

Tale ultimo dato, che il ricorrente non ha contestato, limitandosi a opporre, in via subordinata, obiezioni volte a prospettare, nel merito, un’alternativa interpretazione delle risultanze processuali e una diversa valutazione della loro rilevanza, ha carattere troncante ai fini della esclusione dell’applicabilità dell’art. 671 cod. proc. pen., che suppone "più sentenze o decreti penali irrevocabili pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa persona". 4. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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