Cass. civ. Sez. II, Sent., 02-02-2012, n. 1486 Costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con atto di citazione notificato il 22 luglio 1998, D. e S.F., proprietari di un fabbricato sito in (OMISSIS), posto a confine con la proprietà di D. G. e V.T., convennero in giudizio dinanzi al Tribunale di Matera questi ultimi, lamentando la realizzazione, da parte dei convenuti, di opere di redistribuzione degli ambienti di un seminterrato della villetta di loro proprietà, con realizzazione di un muro in calcestruzzo alto, nella sua parte mediana, m. 3,30 sul piano di campagna e posto a distanza non regolamentare. Chiesero pertanto il ripristino dello stato anteriore dei luoghi ed il risarcimento del danno.

Si costituirono i convenuti, resistendo.

Il Tribunale di Matera, con sentenza in data 25 marzo 2003, accolse la domanda ripristinatoria e rigettò quella risarcitoria.

2. – La Corte d’appello di Potenza, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 25 novembre 2009, ha rigettato il gravame della V. e del D..

2.1. – Premesso che il muro in questione assolve alla funzione di contenere il dislivello creato da un terrapieno artificiale e che l’altezza crescente del muro dipende esclusivamente dalla quantità di terra di riporto e dal progressivo aumentare del dislivello artificiale lungo il confine tra i due fondi, la Corte d’appello ha condiviso l’affermazione del primo giudice, secondo il quale il terrapieno artificiale è una vera e propria costruzione e non un muro di cinta: di qui l’irrilevanza del fatto che solo una parte del muro superi l’altezza di tre metri.

Secondo la Corte territoriale, non può ipotizzarsi l’esistenza di una costruzione in aderenza, in quanto, affinchè si verifichi tale ipotesi, è necessario, a differenza del caso in esame, che la nuova opera e quella preesistente combacino perfettamente da uno dei lati, in modo che non rimanga tra i due muri, nemmeno per un breve tratto o ad intervalli, uno spazio vuoto che lasci scoperte, sia pure in parte, le relative facciate.

La Corte del merito ha anche sottolineato che il giunto tecnico utilizzato non è un elemento di congiunzione, ossia un elemento tale da trasformare due costruzioni distanti tra loro, quali sono quelle esaminate dal c.t.u., in costruzioni aderenti, ma un sottile elemento di separazione previsto in caso di realizzazione di fabbricati contigui in zona sismica, tale da consentire che ciascun edificio costituisca un organismo a se stante, mediante l’adozione di accorgimenti idonei a consentire la libera ed indipendente oscillazione.

3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello la V. e il D. hanno proposto ricorso, con atto notificato il 25 maggio 2010, sulla base di sette motivi.

Gli intimati hanno resistito con controricorso.

In prossimità dell’udienza i ricorrenti hanno depositato una memoria illustrativa.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo (nullità della sentenza o del procedimento;

violazione e falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento all’art. 873 cod. civ., falsamente applicato, in combinato disposto con l’art. 877 cod. civ.) si censura che la sentenza abbia applicato il principio della prevenzione a favore del fabbricato dei S. in una ipotesi nella quale difettavano i presupposti, stante il diritto di costruire in aderenza e la preesistenza della costruzione dei ricorrenti sul fondo confinante.

1.1. – Il motivo è inammissibile.

Esso invoca, in favore dei ricorrenti, l’applicazione del criterio della prevenzione, che consente a chi costruisce per primo di operare la scelta tra una delle soluzioni costruttive consentitegli: sul confine, a distanza legale dal confine, a distanza inferiore al distacco.

L’applicazione di detto criterio presupporrebbe che il giudice del merito avesse accertato, in punto di fatto, la preesistenza della costruzione in contestazione degli odierni ricorrenti.

Invece, dalla sentenza impugnata non solo tale accertamento non risulta, ma anzi emerge l’opposta conclusione, avendo la Corte territoriale (v. pag. 9 della sentenza) dichiarato inammissibile (perchè "tardivamente articolata in primo grado, con comparsa di costituzione depositata a preclusioni istruttorie già maturate") "la richiesta di prova testimoniale per dimostrare la preesistenza del furettò realizzato dai convenuti". 2. – Il secondo mezzo denuncia "omessa ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ( art. 360 c.p.c., n. 5), in relazione di contraddizione motivazionale anche con gli elementi acquisiti al giudizio (che si riflette, quanto al suo carattere di decisorietà, su qualificazione ex artt. 878 e 887 cod. civ., sotto il profilo dell’omessa applicazione, e dell’art. 873 cod. civ., sotto il profilo della falsa applicazione)". Con esso i ricorrenti si dolgono che la Corte di merito abbia immotivatamente ritenuto la non configurabilità del muro in contestazione come muro di cinta; e sostengono: che il muro de quo non sarebbe costruzione, giacchè non supera i tre metri rispetto al piano di campagna; che la sentenza impugnata non avrebbe analizzato la questione del naturale declivio del terreno e del muro di contenimento che serve per evitare smottamenti o frane, assolvendo ad una funzione di conservazione dello stato dei luoghi ovvero di contenimento di un terrapieno naturale e solo per una piccola parte (pari a 5 metri) alla funzione di muro di fabbrica. Ricordano inoltre i ricorrenti che non può essere considerato costruzione, ai fini dell’osservanza delle distanze legali, il muro che, nel caso di dislivello naturale, oltre a delimitare il fondo, assolve anche alla funzione di sostegno e contenimento del declivio naturale.

2.1. – Il motivo è infondato.

La sentenza impugnata ha confermato, con logico e motivato apprezzamento delle risultanze di cause, la conclusione alla quale era giunto il primo giudice, il quale aveva già evidenziato che il muro in contestazione era stato costruito dalla V. e dal D. per sostenere il terrapieno artificiale servito per sistemare la fascia di terreno antistante il fabbricato di loro proprietà. In particolare, la Corte territoriale ha richiamato la c.t.u. ed il materiale fotografico allegato alla stessa, da cui risulta la presenza di terra di riporto.

E’ pertanto evidente che, là dove sostiene che ci si trovi in realtà di fronte ad un terrapieno naturale, il motivo si risolve nella prospettazione di una diversa valutazione del merito della causa e nella pretesa di contrastare apprezzamenti di fatti e di risultanze probatorie che sono inalienabile prerogativa del giudice del merito; e non tiene conto del fatto che il sindacato di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 5, è limitato al riscontro estrinseco della presenza di una congrua ed esaustiva motivazione che consenta di individuare le ragioni della decisione e l’iter- argomentativo seguito nella sentenza impugnata.

Per il resto, la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione del principio – costante nella giurisprudenza di questa Corte (da ultimo, Sez. 2^, 22 gennaio 2010, n. 1217) – secondo cui il muro di contenimento tra due fondi posti a livelli differenti, qualora il dislivello derivi dall’opera dell’uomo o il naturale preesistente dislivello sia stato artificialmente accentuato, deve considerarsi costruzione a tutti gli effetti, con conseguente assoggettamento agli obblighi delle distanze previste dall’art. 373 cod. civ. e dalle eventuali norme integrative.

3. – Con il terzo motivo (nullità della sentenza o del procedimento;

violazione o falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’art. 873 cod. civ. falsamente applicato in relazione alla legge sulle zone sismiche L. 25 novembre 1962, n. 1684, art. 9, comma 3, ed al punto C 4.2. del decreto ministeriale 24 gennaio 1986 ed alla strumentazione urbanistica) i ricorrenti sostengono che, a differenza di quanto ritenuto dal giudice di merito, la nozione di aderenza non implica l’insussistenza di qualsiasi intercapedine fra corpi di fabbrica, e che la posizione del giunto tecnico, imposto dalla normativa antisismica, non esclude la dedotta aderenza.

3.1. – La doglianza non coglie nel segno.

E’ esatto che poichè la L. 25 novembre 1962, n. 1684, art. 9, comma 3, (Provvedimenti per l’edilizia, con particolari prescrizioni per le zone sismiche), prescrive, con riguardo alle costruzioni nelle zone sismiche, l’adozione nei fabbricati contigui di appositi giunti di oscillazione, il concetto generale di costruzioni in aderenza deve essere adeguato nelle località anzidette al disposto della legislazione speciale e va, pertanto, riferito a quelle che fra i due edifici contigui preveda la sola distanza configurata dal giunto idoneo a consentire la libera ed indipendente oscillazione (Cass., Sez. 2^, 16 agosto 1993, n. 8744; Cass., Sez. 2^, 21 novembre 2000, n. 15005; Cass., Sez. 2^, 25 febbraio 2002, n. 2731; Cass., Sez. 2^, 16 febbraio 2006, n. 3425).

Sennonchè, l’applicazione di questo principio non vale a rendere legittima, sotto il profilo delle distanze nelle costruzioni, la costruzione dei ricorrenti, giacchè il giudice del merito ha accertato che il giunto tecnico non costituisce, nella specie, un elemento di congiunzione, ossia un elemento tale da trasformare due costruzioni distanti tra loro in costruzioni aderenti, atteso il persistere dell’intercapedine e dello spazio vuoto, di dimensioni non minime.

4. – Il quarto mezzo (nullità della sentenza o del procedimento;

violazione o falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’art. 873 cod. civ. falsamente applicato, ed in relazione agli artt. 112, 99 e 102 cod. proc. civ.) pone il quesito se "la figura soggettiva della prevenzione, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 873, 875 e 877 cod. civ., esige che alla eliminazione di intercapedine si ottemperi solo mediante arretramento, ovvero la condizione deve essere rispettosa del principio di proporzionalità, di conservazione ed essere eliminata per altra via, mediante idonei accorgimenti che contemperando i contrastanti interessi delle parti – ed anche la condizione di assenza di previetà della legittimità del titolo di assenso edilizio degli attori – rispondano ugualmente al precetto legislativo da applicare al caso concreto, quali la copertura del giunto, l’avvicinamento, la costruzione in aderenza, la richiesta di comunione del manufatto del vicino". 4.1. – Il motivo è infondato.

E’ esatto che l’arretramento della nuova costruzione non può essere ordinato solo perchè l’aderenza tra le due costruzioni non è stata eseguita in modo perfetto:

il giudice infatti, in caso di non perfetta aderenza della costruzione del prevenuto a quella del preveniente, non può disporre l’arretramento della costruzione del vicino senza prima accertare che l’intercapedine possa essere colmata mediante opportuni accorgimenti tecnici atti a perfezionare l’aderenza senza determinare spinte in danno del muro del vicino (Cass., Sez. 2^, 24 marzo 2004, n. 5894).

Ma non è questa la situazione che ricorre nella specie, dove non si tratta, semplicemente, di completare e perfezionare l’aderenza, nell’ambito e nel rispetto della scelta compiuta dal costruttore (cfr. Cass., Sez. 2^, 16 dicembre 1987, n. 9354): ciò alla luce dell’accertamento compiuto, sulla base dell’espletata c.t.u., dal giudice del merito, il quale – anche tenuto conto della intercapedine e dello spazio vuoto tra le due costruzioni – ha escluso che ricorra una situazione di non perfetta aderenza ed ha rilevato che si è invece di fronte a edifici, appunto, distanti tra loro.

5. – Con il quinto motivo (violazione ed erronea applicazione di norme di diritto: artt. 61 e 196 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 112, 99 e 102 cod. proc. civ.) si censura la decisione della Corte territoriale di avere disatteso la richiesta di supplemento di c.t.u. e si sostiene che il supplemento di c.t.u. non incorre nelle preclusioni di cui all’art. 184 cod. proc. civ..

5.1. – Il motivo non coglie la ratio decidendi, perchè la richiesta di rinnovazione della c.t.u. è stata respinta dalla Corte d’appello, non già perchè la parte istante era incorsa in preclusioni, bensì in quanto si trattava di indagini superflue. D’altra parte, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito accogliere o rigettare l’istanza di riconvocazione del consulente per un supplemento di consulenza, senza che l’eventuale provvedimento negativo possa essere censurato in sede di legittimità deducendo la carenza di motivazione espressa al riguardo, quando, come nella specie, dal complesso delle ragioni svolte in sentenza, in base ad elementi di convincimento tratti dalle risultanze probatorie già acquisite e valutate con un giudizio immune da vizi logici e giuridici, risulti l’irrilevanza o la superfluità dell’indagine richiesta (da ultimo, Cass., Sez. 3^, 15 luglio 2011, n. 15666).

6. – Con il sesto motivo (nullità della sentenza o del procedimento con riferimento all’art. 295 cod. proc. civ. falsamente applicato) i ricorrenti si dolgono del fatto che la Corte di merito non abbia sospeso il giudizio civile in pendenza, dinanzi al TAR della Basilicata, di giudizi amministrativi nei quali si verteva sulla legittimità di ordinanze sindacali di annullamento parziale della concessione edilizia, di ingiunzione di demolizione e di demolizione coattiva del muro.

6.1. – Il motivo è privo di fondamento.

Poichè ai fini della sospensione del giudizio a norma dell’art. 295 cod. proc. civ. è necessaria l’esistenza di un obbiettivo rapporto di pregiudizialità giuridica, e questa ricorre soltanto quando la definizione di una controversia costituisce l’indispensabile antecedente logico-giuridico dell’altra, il cui accertamento deve avvenire con efficacia di giudicato, non è configurabile un’ipotesi di sospensione necessaria del giudizio civile tra proprietari confinanti in cui si controverte sull’osservanza delle distanze minime tra le costruzioni e sulla conseguente tutela ripristinatoria, in ragione della contemporanea pendenza, dinanzi al giudice amministrativo, di un’impugnazione, su iniziativa del convenuto nel giudizio civile, dei provvedimenti recanti l’annullamento parziale della concessione edilizia, l’ingiunzione a demolire e l’ordinanza di demolizione coattiva. Ciò sia perchè in tema di distanze tra costruzioni la rilevanza giuridica della concessione si esaurisce nell’ambito del rapporto pubblicistico tra la P.A. ed il privato, con la conseguenza che l’avere eseguito la costruzione in base ad un titolo abilitativo non esclude, di per sè, la violazione di dette prescrizioni e quindi il diritto del vicino alla prevista tutela (Cass., Sez. 11^, 30 marzo 2006, n. 7563; Cass., Sez. 2^, 12 agosto 2011, n. 17286); sia perchè nella evenienza considerata il giudice amministrativo è chiamato a decidere su interessi legittimi, mentre la pregiudizialità di una controversia amministrativa rispetto al giudizio civile è configurabile soltanto quando la prima verta su un diritto soggettivo e la pronuncia conclusiva sia destinata a fare stato in altri giudizi (Cass., Sez. Un., 12 dicembre 1995, n. 12720;

Cass., Sez. 2^, 17 marzo 1999, n. 2398; Cass., Sez. 1^, 21 febbraio 2003, n. 2738).

7. – Con il settimo motivo (violazione di legge: artt. 91 e 92 cod. proc. civ.) viene richiesta la cassazione della sentenza impugnata nella parte in cui non concede ai ricorrenti la vittoria delle spese di lite in ragione della "fondatezza e spessore delle prospettazioni (e dell’auspicabile esito definitivo)". Andrebbe corretta anche la statuizione di parziale condanna alle spese di primo grado.

L’obiettiva controvertibilità delle questioni – si sostiene – integrerebbe quanto meno i giusti motivi per la compensazione.

7.1. – L’esame del motivo è per un verso assorbito dal rigetto degli altri motivi di ricorso là dove la censura sulle spese è svolta non in via autonoma, ma, appunto, come riflesso ed in via di ricaduta rispetto alle altre censure rivolte a vedere ribaltato l’esito della lite. Per l’altro – nella parte in cui auspica una pronuncia compensazione delle spese per i gradi di merito – la censura è infondata, giacchè, in tema di regolamento delle spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, mentre esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, la valutazio-ne dell’opportunità di compensare, in tutto o in parte, le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di altri giusti motivi.

8. – Il ricorso è rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese processuali sostenute dai controricorrenti, che liquida, in complessivi Euro 2.200, di cui Euro 2.000 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *