Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 26-05-2011) 23-09-2011, n. 34692 Giudice dell’esecuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 25 maggio 2010 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bolzano, decidendo quale giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza avanzata nell’interesse di P.M., volta a ottenere la restituzione nel termine per proporre opposizione avverso il decreto penale di condanna n. 396 del 31 marzo 2010. 1.1. Il Giudice motivava la decisione, rilevando che:

– il decreto penale era stato notificato alla P. e di tale notifica il difensore, avv. Panchieri, era stato informato con e-mail del 19 aprile 2010, trasmessa dalla segretaria della Jade S.r.l. dopo aver apposto il timbro di arrivo della posta del 19 aprile 2010;

– il difensore avrebbe potuto chiedere, al fine della sua verifica, il retro della busta della notificazione non allegato;

– le ipotesi di caso fortuito o di forza maggiore, previste dall’art. 175 cod. proc. pen. per la restituzione nel termine, non si realizzavano quando vi fosse stato mancato o inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell’incarico di proporre impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile;

– quanto all’applicazione della lingua, la relazione di notificazione non era atto del Pubblico Ministero;

– la traduzione degli atti poteva essere richiesta nell’ambito dell’opposizione insieme alla richiesta di rito abbreviato o di giudizio;

– il verbale di perquisizione, nel caso di specie, era stato redatto in lingua tedesca e, valendo come informazione di garanzia, la traduzione di atti e documenti poteva essere richiesta già in quel momento, ai sensi della L. n. 574 del 1988, art. 15, comma 4-bis.

2. Avverso detta ordinanza ricorre P.M., per mezzo del suo difensore, chiedendone l’annullamento con tutte le conseguenze di legge.

2.1. La ricorrente premette:

– di essere stata indagata per violazione del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, art. 18, commi 2 e 5-bis, quale legale rappresentante della Jade s.r.l.;

– di avere espressamente scelto la lingua tedesca all’atto della redazione del verbale di nomina del difensore e di elezione del domicilio in data 4 febbraio 2010;

– che, all’esito delle indagini preliminari, la Procura presso il Tribunale di Bolzano aveva avanzato il 29 marzo 2010 richiesta di emissione del decreto penale di condanna al Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale, che l’aveva accolta, emettendo il 31 marzo 2010 il decreto penale n. 396 di condanna alla pena della multa di Euro 48.325,00;

– che detto decreto era stato notificato – per mezzo della posta – il 17 aprile 2010 (sabato) a essa ricorrente, che ne aveva disposto la trasmissione al suo difensore di fiducia, avv. Pancheri, per i successivi incombenti;

– che la segretaria incaricata, apposto il timbro d’ingresso del decreto penale nella società Jade del 19 aprile 2010 (lunedì), l’aveva inviato allo studio dell’avv. Pancheri a mezzo messaggio e- mail, con il quale aveva anche comunicato il ricevimento per posta dell’atto il 19 aprile 2010, inducendo in errore il destinatario;

– che l’atto di opposizione, predisposto dal difensore il 3 maggio 2010 e depositato il giorno successivo, era stato dichiarato inammissibile ed esecutivo alla data del 4 maggio 2010, perchè proposto fuori termine, dal Giudice per le indagini preliminari con ordinanza del 6 maggio 2010;

– di avere presentato in data 17 maggio 2010 la richiesta di restituzione in termini per proporre opposizione ai sensi dell’art. 175 cod. proc. pen., sul rilievo in fatto che aveva appreso successivamente dalla cancelleria che il termine era scaduto il 3 maggio 2010, primo giorno utile dopo quello festivo del 2 maggio 2010, e che la relazione di notifica era stata redatta in lingua italiana, nonostante l’operata scelta della lingua tedesca, quale lingua processuale, e sul rilievo in diritto che ricorrevano i presupposti per la restituzione in termini per l’incolpevole osservanza del termine da ricondurre a fatto del terzo, per la comprovata sua volontà di proporre opposizione, per la nullità della notificazione ai sensi del D.P.R. n. 574 del 1998, art. 15, comma 3, per l’omessa traduzione in lingua tedesca di gran parte degli atti del processo e per l’incostituzionalità della predetta norma per l’omessa previsione della sospensione dei termini, ove presentata dall’interessato istanza di traduzione degli atti.

2.2. Tanto premesso la ricorrente formula cinque motivi di ricorso.

2.2.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia inosservanza e/o erronea applicazione dell’art. 175 c.p.p., comma 2, e motivazione carente e/o contraddittoria in ordine ai presupposti per la restituzione in termini per l’opposizione a decreto penale di condanna.

Secondo la ricorrente, il giudice ha escluso la configurabilità delle ipotesi di caso fortuito o forza maggiore nel mancato o inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell’incarico di proporre opposizione, fermandosi alla disciplina dettata dall’art. 175 c.p.p., comma 1, senza considerare la diversa previsione del comma 2 della stessa norma, che riguarda la restituzione nel termine per l’impugnazione delle pronunce di condanna e che suppone la prova da parte dell’interessato di non essersi volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento e del provvedimento, di essersi avvalso di ogni mezzo dell’ordinamento giuridico per impugnare in termini e di non avere volontariamente rinunciato all’impugnazione o all’opposizione.

Nè, ad avviso della ricorrente, si è tenuto conto che nella specie sussistevano gli indicati presupposti, non essendovi stata volontaria rinuncia all’opposizione da parte di essa ricorrente, che, ricevuta la notifica del decreto, si è attivata perchè la ricezione dell’atto fosse comunicata al difensore, conferendo allo stesso incarico di fare opposizione, poi effettivamente proposta; non essendo addebitabile a essa ricorrente, che non ha volontariamente rinunciato all’opposizione, che anzi ha personalmente firmato, l’inosservanza del termine per errore del difensore, ed essendo dipeso, in ogni caso, il mancato rispetto dei termini da colpa addebitabile alla segretaria, immediatamente incaricata di trasmettere l’atto al difensore.

2.2.2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia inosservanza e/o erronea applicazione degli artt. 462 e 175 cod. proc. pen., deducendo l’erroneo rigetto dell’istanza di restituzione in termini per proporre opposizione e formulare istanza di oblazione, avanzata anche per mancata effettiva conoscenza dell’atto e del suo contenuto per l’insufficienza degli avvisi contenuti nel decreto penale.

2.2.3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia inosservanza e/o erronea applicazione dell’art. 460 c.p.p., lett. e), art. 141 disp. att. cod. proc. pen. e art. 178 c.p.p., lett. c), e motivazione carente sul punto, deducendo la nullità del decreto penale privo degli avvisi di legge, finalizzati a garantire la partecipazione dell’imputato al processo e l’effettività del suo diritto di difesa, e, in particolare, dell’avviso riguardante la possibilità per l’ingiunto di fare domanda di oblazione, stante l’inidoneità della clausola di stile volta a rimettere all’interessato la valutazione dei requisiti per l’oblazione.

2.2.4. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia inosservanza e/o erronea applicazione del D.P.R. n. 574 del 1988, art. 15, comma 3, attesa la nullità della notificazione, atto del procedimento cui si riferisce l’indicata norma, in quanto redatta in lingua italiana, diversa da quella prescelta.

2.2.5. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia inosservanza e/o erronea applicazione del D.P.R. n. 574 del 1988, art. 15, comma 3, e motivazione carente e/o contraddittoria, in relazione all’affermata possibilità, nel caso concreto, di richiedere la traduzione degli atti delle indagini preliminari immediatamente dopo la notifica del decreto di perquisizione redatto in lingua tedesca, e nell’ambito dell’opposizione insieme alla richiesta di celebrazione del giudizio o del rito alternativo, nonostante il breve termine di quindici giorni, a disposizione dell’imputato destinatario del decreto penale, per fare opposizione, chiedere la traduzione degli atti non tradotti e predisporre la sua difesa.

Secondo la ricorrente, in forza di una lettura costituzionalmente orientata della disciplina del procedimento per decreto, l’emissione del decreto penale di condanna deve essere subordinata alla verifica da parte del giudicante della effettiva e integrale redazione o traduzione degli atti d’indagine, a cura dell’autorità procedente, nella lingua scelta dall’imputato, dovendosi, in caso contrario, sospendere il termine di cui all’art. 461 cod. proc. pen. fino all’effettiva consegna degli atti tradotti.

Ove tale lettura non sia possibile, si pone, ad avviso della ricorrente, la questione di legittimità costituzionale del predetto art. 15 in relazione alla lettura offertane dal G.i.p. nella parte in cui non prevede la sospensione dei termini per proporre opposizione sino alla scadenza del termine per richiedere la traduzione degli atti e, ove richiesta, fino alla loro effettiva traduzione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato in ogni sua deduzione.

2. Quanto al primo motivo, è destituita di fondamento la doglianza, secondo cui il Tribunale ha omesso di prendere in considerazione la richiesta di restituzione in termini secondo la disciplina dettata dall’art. 175 c.p.p., comma 2, limitandosi a esaminare la richiesta sulla base della disciplina dettata dal comma 1, stesso art..

Tale censura si fonda sulla premessa indimostrata, e anzi esclusa dalle stesse deduzioni difensive indicate nella premessa dell’ordinanza impugnata e richiamate nel ricorso, che la richiesta sia stata formulata ai sensi dell’art. 175 c.p.p., comma 2, essendo dedotto in ricorso che il decreto penale è stato notificato alla ricorrente a mezzo del servizio postale e che il termine per l’opposizione, cui la ricorrente era interessata, non è stato osservato per fatto del terzo.

Attesa tale prospettazione, la richiesta non può essere ricondotta alla previsione dell’art. 175 c.p.p., comma 2, che esclude il rimedio della restituzione ove risulti la conoscenza del procedimento ovvero del provvedimento e la volontaria rinunzia riferibile, alternativamente, al procedimento (dunque, rinuncia a partecipare) o al provvedimento conclusivo (dunque, rinuncia a impugnare), essendo il dato testuale inequivocabile nel senso che, ai fini della restituzione nel termine per l’impugnazione di pronuncia di condanna (contumaciale), è necessario che sussistano simultaneamente le condizioni della mancata conoscenza del procedimento, accompagnata dalla mancata volontaria rinuncia a comparire, e della mancata conoscenza del provvedimento, accompagnata dalla mancanza di volontaria rinuncia a impugnare, e che a impedire l’attivazione del rimedio è sufficiente il difetto di una soltanto di tali condizioni, come più volte affermato da questa Corte (Sez. 1, n. 32984 del 15/06/2010, dep. 08/09/2010, Condello, Rv. 248008; Sez. 1, n. 20862 del 30/03/2010, dep. 03/06/2010 Matrone).

3. La deduzione pure sviluppata con il primo motivo che l’inosservanza del termine per proporre opposizione, dipendente da fatto della segretaria o da errore del difensore, non è opponitele all’imputato che non abbia rinunciato all’opposizione, mentre non consente di inquadrare la richiesta nella previsione dell’art. 175 c.p.p., comma 2, attese le condizioni richieste e non ricorrenti nella specie, non è neppure riconducibile alla previsione del comma 1, stesso art..

3.1. Questa Corte ha affermato con orientamento ormai pacifico che costituisce causa di forza maggiore quel fatto umano o naturale al quale non può opporsi una diversa determinazione volitiva, mentre si definisce caso fortuito ogni evento non evitabile con la normale diligenza e non imputabile al soggetto a titolo di colpa o dolo, e che, quindi, mentre entrambi si connotano per la "inevitabilità" del fatto, il caso fortuito si caratterizza per la sua "imprevedibilità" e la forza maggiore per la sua "irresistibilità" (Sez. U, n. 14991 del 11/04/2006, dep. 28/04/2006, De Pascalis, Rv. 233419).

Sulla base di tali premesse, si è più volte affermato che il mancato o inesatto adempimento dell’incarico da parte del difensore di fiducia, consistente, in via esemplificativa, nell’omessa partecipazione al processo o nell’omessa informazione dell’avvenuta notifica della sentenza contumaciale o nella omessa proposizione della impugnazione, a qualsiasi causa ascrivibile, non è idoneo a realizzare l’ipotesi di caso fortuito o forza maggiore che legittima la restituzione in termini, nè, in caso di sentenza contumaciale, quella dell’assenza di colpa dell’imputato nel non aver avuto effettiva conoscenza del provvedimento ai fini della tempestiva impugnazione, poichè incombe all’imputato l’onere di scegliere un difensore professionalmente valido e di vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico allo stesso conferito (tra le altre, Sez. 3, n. 17964 del 08/04/2010, dep. 11/05/2010, Moussaid e altro, Rv.

247158; Sez. 2, n. 12922 del 09/03/2007, dep. 29/03/2007, Rosati, Rv.

236389; Sez. 2, n. 49179 del 11/11/2003, dep. 22/12/2003, Sulli, Rv.

227696; Sez. 2, n. 48243 del 11/11/2003, dep. 17/12/2003, La Spina, Rv. 227085), non potendo assimilarsi l’ipotesi dell’errore, o di omissione causata da errore, ai fini della restituzione in termini di cui all’art. 175 cod. proc. pen., alle ipotesi di caso fortuito e forza maggiore, perchè queste si concretano in forze impeditive non altrimenti vincibili, mentre il primo, consistendo in una falsa rappresentazione della realtà, è vincibile mediante la normale diligenza e attenzione (Sez. 5, n. 626 del 01/02/2000, dep. 28/02/2000, Bettili, Rv. 215490).

4. L’infondatezza del secondo motivo discende dal rilevo che, in tema di restituzione nel termine per proporre opposizione a decreto penale di condanna, l’errore sul termine utile per presentare l’opposizione e sulle modalità per la domanda di oblazione, determinato dalla mancanza di qualsiasi riferimento espresso al riguardo nel decreto penale, non costituisce un’ipotesi di caso fortuito o forza maggiore, rilevante ai sensi dell’art. 175 c.p.p., comma 1, (Sez. 3, n. 20290 del 10/05/2006, dep. 14/06/2006, Fosecchi, Rv. 233866), nè, una volta accertato che il decreto – e gli avvisi in esso contenuti – sono stati correttamente notificati alla ricorrente, come nella specie, può fondare la restituzione in termini ai sensi dell’art. 175 c.p.p., comma 2. 5. Anche il terzo motivo è infondato.

L’art. 460 cod. proc. pen. prevede alla lett. e) che il decreto penale deve contenere l’avviso che l’imputato può proporre opposizione nel termine di quindici giorni e che mediante l’opposizione può chiedere il giudizio immediato, il giudizio abbreviato o l’applicazione della pena a norma dell’art. 444 cod. proc. pen..

Lo stesso art. 460 cod. proc. pen., alla lett. f), prevede inoltre che il decreto penale deve contenere anche l’avvertimento che, in caso di mancata opposizione, esso diventa esecutivo.

Per quanto concerne l’oblazione in particolare, l’art. 141 disp. att. c.p.p., commi 2 e 3, dispone che, che, qualora il Pubblico Ministero non vi abbia già autonomamente provveduto, il decreto penale deve recare anche l’avviso all’interessato che ha facoltà di chiedere di essere ammesso all’oblazione e che il pagamento di essa estingue il reato.

Nella specie, lo stesso ricorrente conferma che il decreto conteneva tali indicazioni, essendosi solo dedotto l’uso di formula di stile quanto alla possibilità di chiedere l’oblazione, non considerandosi che la valutazione di fruire di tale possibilità, ricorrendone i presupposti, rientra nella facoltà dell’interessato e che nessuna nullità è ipotizzabile in relazione alla mancata indicazione nel decreto stesso delle modalità della richiesta di oblazione, stante il principio di tassativitò delle nullità. 6. Destituito di fondamento è anche il quarto motivo, con il quale è denunciata la nullità della notificazione del decreto perchè redatta in lingua italiana, e quindi in lingua diversa da quella processuale, prescelta dalla ricorrente, e la notificazione è atto del procedimento cui si riferisce il D.P.R. n. 574 del 1988, art. 15, comma 3, dovendo, al riguardo, rilevarsi che la notifica del decreto penale è stata eseguita a mezzo del servizio postale, la relazione di notificazione, atto dell’ufficiale giudiziario, conteneva solo, come per legge, l’indicazione dell’ufficio postale per mezzo del quale l’atto è stato trasmesso, del destinatario e del numero di registro cronologico, e l’atto notificato, redatto in lingua tedesca è stato ricevuto, il 17 aprile 2010, dalla destinataria, odierna ricorrente, che ha sottoscritto l’avviso di ricevimento.

7. Del tutto infondato è il quinto motivo, sia nella parte in cui si deduce inosservanza e/o erronea applicazione del D.P.R. n. 574 del 1988, art. 15, comma 3, sia nella parte relativa alla dedotta questione di legittimità costituzionale, attesa la genericità della deduzione nel suo riferimento ad atti delle indagini preliminari, che si assumono non tradotti e non specificati, sì da poter valutare la fondatezza della richiesta e delibare la prospettata questione.

8. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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