Cass. civ. Sez. II, Sent., 02-02-2012, n. 1482 Divisione

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Svolgimento del processo

Con sentenza n. 236/2005, depositata in cancelleria il 13.4.2005, il Tribunale di Marsala ordinava lo scioglimento della comunione ereditaria relativa ai beni relitti da P.S., deceduto ab intestato, provvedendo all’assegnazione dei beni ai singoli condividenti e dando atto che "a seguito di non contestate cessioni di quote ereditarie tra i medesimi,sono rimasti condividenti dell’originario asse ereditario B.R., B.L. e B.S.".

Avverso tale sentenza proponeva appello P.S., deducendo di aver acquistato da B.R., con atto di transazione e compravendita per Notar Giubilato del 9.2.1999, la quota pari a 2/14 indivisi del fondo rustico sito in (OMISSIS); lamentava, con il primo motivo di gravame, che la sentenza impugnata era stata pronunciata senza che il contraddittorio fosse integro, non avendo egli partecipato al giudizio e chiedeva, quindi, la rimessione della causa al primo giudice, ex art. 354 c.p.c.. con il secondo motivo di impugnazione rilevava che il Tribunale di Marsala aveva assegnato a B.R., sua dante causa, solamente dei crediti e non la quota in natura che era stata oggetto del trasferimento in suo favore con detto atto del 9.2.1999.

Resisteva al gravame B.L.. Con sentenza depositata in cancelleria in data 11.8.2010, la Corte d’Appello di Palermo osservava, con riguardo al primo motivo di impugnazione, che in caso di successione a titolo particolare del diritto controverso, il processo continua, come previsto dall’art. 111 c.p.c., tra le parti originarie senza che sia necessaria la partecipazione al giudizio dell’acquirente e, con riguardo al secondo motivo, che la genericità della doglianza, con cui si sosteneva che la natura transattiva dell’atto intervenuto tra B.R. ed il P. avrebbe impedito "la sostituzione dell’oggetto del negozio", ne comportava l’inammissibilità.

Tale decisione è impugnata da P.S. con ricorso per cassazione affidato a due motivi. Resiste con controricorso e successiva memoria B.L..

Motivi della decisione

Il ricorrente deduce:

1) violazione e falsa applicazione degli artt. 110 e 111 c.p.c. nonchè degli artt. 300, 101, 102 e 784 c.p.c. e dell’art. 111 Cost.;

omessa e insufficiente motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio;

nella specie, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di merito, non si era verificata una successione nel diritto controverso, ex art. 111 c.p.c., ma una successione nel processo, ai sensi dell’art. 110 c.p.c., sicchè dovevano applicarsi gli artt. 300, 301, 101 e 102 c.p.c. con conseguente integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri eredi litisconsorzi necessari, compreso esso ricorrente, divenuto comproprietario di parte del fondo oggetto di divisione per acquisto inter vivos da B.R., prima che la stessa fosse citata nel giudizio di divisione sicchè, essendo divenuto litisconsorte necessario, aveva diritto ad essere parte del giudizio stesso; la Corte territoriale aveva,peraltro, omesso di considerare che il processo di primo grado in cui, a seguito del decesso di P.R., si era costituito uno solo degli eredi della parte deceduta, B.L., avrebbe dovuto produrre, nei confronti degli altri eredi, l’estinzione del procedimento in caso di mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i litisconsorti.

2) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo per il giudizio, laddove i giudici di appello avevano disatteso il secondo motivo di impugnazione con cui si deduceva che la natura transattiva dell’atto di vendita tra il P. e la B. non consentiva che, in sede di divisione, potesse essere sostituito l’oggetto del negozio e che alla B. o ai suoi aventi causa non fosse assegnata una quota del fondo alienata dalla B. stessa ad esso ricorrente. Osserva il Collegio:

la prima censura, con riferimento alla mancata applicazione dell’art. 784 c.p.c., è fondata; in aderenza alla giurisprudenza consolidata di questa Corte, la disposizione dell’art. 784 c.p.c., secondo cui la domanda di divisione ereditaria deve essere proposta nei confronti di tutti gli eredi, va coordinata all’altra previsione, contenuta nella medesima norma, secondo cui, nell’ipotesi di comunione ordinaria, la domanda deve essere proposta nei confronti di tutti i condomini, con la conseguenza che, ai fini del litisconsorzio necessario, rileva la partecipazione alla comunione intesa come titolarità di diritti comuni e non la qualità di erede in sè considerata(Cfr. Cass. n. 12242/2011; n. 7862/90; n. 4322/87; n. 3451/1977). Ne deriva che il ricorrente, quale cessionario e contitolare di quota ideale di un bene comune, oggetto del giudizio di divisione, rivestiva la qualità di litisconsorte necessario ed aveva, quindi, il diritto di partecipare al giudizio di divisione, costituendo la partecipazione attuale alla comunione l’elemento caratterizzante ai fini del litisconsorzio ed avendo egli uno specifico interesse alla divisione con riferimento all’assegnazione dei beni oggetto dell’atto di cessione da parte della coerede B.R., presuntivamente priva,invece, di tale interesse in relazione all’attribuzione dei beni da lei ceduti. E’ evidente, infatti, in relazione alla finalità del giudizio di divisione, consistente nel porre fine al regime della comunione, che per la tutela concreta del contraddittorio, è necessaria, in base al principio generale dell’interesse ad agire di cui all’art. 100 c.p.c., la partecipazione al giudizio medesimo di tutti coloro che vi sono direttamente ed attualmente interessati, atteso che nella loro sfera giuridica patrimoniale possono effettivamente riflettersi i possibili vantaggi e pregiudizi derivanti dalla divisione dei beni.

In violazione di detti principi la Corte di merito ha erroneamente ravvisato, nel caso in esame, un’ipotesi di successione a titolo particolare nel diritto controverso, ai sensi dell’art. 111 c.p.c., escludendo la necessità della partecipazione al giudizio del P. e ritenendo che il processo dovesse continuare tra le parti originarie, titolari dei beni ereditari.

La mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del P., rilevabile in qualunque stato e grado del processo, anche d’ufficio, comporta che la sentenza impugnata, in accoglimento del primo motivo di ricorso, rimanendo assorbito il secondo motivo, deve essere cassata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Palermo che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo motivo;

cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte di Appello di Palermo.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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