Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 25-05-2011) 23-09-2011, n. 34638 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 18-11-2009 la Corte di Appello di Trieste confermava nei confronti di T.S. la sentenza emessa dal Giudice monocratico del Tribunale di Udine, in data 23-5- 2006,appellata da T.S., ritenuto responsabile di due reati di minaccia semplice, ritenute unificate ai sensi dell’art. 81 cpv. c.p., e previa concessione delle attenuanti generiche, condannato alla pena di Euro 50,00 di multa,oltre al risarcimento del danno in favore della persona offesa costituitasi parte civile, che veniva liquidato in complessivi Euro 1.000,00 – oltre accessori.

L’imputato era stato assolto dagli altri reati ascrittigli, ex artt. 81, 424 e 614 c.p., art. 61 c.p., n. 2 per non aver commesso il fatto.

Gli episodi di minacce si erano verificati in seguito alla interruzione di una relazione sentimentale del T., come descritto in sentenza, ove si evidenziava il movente della gelosia,atteso che la giovane, dopo la interruzione della relazione si era fidanzata con F.N..

L’imputato aveva inviato due messaggi telefonici il (OMISSIS) al rivale, minacciandolo con le frasi riportate al capo a) della sentenza di appello;

inoltrerei mese di ottobre,aveva rivolto ad entrambi i fidanzati la minaccia indicata al capo D) con le parole: "… potete fare quello che volete ma tanto vi ammazzo tutti e due".

Avverso tale sentenza proponeva ricorso il difensore dell’imputato,deducendo la erroneità,oltre che carenza della motivazione,ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. E) circa la sussistenza dei reati contestati, ed il travisamento dei fatti.

Rilevava al riguardo che sia la Corte di Appello che il Tribunale avevano inadeguatamente motivato circa l’attendibilità della persona offesa ( F.) e della teste ( S.), la cui deposizione si riteneva dalla difesa contrastante con quella della parte civile.

Ad avviso del ricorrente gli episodi di minaccia erano stati riferiti solo dal soggetto costituitosi parte civile,ed erano stati anche smentiti dalla teste S..

La difesa censurava anche la mancata valutazione dell’attendibilità della teste innanzi indicata.

Il ricorrente considerava inattendibile la persona offesa,e concludeva evidenziando che la Corte territoriale aveva ritenuto attendibile il F., mentre era stata d’altra parte disattesa la versione della persona offesa,pronunziando l’assoluzione dell’imputato dalle residue imputazioni.

Per tali motivi il ricorrente chiedeva l’annullamento della impugnata sentenza.

Motivi della decisione

Il ricorso risulta inammissibile per manifesta infondatezza.

Invero la Corte ha motivato correttamente e adeguatamente sulla consistenza degli elementi probatori, rilevando che la versione della parte offesa, per quanto riguardava i messaggi dal contenuto minatorio descritto in epigrafe, risultava avvalorata da deposizione di un agente che aveva raccolto la denunzia.

La motivazione resa sulla attendibilità della versione accusatoria della persona offesa non può essere ritenuta pertanto viziatale per illogicità, nè per travisamento del fatto contestato.

D’altra parte le censure difensive non individuano alcun elemento fattuale di valenza scriminante per l’imputato, che sia stato in qualche modo trascurato o travisato dal Giudice di appello.

Devono dunque ritenersi del tutto infondati i rilievi difensivi inerenti alla illogicità e carenza della motivazione.

Va altresì rilevata l’inammissibilità delle deduzioni in fatto svolte dal ricorrente al fine di inficiare, peraltro in senso meramente generico, la valutazione di merito effettuata dal Giudice di appello circa pretese difformità tra la versione della persona offesa e la deposizione di un teste, restando smentite le censure difensive dal coerente e logico argomentare della Corte territoriale sui punti essenziali ai fini probatori, avendo reso su tutti i fatti oggetto di contestazione specifica ed esauriente motivazione (a paragrafo n. 4 della sentenza impugnata).

Appare pertanto rispettato il criterio stabilito dalla giurisprudenza di legittimità (per cui va annoverata sentenza Sez. 4 del 9-4-2004, n.l6860, Verardi e altro – RV 227901) circa la valutazione ai fini probatori delle dichiarazioni della persona offesa, che, nella specie, risultano rapportate ad ulteriori elementi (Cass.Sez. 1 – 14 giugno 2000, n. 7027, Di Tella – RV216180) – sub art. 192 c.p.p..

Resta del tutto infondata pertanto anche la censura di violazione dell’art. 533 c.p.p. nella attuale formulazione, stante la attestata esistenza della condotta delittuosa non smentita da alcun dato rappresentato dalla difesa appellante.

La Corte deve dunque dichiarare l’inammissibilità del ricorso condannando come per legge il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si determina in Euro 1.000.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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