Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 25-05-2011) 23-09-2011, n. 34636

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 13 maggio 2010 il giudice di pace di Giulianova ha dichiarato P.P. colpevole del delitto di ingiuria continuata ai danni di Pi.Br., condannandolo quindi alla pena di legge.

La prova del commesso reato è stata ravvisata nella deposizione della persona offesa, ritenuta attendibile per la sua coerenza, riscontrata inoltre dalla deposizione della teste Pi.Ma.

L..

Ha proposto personalmente ricorso per cassazione l’imputato, affidandolo a un solo motivo. Con esso denuncia carenza di motivazione e inosservanza di legge in ordine al diniego dell’esimente della provocazione.

Il ricorso è inammissibile, in quanto basato su motivi non consentiti.

Infatti le censure con esso elevate, dietro l’apparente denuncia di vizi della motivazione, si traducono nella sollecitazione di un riesame del merito – non consentito in sede di legittimità – attraverso la rinnovata valutazione degli elementi probatori acquisiti.

Il giudice di pace ha dato pienamente conto delle ragioni che l’hanno indotto a disattendere l’istanza di applicazione dell’art. 599 c.p.;

ha rilevato, infatti, che "dall’esame dei testi non sono emerse condotte offensive poste in essere nei confronti dell’imputato, nè condotte della stessa parte offesa che abbiano determinato subito dopo uno stato d’ira nell’imputato".

Della linea argomentativa così sviluppata il ricorrente non segnala alcuna caduta di consequenzialità, che emerga ictu oculi dal testo stesso del provvedimento; mentre il suo tentativo di accreditare la tesi della provocazione – che si sarebbe concretata in un non meglio precisato lancio di pietre, come par di capire dal tenore del ricorso, vistosamente generico sul punto e quindi viziato anche sotto il profilo del requisito di specificità – si risolve nella prospettazione del fatto storico alternativa a quella fatta motivatamente propria dal giudice di merito: il che non può trovare spazio nel giudizio di cassazione.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso conseguono le statuizioni di cui all’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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