Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 25-05-2011) 23-09-2011, n. 34635

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 16 giugno 2010 la sezione minorile della Corte d’Appello di Bologna, confermando la decisione assunta dal locale Tribunale per i Minorenni, ha riconosciuto T.E.E. responsabile del delitto di lesione volontaria aggravata in danno di K.J., per averlo colpito alla testa col manico di una scopa durante un diverbio all’interno del carcere minorile di (OMISSIS).

Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore, affidandolo a due motivi.

Col primo motivo il ricorrente eccepisce la nullità del giudizio di secondo grado per essere stato ingiustificatamente negato il rinvio del dibattimento per impedimento professionale del difensore, segnalato al collegio e documentato.

Col secondo motivo ripropone la linea difensiva basata sulla scriminante della legittima difesa, sostenendo di avere colpito K.J. dopo che questi lo aveva afferrato per il collo.

Il ricorso è privo di fondamento e va disatteso.

Il primo motivo si traduce nella riproposizione della tesi giuridica secondo cui l’istanza di rinvio per impedimento del difensore, presentata pochi giorni prima dell’udienza del 16 giugno 2010 sebbene l’impedimento fosse noto fin dal 22 aprile, dovrebbe nondimeno considerarsi tempestiva in quanto l’organizzazione dei propri impegni professionali e il relativo coordinamento coi colleghi di studio, e coi possibili eventuali sostituti processuali, aveva richiesto al difensore un mese di preparazione. L’assunto non può trovare consenso: sia perchè le prospettate esigenze di organizzazione e coordinamento coi colleghi non avrebbero potuto ragionevolmente richiedere un tempo superiore a pochi giorni; sia perchè, pur ipoteticamente aderendo alla valutazione del ricorrente, anche il decorso di un mese per accertare l’impossibilità di farsi sostituire avrebbe consentito al difensore di segnalare il proprio impedimento con un anticipo di oltre venti giorni, rispetto alla data dell’udienza: sicchè l’argomento addotto non reca alcuna effettiva giustificazione al ritardo nella comunicazione dell’impedimento, effettuata a ridosso della data stabilita.

Giuridicamente corretta è, pertanto, la decisione assunta dalla Corte d’Appello in applicazione dell’art. 420 ter c.p.p., comma 5 (richiamato dall’art. 484 c.p.p., comma 2 bis), il cui testo prescrive che l’impedimento del difensore possa dar luogo al rinvio dell’udienza soltanto se "prontamente comunicato".

Il secondo motivo è inammissibile, in quanto esulante dal novero di quelli consentiti dall’art. 606 c.p.p..

Infatti le censure con esso elevate, dietro l’apparente denuncia di vizi della motivazione, si traducono nella sollecitazione di un riesame del merito – non consentito in sede di legittimità – attraverso la rinnovata valutazione degli elementi probatori acquisiti.

La Corte territoriale ha dato pienamente conto delle ragioni che l’hanno indotta a ritenere inapplicabile alla fattispecie la scriminante della legittima difesa; ha considerato, in proposito, che l’affermazione resa dall’imputato, di essere stato afferrato per il collo da K.J. e di avere reagito per difendersi, non aveva trovato alcun conforto nel materiale probatorio acquisito: sia perchè nessuno aveva visto segni sul collo del T., sia perchè costui si era recato in infermeria – per sua stessa ammissione – solo il giorno successivo e non nell’immediatezza dell’episodio. Sotto altro profilo ha osservato quel collegio che le dichiarazione difensive dell’imputato apparivano inverosimili perchè non reali- stiche: non potendosi pensare che egli, sebbene afferrato per il collo dall’antagonista, avesse avuto la possibilità di armarsi di un manico di scopa e colpirlo alla testa con forza, malgrado la propria condizione di asserita inferiorità.

Nella linea argomentativa così sviluppata non si ravvisa alcuna caduta di consequenzialità, che emerga ictu oculi dal testo stesso del provvedimento; mentre il tentativo del T. di accreditare la tesi di un proprio immediato accompagnamento in infermeria si risolve nella prospettazione del fatto storico alternativa a quella fatta motivatamente propria dal giudice di merito: il che non può trovare spazio nel giudizio di cassazione.

Al riguardo non sarà inutile ricordare che, per consolidata giurisprudenza, pur dopo la modifica legislativa dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) introdotta dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8 al giudice di legittimità resta preclusa – in sede di controllo sulla motivazione – la rivisitazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (Cass. 15 marzo 2006 n. 10951); e il riferimento ivi contenuto anche agli "altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame" non vale a mutare la natura del giudizio di legittimità come dianzi delimitato, rimanendovi comunque estraneo il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali (Cass. 22 marzo 2006 n. 12634).

Malgrado l’infondatezza del ricorso, lo stato di minore età dell’imputato al momento del fatto lo preserva dalla condanna al pagamento delle spese processuali.

Va disposto l’oscuramento dei dati identificativi.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso. Dispone l’oscuramento dei dati identificativi.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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