T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 13-10-2011, n. 7914

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con delibera del 19 gennaio 2010, la Commissione centrale ex art 10 del D.l. n. 8/1991 ha revocato il programma speciale di protezione precedentemente adottato nei confronti di D.M., in quanto coniuge di un collaboratore di giustizia, nonché dei suoi familiari.

La revoca è stata disposta in quanto con nota del 28 dicembre 2009 il Servizio Centrale di Protezione ha restituito il programma speciale di protezione, non sottoscritto dalla D. e dai familiari maggiorenni.

Tuttavia, al programma è stata allegata una istanza della D. che ha specificato le ragioni del rifiuto di firmare.

In considerazione del rifiuto di sottoscrivere il programma speciale di protezione e rilevato che, ai sensi dell’art. 9, comma 3, del DM 23 aprile 2004 n. 161, il rifiuto di firmare l’atto indicato determina, in ogni caso, la revoca delle speciali misure di protezione o del programma, la Commissione Centrale ha ritenuto di poter soprassedere a qualunque valutazione di merito, ed ha revocato il programma di protezione disponendo, al contempo, l’adozione delle ordinarie misure di sicurezza da parte delle competenti autorità di pubblica sicurezza.

Ritenendo erronee ed illegittime le determinazioni assunte dalla Commissione centrale, l’interessato le ha impugnate dinanzi al TAR del Lazio, avanzando le domande indicate in epigrafe.

L’Amministrazione resistente, costituitasi in giudizio, ha sostenuto l’infondatezza del ricorso e ne ha chiesto il rigetto.

All’udienza del 23 giugno 2011 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

Motivi della decisione

1. La parte ricorrente ha avanzato un unico articolato motivo di ricorso per contestare il provvedimento impugnato, deducendo i vizi di eccesso di potere e violazione e falsa applicazione dell’art. 9, co. 3, DM n. 161/2004, e dell’art. 13 quater, della legge n. 82/1991, difetto di istruttoria, contraddittoria, erronea ed insufficiente motivazione.

In particolare, la ricorrente ha evidenziato che: – la delibera di revoca dello speciale programma di protezione risulta ancorata all’errato presupposto che la D. fosse "coniuge del collaboratore di giustizia Orsi Michele", non tenendo in alcun conto che Orsi Michele non ha mai rivestito formalmente la figura di "collaboratore di giustizia" in quanto, all’epoca, era semplicemente un "indagato dichiarante"; – del resto, l’ammissione alle speciali misure di protezione è stata deliberata dopo che si era già verificato il decesso dell’Orsi (1/6/2008); – proprio a seguito della morte del marito, la D. ha maturato la decisione di collaborare con la giustizia; – dunque, l’Amministrazione avrebbe dovuto considerarla una "testimonè e avrebbe dovuto disporre un programma speciale specifico per la protezione dei testimoni di giustizia, ex artt. 16 bis e 16 ter, del D.l. n. 8/1991; – questa è la ragione per la quale la D. ha rifiutato di sottoscrivere il programma speciale di protezione; – in sostanza, la Commissione centrale, erroneamente, ha ritenuto che la D. non fosse un "testimone di giustizià ma fosse coniuge di un "collaboratore di giustizia", e, pur dando atto nel provvedimento impugnato del fatto che il "rifiutò fosse stato motivato, ha, poi, omesso di considerate tali motivazioni; – è ovvio, infatti, che la sanzione automatica della revoca del programma speciale di protezione può essere disposta solo ove il rifiuto di sottoscriverlo sia ingiustificato, sicché la Commissione centrale non può assumere provvedimenti negativi se non esponendo le ragioni per le quali abbia ritenuto infondati i motivi del rifiuto di firmare il programma.

La ricorrente ha anche avanzato una istanza istruttoria al fine di acquisire in giudizio, oltre all’atto impugnato, tutti gli atti ad esso presupposti, preparatori, connessi e conseguenti.

2. L’Amministrazione resistente si è difesa in giudizio depositando note e documenti relativi alla vicenda, contestando le censure avanzate dalla parte ricorrente, affermando l’infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.

3. Il deposito degli atti relativi al procedimento ed al provvedimento contestato rendono superfluo provvedere in merito all’istanza istruttoria avanzata dalla ricorrente.

4. Ciò posto e passando a considerare il merito della controversia, è opportuno, prima di valutare le censure avanzate dalla parte ricorrente, esaminare il quadro normativo dettato in materia di protezione dei collaboratori e testimoni di giustizia.

La materia trova la sua disciplina primaria nel D.L. 15 gennaio 1991, n. 8 (recante Nuove norme in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e per la protezione dei testimoni di giustizia, nonché per la protezione e il trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia) pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 15 gennaio 1991, n. 12 e convertito in legge, con modificazioni, con L. 15 marzo 1991, n. 82 (in G.U. 16 marzo 1991, n. 64), come modificato dalla legge 13 febbraio 2001, n. 45.

La disciplina dettata in materia, è completata dalla normativa di rango secondario contenuta nel D.M. 23 aprile 2004, n. 161 (recante il Regolamento ministeriale concernente le speciali misure di protezione previste per i collaboratori di giustizia e i testimoni, ai sensi dell’articolo 17bis del D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 marzo 1991, n. 82, introdotto dall’articolo 19 della L. 13 febbraio 2001, n. 45), emanato dal Ministero dell’Interno (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 25 giugno 2004, n. 147).

Per quanto concerne la protezione dei Collaboratori di giustizia, il Capo II, del D.L. n. 8/1991, all’articolo 9 (Condizioni di applicabilità delle speciali misure di protezione) stabilisce che alle persone che tengono le condotte o che si trovano nelle condizioni previste dai commi 2 e 5 del medesimo articolo 9, possono essere applicate speciali misure di protezione idonee ad assicurarne l’incolumità provvedendo, ove necessario, anche alla loro assistenza.

Le speciali misure di protezione sono applicate: 1) quando risulta la inadeguatezza delle ordinarie misure di tutela adottabili direttamente dalle autorità di pubblica sicurezza; 2) se si tratta di persone detenute o internate, dal Ministero della giustizia – Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, e risulta altresì che le persone nei cui confronti esse sono proposte versano in grave e attuale pericolo per effetto di talune delle condotte di collaborazione aventi le caratteristiche indicate nel comma 3 del medesimo articolo 9 e tenute relativamente a delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine costituzionale ovvero ricompresi fra quelli di cui all’articolo 51, comma 3bis, del codice di procedura penale e agli articoli 600bis, 600ter, 600quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all’articolo 600quater.1, e 600quinquies del codice penale.

Ai fini dell’applicazione delle speciali misure di protezione, il terzo comma dell’articolo 9 precisa che assumono rilievo la collaborazione o le dichiarazioni rese nel corso di un procedimento penale, le quali devono avere carattere di intrinseca attendibilità; devono, altresì, avere carattere di novità o di completezza o per altri elementi devono apparire di notevole importanza per lo sviluppo delle indagini o ai fini del giudizio ovvero per le attività di investigazione sulle connotazioni strutturali, le dotazioni di armi, esplosivi o beni, le articolazioni e i collegamenti interni o internazionali delle organizzazioni criminali di tipo mafioso o terroristicoeversivo o sugli obiettivi, le finalità e le modalità operative di dette organizzazioni. Nella determinazione delle situazioni di pericolo si tiene conto, oltre che dello spessore delle condotte di collaborazione o della rilevanza e qualità delle dichiarazioni rese, anche delle caratteristiche di reazione del gruppo criminale in relazione al quale la collaborazione o le dichiarazioni sono rese, valutate con specifico riferimento alla forza di intimidazione di cui il gruppo è localmente in grado di valersi (art. 9, comma 6).

I contenuti delle speciali misure di protezione sono stabiliti dall’articolo 13 del D.L. n. 8/1991 e dall’art. 7 del D.M. n. 161/2004, mentre l’articolo 9, comma 4 del medesimo decreto legge prevede che se le speciali misure di protezione indicate nell’articolo 13, comma 4, non risultano adeguate alla gravità ed attualità del pericolo, esse possono essere applicate anche mediante la definizione di uno speciale programma di protezione i cui contenuti sono indicati nell’articolo 13, comma 5 del medesimo decreto legge e nell’art. 8 del D.M. n. 161/2004, comprendendo, tra le altre, misure di assistenza personale ed economica (cfr. art. 13, commi 6 e ss., D.L. n. 8/1991).

Le speciali misure di protezione di cui al comma 4 dell’articolo 9 possono essere applicate anche a coloro che convivono stabilmente con le persone indicate nel comma 2 del citato articolo 13 nonché, in presenza di specifiche situazioni, anche a coloro che risultino esposti a grave, attuale e concreto pericolo a causa delle relazioni intrattenute con le medesime persone.

L’ammissione alle speciali misure di protezione, oltre che i contenuti e la durata di esse, sono deliberati dalla Commissione centrale di cui all’articolo 10, comma 2, del D.L. n. 8/1991, su proposta formulata dalla competente Autorità giudiziaria inquirente o dal Capo della PoliziaDirettore Generale della Pubblica Sicurezza (cfr. artt. 2 e ss., D.M. n. 161/2004), ai sensi dell’articolo 11 del citato decreto legge, il quale prevede i casi in cui è possibile chiedere un parere, rispettivamente, al Procuratore Nazionale Antimafia ed ai Procuratori Generali presso le Corti di Appello interessati, o al competente Procuratore della Repubblica.

L’ammissione alle speciali misure di protezione avviene all’esito dell’istruttoria del caso concreto e previa assunzione da parte delle persone protette degli impegni di cui all’art. 12 del D.L. n. 8/1991, specificati nell’art. 9, del D.M. n. 161/2004.

Per quanto concerne le doglianze aventi ad oggetto la violazione delle regole partecipative, va rilevato che la giurisprudenza, in tema di partecipazione ai procedimenti di cui al D.L. n. 8 del 1991, ha affermato che l’art. 10, comma 2ter, L. n. 82 del 1991 comporta l’esclusione dalla partecipazione al procedimento amministrativo, estrisencantesi nella cognizione di atti, degli accertamenti e verifiche poste in essere dall’Amministrazione o dei contributi di altri partecipanti e nella possibilità di interloquire in contraddittorio (Cons. Stato, Sez. VI, sent. n. 7387 del 13122006). Più in particolare, è stato precisato che la conoscenza degli atti afferenti ai procedimenti di competenza della Commissione istituita dall’art. 10, L. n. 82 del 1991, salvo l’esternazione dei provvedimenti finali nei limiti consentiti dalla norma, resta limitata ai soli soggetti preposti alla trattazione e, ove sia stata apposta classifica di segretezza, in possesso di apposito nulla osta (n.o.s.), corrispondente al grado di classifica dell’atto, rilasciato dall’Autorità Nazionale di Sicurezza (Cons. Stato, Sez. VI, sent. n. 7387 del 13122006). Del resto, l’articolo 13 della legge n. 241/1990 stabilisce chiaramente l’inapplicabilità degli artt. 7 e ss. della medesima legge ai procedimenti di cui al d.l. n. 8/1991.

L’art. 10, del D.M. n. 161/2004, disciplina la modifica e la verifica periodica delle speciali misure di protezione, precisando, in particolare, che: – la Commissione centrale può modificare le speciali misure di protezione ed il programma speciale di protezione attraverso l’introduzione, la modificazione, l’integrazione, l’abrogazione o la sospensione delle misure tutorie, di quelle assistenziali, nonché di quelle relative agli impegni previsti a carico degli interessati (comma 1); – le speciali misure di protezione e il programma speciale di protezione sono a termine (comma 7) ed il termine delle misure e dei programmi speciali di protezione – non inferiore a sei mesi e non superiore ai cinque anni – è fissato dalla Commissione centrale con lo stesso provvedimento con cui vengono adottati; in caso di mancata indicazione il termine è di un anno dalla data del provvedimento (comma 8).

Le speciali misure di protezione, oltre ad essere a termine, anche se di tipo urgente o provvisorio a norma dell’articolo 13, comma 1, del D.L. n. 8/1991, possono essere revocate o modificate, ai sensi dell’art. 13 quater del medesimo decreto legge, in relazione ai seguenti fatti o circostanze: – attualità del pericolo; – gravità del pericolo e idoneità delle misure adottate; – condotta delle persone interessate; – osservanza degli impegni assunti a norma di legge.

L’art. 13 quater, comma 2, del D.L. n. 8/1991, prevede ipotesi di revoca vincolata e ipotesi di revoca facoltativa.

In particolare, costituiscono fatti che comportano la revoca delle speciali misure di protezione: 1) l’inosservanza degli impegni assunti a norma dell’articolo 12, comma 2, lettere b) ed e); 2) la commissione di delitti indicativi del reinserimento del soggetto nel circuito criminale.

Costituiscono, invece, fatti valutabili ai fini della revoca o della modifica delle speciali misure di protezione: 1) l’inosservanza degli altri impegni assunti a norma dell’articolo 12; 2) la commissione di reati indicativi del mutamento o della cessazione del pericolo conseguente alla collaborazione; 3) la rinuncia espressa alle misure; 4) il rifiuto di accettare l’offerta di adeguate opportunità di lavoro o di impresa; 5) il ritorno non autorizzato nei luoghi dai quali si è stati trasferiti; 6) ogni azione che comporti la rivelazione o la divulgazione dell’identità assunta, del luogo di residenza e delle altre misure applicate.

L’art. 13 quater, comma 2, del D.L. n. 8/1991, prevede che nella valutazione da eseguire ai fini della revoca o della modifica delle speciali misure di protezione, specie quando non applicate mediante la definizione di uno speciale programma, si deve tenere particolare conto del tempo trascorso dall’inizio della collaborazione oltre che della fase e del grado in cui si trovano i procedimenti penali nei quali le dichiarazioni sono state rese e delle situazioni di pericolo di cui al comma 6 dell’articolo 9 del medesimo decreto legge.

Riguardo alla cessazione delle misure di protezione, l’articolo 11 del D.M. n. 161 del 2004, precisa che le speciali misure di protezione, anche se di tipo urgente o provvisorio ai sensi dell’articolo 13, comma 1, della legge 15 marzo 1991, n. 82, sono revocate o non sono prorogate nei casi espressamente previsti dalla legge ovvero quando vengono meno l’attualità e la gravità del pericolo o appaiono idonee altre misure adottate. Le misure speciali di protezione possono altresì essere revocate o non prorogate in caso di inosservanza degli impegni assunti da parte dei soggetti ad esse sottoposti in relazione a quanto disposto all’articolo 13quater, commi 1 e 2, della legge 15 marzo 1991, n. 82 e negli altri casi in cui la legge non prevede espressamente l’obbligatorietà della revoca.

A tal fine, il Prefetto e il Servizio centrale di protezione informano la Commissione centrale, l’Autorità proponente e il Procuratore nazionale antimafia o il Procuratore generale presso la Corte d’appello interessato di ogni comportamento o circostanza che possono integrare i presupposti per la revoca delle misure speciali di protezione.

La Commissione centrale, una volta ricevuta dal Servizio centrale di protezione o dal Prefetto la nota informativa di cui al comma 2 del citato articolo 11 del Regolamento, chiede all’Autorità proponente, al Procuratore nazionale antimafia o al Procuratore generale presso la Corte d’appello interessato di esprimere un parere in ordine alla modifica o alla revoca delle speciali misure di protezione, in conseguenza dei fatti segnalati. Qualora le predette Autorità non abbiano emesso il parere entro trenta giorni dalla richiesta della Commissione centrale, quest’ultima decide nel merito, ove non ritenga di prorogare ulteriormente il termine. In ogni caso, il comma 4 del medesimo articolo 11 precisa che il parere reso dall’Autorità proponente non è vincolante.

Con motivata richiesta l’Autorità proponente può indurre la Commissione a verificare la permanenza delle condizioni che hanno determinato l’applicazione delle speciali misure di protezione, provvedendo, se necessario, alla modifica o alla revoca delle medesime (cfr. art. 11, comma 5, D.M. n. 161/2004).

Le misure speciali di protezione possono essere modificate o revocate prima della scadenza, d’ufficio o su richiesta degli interessati, anche per avviare il reinserimento sociale e lavorativo delle persone protette, tenuto conto degli impegni processuali, della esposizione a pericolo, della compatibilità delle iniziative proposte con le esigenze di sicurezza, del tempo trascorso dall’adozione delle misure speciali di protezione (cfr. art. 11, comma 6, D.M. n. 161/2004). Anche in tal caso è richiesto il parere dell’Autorità proponente e di quelle preposte all’attuazione delle misure speciali di protezione, nonché quello del Procuratore nazionale antimafia o del Procuratore generale presso la Corte d’appello interessato.

Per quanto concerne la protezione dei Testimoni di giustizia, il Capo IIbis del D.L. n. 8/1991, all’art. 16bis (Applicazione delle speciali misure di protezione ai testimoni di giustizia) e l’art. 12, del D.M. n. 161/2004, stabiliscono che le speciali misure di protezione di cui agli articoli 9 e 13, comma 5, se ne ricorrono i presupposti, si applicano a coloro che assumono rispetto al fatto o ai fatti delittuosi in ordine ai quali rendono le dichiarazioni esclusivamente la qualità di persona offesa dal reato, ovvero di persona informata sui fatti o di testimone, purché nei loro confronti non sia stata disposta una misura di prevenzione, ovvero non sia in corso un procedimento di applicazione della stessa, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575. Tali soggetti sono denominati "testimoni di giustizia".

Il contenuto delle speciali misure di protezione è disciplinato all’art. 16ter, del D.L. n. 8/1991.

Ai fini dell’ammissione alle speciali misure di protezione, le dichiarazioni rese dai testimoni di giustizia possono anche non avere le caratteristiche di cui all’articolo 9, comma 3, del D.L. n. 8/1991, salvo avere carattere di attendibilità, e riferirsi a delitti diversi da quelli indicati nel comma 2 dello stesso articolo.

Le speciali misure di protezione si applicano, se ritenute necessarie, a coloro che coabitano o convivono stabilmente con le persone indicate nel comma 1 del citato articolo 16bis, nonché, ricorrendone le condizioni, a chi risulti esposto a grave, attuale e concreto pericolo a causa delle relazioni trattenute con le medesime persone.

5. Nel contesto di questo quadro normativo va inserita la vicenda della ricorrente, la quale è stata sottoposta ad uno speciale programma di protezione deliberato dalla Commissione centrale in data 23 settembre 2009, in quanto congiunta di collaboratore della giustizia, esteso ai congiunti ORSI Adolfo, nato a Sant’Agata dei Goti il 16 febbraio 1984 (figlio); ORSI Osvaldo Oreste, nato a Capua il 4 maggio 1987 (figlio); ORSI Luca, nato a Napoli il 16 marzo 1995 (figlio); ORSI Florinda, nata il 3 gennaio 2004 (figlia); IOANA Dup, nata il 2951990 in Romania (convivente con il nucleo familiare).

Con nota del 28 dicembre 2009, il Servizio Centrale di Protezione ha restituito il programma speciale di protezione, non sottoscritto dalla D. e dai familiari maggiorenni. Agli atti restituiti alla Commissione centrale è stata allegata una nota a firma della D., con la quale la stessa ha esplicitato le ragioni del rifiuto di firmare il programma.

Al riguardo, il Collegio, all’esito dell’esame della citata nota (prodotta in giudizio) osserva che la ricorrente non ha motivato il proprio rifiuto di sottoscrivere il programma di protezione chiedendo di ottenere il trattamento riservato ai Testimoni di giustizia, perché la D. si è limitata ad affermare che il marito (assassinato precedentemente all’epoca dei fatti oggetto di causa) era da considerare un "indagato dichiarantè e non un "collaboratore’, in quanto non era un camorrista e, conseguentemente, ella si è rifiutata di sottoscrivere il programma di protezione da cui risultava definita "coniuge del Collaboratore di giustizia Orsi Michele’.

La Commissione ha dato atto di tale circostanza – affermando nel provvedimento impugnato che "è stata allegata una istanza della D. che ha specificato i motivi del rifiuto di firmare" – e considerato che, ai sensi dell’art. 9, comma 3, del DM 23 aprile 2004 n. 161, il rifiuto di sottoscrivere l’atto determina, in ogni caso, la revoca delle speciali misure di protezione o del programma, ha correttamente assunto il provvedimento impugnato.

Tenuto conto di tale circostanza e considerato che la DDA di Napoli aveva avanzato una proposta di applicazione di uno speciale programma di protezione in favore della D. "quale congiunta di un collaboratore di giustizia’, il Collegio ritiene che il ricorso non possa essere accolto, anche perché l’annullamento del provvedimento impugnato non arrecherebbe alcun beneficio all’interessata ed ai propri congiunti in relazione all’interesse ad ottenere il trattamento riservato dal D.l. n. 8/1991 ai Testimoni di giustizia.

Ciò non esclude, ovviamente, il dovere delle competenti Autorità giudiziarie e della Commissione centrale di considerare tutti gli elementi di valutazione acquisiti in sede procedimentale e tutte le circostanze evidenziate dalla ricorrente, al fine di stabilire se ricorrono i presupposti utili per applicare alla fattispecie la disciplina dettata in tema di protezione dei Testimoni di giustizia.

6. Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che il ricorso sia infondato e debba essere respinto.

7. Sussistono validi motivi – legati alla particolarità della vicenda e delle questioni trattate – per disporre la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti in causa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

– lo respinge il ricorso;

– dispone la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti in causa;

– ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla competente Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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