Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 02-02-2012, n. 1460

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Roma, parzialmente riformando la sentenza di primo grado, accoglieva il capo della domanda proposta da M. L. nei confronti di Hotel Sirene srl avente ad oggetto la condanna di detta società al pagamento di differenze retributive concernenti l’accertamento della natura subordinata dell’intercorso rapporto di lavoro. Respingeva la predetta Corte il capo della domanda relativo all’impugnativa del licenziamento asseritamente intimato oralmente.

A fondamento della decisione la Corte territoriale rilevava che dalla espletata istruttoria emergeva la prova della natura subordinata del rapporto di lavoro e che pertanto competevano alla lavoratrice le reclamate differenze retributive ad eccezione dei permessi. La Corte del merito, inoltre, a fronte dell’assunto da parte della società secondo il quale la lavoratrice si era dimessa, riteneva non raggiunta la prova relativa al prospettato licenziamento verbale.

Avverso questa sentenza la M. ricorre in cassazione sulla base di due censure.

Resiste con controricorso la INI IMMOBILIARE srl (già Hotel Sirene srl).

Motivi della decisione

Premesso che il Collegio all’esito dell’odierna udienza di discussione ha disposto la redazione della motivazione della presente sentenza in forma semplificata, rileva la Corte che con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. relativamente alla domanda di nullità del contratto a termine.

Con la seconda censura la M. deduce motivazione contraddittoria rispetto al mancato riconoscimento del licenziamento verbale.

Rileva la Corte che il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c..

Infatti trattandosi di sentenza di appello pubblicata il 22 settembre 2008 trova applicazione, D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, ex art. 27, comma 2, la richiamata norma di rito secondo la quale nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4 l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena d’inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto e nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 l’illustrazione del motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Nè ratione temporis è applicabile la L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d) che ha abrogato il precitato art. 366 bis c.p.c., trovando tale norma, ai sensi della predetta L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, comma 5, applicazione relativamente alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione è stato pubblicato successivamente (ossia dal 4 luglio 2009) alla data di entrata in vigore della stessa L. n. 69 del 2009 (Cass. 13 gennaio 2010 n. 428).

Nella specie difetta del tutto il quesito di diritto nonchè la specifica indicazione del fatto controverso, intesi quale sintesi logico giuridica della censura che s’intende sottoporre al giudice di legittimità (Cass. S.U. 28 settembre 2007 n. 20360).

Il ricorso, pertanto, va dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 50,00 per esborsi oltre Euro 3000,00 per onorario ed oltre IVA, CPA e spese generali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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