Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 25-05-2011) 23-09-2011, n. 34609

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ritenuto che il Tribunale del Riesame di Brindisi, in funzione di giudice dell’appello cautelare ha rigettato con ordinanza del 3 novembre 2010 il gravame proposto avverso il provvedimento del GUP del medesimo Tribunale che in data 22 luglio 2010 aveva respinto l’istanza di dissequestro della discarica di proprietà della società Formica ambiente srl;

che la società ha proposto ricorso per cassazione premettendo che il sequestro preventivo dell’impianto di proprietà della società era stato disposto in relazione al reato di traffico illecito di rifiuti e che a seguito del mutamento della compagine societaria la ricorrente aveva proposto una prima istanza di dissequestro, dovendo ritenere cessato anche il periculum in mora ed in ordine alla confiscabilità dell’impianto si era osservato che non si trattava di bene intrinsecamente pericoloso, per il quale operava il divieto di restituzione previsto dal combinato disposto dell’art. 324 c.p.p., comma 7 e art. 240 c.p., comma 2. A seguito del rigetto della richiesta del G.I.P. era stato proposto appello al Tribunale del riesame, che aveva ravvisato il pericolo di reiterazione del reato e su tale provvedimento la società ha già proposto ricorso per cassazione, fissato per l’udienza del 18 gennaio 2011;

che allo stato, quindi, il sequestro preventivo dell’impianto doveva ritenersi ancorato esclusivamente ad esigenze di carattere preventivo, ma successive pronunce relative alla stessa inchiesta sono sopravvenute (annullamento da parte della Cassazione di ordinanze in tema di misure cautelari, ordinanze del riesame di annullamento del sequestro preventivo nei confronti della società Vidori, il cui legale rappresentante è coindagato nel presente procedimento nonchè annullamento in sede di riesame del provvedimento di custodia cautelare personale nei confronti di F.V., all’epoca dei fatti componente del consiglio di amministrazione della società istante) e pertanto la società Formica ambiente aveva rivolto istanza di dissequestro, respinta, sia dal G.U.P. che dal Tribunale, con l’ordinanza della quale si chiede l’annullamento per i seguenti motivi: 1. Nullità assoluta del provvedimento per violazione dell’art. 178 c.p.p., lett. c), perchè l’udienza innanzi al Tribunale del riesame del 30.9.2010 era stata rinviata alle "ore 12,30" del 14.10.2010, mentre erroneamente il ricorso è stato trattato alle ore 10, nominando un difensore di ufficio. Poichè il difensore di fiducia si era poi presentato nella esatta ora di convocazione, il Tribunale aveva riaperto il verbale alle ore 12,45, quando tuttavia il difensore si era ormai allontanato, avendo verificato che l’udienza si era svolta in orario diverso ed in sua assenza e pertanto, nonostante la presenza del difensore in camera di consiglio sia facoltativa, quanto è accaduto costituisce un vulnus all’esercizio del diritto di difesa; 2.

Violazione ex art. 606 c.p.p., lett. b) per violazione del giudicato cautelare e in ogni caso dell’art. 321 c.p.p., comma 2 in quanto il Tribunale nell’affermare che "il sequestro dei beni è fondato sia sul pericolo di reiterazione, sia sulle esigenze sottese alla sequestrabilità dei beni suscettibili di confisca" si sarebbe posto in contrasto con il giudicato cautelare del provvedimento del 22.1.2009. Inoltre il divieto di restituzione delle cose di cui è prevista la confisca imposto dall’art. 324 c.p.p., comma 7 si riferisce solo ed esclusivamente ai beni soggetti a confisca obbligatoria ai sensi dell’art. 240 c.p., comma 2, alla quale non può essere equiparata la confisca prevista dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256; 3. Violazione ex art. 606 c.p.p., lett. b) del devolutum e del giudicato cautelare, in quanto, discostandosi dal motivo di gravame proposto dalla difesa tendente a dimostrare l’erroneità dell’affermazione secondo cui il sequestro era stato adottato solo con riguardo al reato di traffico illecito di rifiuti, si è invece pronunciata sulla sussistenza del fumus di tale reato, non oggetto di impugnazione; 4. Violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b), violazione dell’art. 125 c.p.p., comma 3, perchè, anche a prescindere dal fumus, la difesa aveva comunque evidenziato che l’uscita dalla compagine societaria del F. doveva ritenersi condizione sufficiente e necessaria per escludere qualsivoglia ipotesi di periculum, mentre il G.i.P. ne aveva ipotizzato un ruolo ancora attivo nella gestione societaria con una motivazione apparente.

Considerato che le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo sono ricorribili per cassazione solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice, (così, Sez. U, n. 25932 del 26 giugno 2008, Ivanov, Rv. 239692; in precedenza, con la sentenza Sez. U, n. 5876 del 13 febbraio 2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226710, è stato precisato che mentre rientra nel sindacato di legittimità la mancanza di motivazione o la presenza di una motivazione meramente apparente, non vi rientra la sua eventuale illogicità manifesta);

che non possono pertanto essere censurati in questa sede presunti vizi di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento alle circostanze di fatto, nè la illogicità della motivazione (cfr, in riferimento al ricorso avverso ordinanza cautelare emessa in sede di appello, Sez. 1, n. 40827 del 27/10/2010, Madio, Rv. 248468);

che il primo motivo di ricorso risulta infondato, infatti, come la stessa ricorrente ha ricordato, la presenza del difensore nella udienza camerale è meramente facoltativa e che inoltre la riapertura del verbale disposta aveva consentito al difensore presentatosi nell’ora prestabilita di interloquire, restando addebitale al suo successivo allontanamento la sua assenza;

che per quanto attiene alla lamentata violazione del principio devolutivo, è bene ricordare che la giurisprudenza ha stabilito che esso vada inteso in senso ampio, e che "il tribunale ha sempre l’obbligo di esaminare quella parte della decisione impugnata che, quantunque non attinta dai motivi di gravame, è così intimamente connessa con i punti oggetto di censura, da rendere logicamente impossibile una loro considerazione isolata" (in tal senso cfr. Sez. 6, n. 10846 del 16/1/2007, Caselli, Rv. 235918). Perciò se è ben vero che il riscontro del "fumus delicti" è materia riservata alla fase del riesame, mentre in sede di appello possono essere solo dedotte questioni diverse da quelle relative alla legittimità dell’imposizione del vincolo, attinenti alla persistenza delle ragioni giustificanti il mantenimento della misura" (cfr. Sez. 3, n. 17364 dell’8/3/2007, Iannotta, Rv. 236602), il Collegio del riesame ha comunque dovuto richiamare il reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 3, indicato nel provvedimento impositivo del vincolo reale, per riesaminare le valutazioni del G.I.P. in merito alla non revocabilità della misura per il permanere delle esigenze preventive ed il possibile collegamento con la confisca dell’area destinata a discarica abusiva, e ciò ha fatto senza violare alcun giudicato, poichè si è limitato a richiamare il fatto che il provvedimento di sequestro preventivo originario era stato emesso sia in relazione all’art. 321 c.p.p., comma 2, trattandosi di bene suscettibile di confisca, sia in relazione all’art. 321 c.p.p., comma 1, in riferimento al riscontrato pericolo di commissione di reati analoghi a quello per cui si procede;

che pertanto non sussiste alcun contrasto con l’arresto giurisprudenziale richiamato dal ricorrente relativo all’interpretazione dell’art. 324 c.p.p., comma 7, nè con il giudicato cautelare che ha stabilito l’inesistenza di un divieto di restituzione, poichè il Tribunale ha semplicemente sottolineato che il fatto che il divieto di restituzione possa riguardare solo cose oggetto di confisca obbligatoria ex art. 240 c.p., comma 2, non può essere inteso come limite all’applicazione dell’istituto del sequestro preventivo, potendo comunque tutti i beni confiscabili essere oggetto della misura cautelare reale;

che i giudici del Tribunale hanno fornito una motivazione ampia e coerente circa le ragioni poste a fondamento della reiezione dell’appello, ritenendo congruamente motivato il provvedimento del G.I.P. di rigetto del dissequestro, per cui non si tratta affatto di motivazione apparenti, anzi il Collegio brindisino ha ribadito che i destini dei provvedimenti cautelari personali relativi agli indagati del medesimo procedimento non possono avere rilevanza ai fini del mantenimento del sequestro preventivo, poichè le due tipologie di misure cautelari hanno presupposti legittimanti ben diversi; nè ritiene questa Corte che possa spiegare rilevanza l’eventuale revoca del vincolo reale relativo ad altra società e ad altro sito;

che risulta congruamente motivata la valutazione del Tribunale circa il ruolo svolto dal F. nella compagine sociale e che anzi tale censura si trova essa stessa coperta da giudicato cautelare, avendo questa Sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7127 del 12 gennaio 2011, rigettato il ricorso proposto dalla Formica ambiente srl avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Brindisi del 22 gennaio 2010, di medesimo decisum, ritenendo che il Tribunale avesse correttamente argomentato circa il fatto che non dovessero ritenersi "recisi" i collegamenti tra il F. e la società ricorrente; che pertanto il ricorso deve essere respinto e la società ricorrente condannata al pagamento delle spese del procedimento, giusto il disposto di cui all’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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