Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 25-05-2011) 23-09-2011, n. 34607

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Rilevato che il P.C. ricorre avanti a questa Corte avverso l’ordinanza ex art. 374 c.p.p. pronunciata dal Tribunale di Firenze – sezione distrettuale del riesame, a seguito di decreto di sequestro preventivo, adottato in data 28/07/2010 dal gip di quello stesso Tribunale, riguardo ad una azienda di falegnameria per violazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 268, comma 1 e art. 674 c.p.;

che, secondo il Tribunale del riesame, nella specie, ricorrerebbe la violazione di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 279, configurante un’ipotesi di reato formale o di mera condotta, avente effetti permanenti fintanto che l’impianto di taglio del legno, comportante dispersione nell’ambiente di polvere (segatura), non fosse munito della richiesta autorizzazione;

che a nulla varrebbe il fatto che l’impianto di aspirazione delle polveri era stato acquistato in precedenza da altro soggetto operante nel settore della falegnameria, regolarmente autorizzato;

che l’indagato ha proposto ricorso per cassazione, facendo valere due motivi di doglianza;

che, con il primo, lamenta la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) in riferimento al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 279, comma 1 e art. 268, comma 1, lett. A);

che, con il secondo, si duole dell’inosservanza dell’art. 606 c.p.p., lett. c) in riferimento all’art. 321 c.p.p., comma 1 e art. 125 c.p.p., comma 3;

che, in particolare, con il primo mezzo, denuncia il mancato raccordo della violazione formale con la lesione dei beni sostanziali protetti dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 268, comma 1, lett. A), per l’assenza, de facto, di qualsivoglia nocumento per la salute umana e per l’ambiente;

che, in difetto di una tale interpretazione, si rischierebbe di rendere automatico l’adozione del sequestro preventivo;

che, con il secondo mezzo, lamenta una motivazione apparente in ordine al periculum in mora, non essendo svolta, nella sostanza, alcuna motivazione diversa rispetto al presupposto del fumus delicti.

Considerato che il ricorso è infondato, e deve – pertanto – essere respinto;

che, nella specie, il ricorrente, non considera che il giudice del riesame ha sostanzialmente fatto applicazione del principio di diritto già espresso da questa stessa Sezione (Sez. 3, Sentenza n. 35232 del 28/06/2007, Fongaro) secondo cui "In tema di inquinamento atmosferico, il reato di cui al D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, art. 25 (oggi abrogato e sostituito dal D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 279) che punisce l’esercizio di un impianto esistente in difetto di autorizzazione, è configurabile indipendentemente dalla circostanza che le emissioni superino i valori limite stabiliti, in quanto non si tratta di un reato di danno ma di un reato formale o di condotta che tende a garantire un controllo preventivo da parte della P.A.";

che, a tale principio, condiviso dal Collegio, va data continuità anche in questa sede;

che, infatti, come ha precisato la pronuncia sopra menzionata, il bene tutelato dalla norma penale è l’interesse dell’amministrazione competente a controllare preventivamente la funzionalità e potenzialità inquinante degli impianti esistenti o nuovi;

che, dunque, è errata l’interpretazione normativa e, particolarmente del collegamento operato dal ricorrente tra il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 279, comma 1 e art. 268, comma 1, lett. A), in ordine alla fattispecie incriminatrice richiamata, atteso che quei beni sostanziali sono tutelati, anzitutto, assicurando il pieno controllo della astratta idoneità degli impianti di abbattimento di fumo e polveri, rispetto al quale obiettivo non deve essere consentita alcuna attività pericolosa senza la preventiva adozione della prescritta autorizzazione;

che, in tale luce, deve essere considerata corretta anche la motivazione in ordine al periculum in mora, contenuta nel provvedimento censurato, di cui al secondo mezzo di doglianza;

che, pertanto, essendo infondato, il ricorso va respinto e l’indagato condannato, ex art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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