Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
1. – Con sentenza depositata il 29 ottobre 2007, la Corte d’appello di Caltanissetta ha rigettato l’appello proposto da M. T. avverso la sentenza del Tribunale di Enna che aveva accolto la domanda proposta dall’Ente Autodromo di Pergusa volta ad ottenere la dichiarazione dell’intervenuto acquisto per usucapione di una particella di terreno, di proprietà della M., sulla riva del lago di Pergusa, in catasto al foglio 170, particella 5, del Comune di Enna.
Premesso che non esiste una incompatibilità tra occupazione sine titulo e possesso legittimo ai fini dell’usucapione, la Corte territoriale ha precisato che l’apprensione della res non è avvenuta in conseguenza di un’attività fisicamente o moralmente violenta.
2. – Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso M.T. sulla base di due motivi, illustrati con memoria, cui ha resistito, con controricorso, l’Ente Autodromo di Pergusa.
3. – Prima dell’udienza la ricorrente ha depositato, ai sensi della L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 26, istanza di trattazione, sottoscritta personalmente dalla parte che ha conferito la procura e autenticata dal difensore.
Motivi della decisione
1. – Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1158 e 1168 cod. civ., sostenendo che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere che, nel caso di specie, non si sia verificato uno spoglio violento, inidoneo a consentire l’inizio di un possesso utile ai fini dell’usucapione, avendo l’Ente appreso il bene sine titillo ed avendolo trasformato mediante la costruzione di manufatti e strade. Ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., la ricorrente formula il seguente quesito di diritto: "Se la materiale acquisizione di un fondo, senza titolo e senza alcun legittimo provvedimento amministrativo, per la realizzazione di un’opera pubblica, posta in essere con violenza sulle cose, costituita dalla materiale alterazione dello stato di fatto, mediante la costruzione di opere e manufatti, e la irreversibile trasformazione del fondo, costituisca spoglio violento del possesso dell’originario proprietario, con conseguente inidoneità dello stesso a costituire valido presupposto per l’acquisto della proprietà per usucapione". 2. – Il motivo è infondato.
Ai sensi dell’art. 1163 cod. civ., il possesso è acquistato in modo violento – e perciò non giova all’usucapione se non dal momento in cui la violenza è cessata – se l’impossessamento è avvenuto mediante l’esercizio di un’effettiva violenza, fisica o morale, sicchè la pacificità o legittimità del possesso non è esclusa dal fatto che l’inizio dell’esercizio dello ius possessionis non tragga origine da una consegna proveniente dal titolare del diritto o dal possessore o che l’impossessamento dell’agente sia avvenuto in contrasto con la volontà del proprietario o del possessore precedente (cfr. Cass., Sez. Un., 14 marzo 1990, n. 2088).
Di qui una duplice conseguenza.
La prima è che il possesso non può dirsi acquistato con violenza per il solo fatto che la pubblica amministrazione abbia appreso la particella di terreno in contestazione, a differenza di altre limitrofe, per il tramite di una mera attività materiale, al di fuori delle regole del procedimento ablatorio.
La seconda è che – poichè la violenza che impedisce la configurabilità di un possesso utile ai fini dell’usucapione è quella rivolta all’acquisto della disponibilità materiale della cosa (cfr. Cass., Sez. 2^, 9 novembre 1988, n. 6030) – va escluso che la violenza si identifichi con l’attività di trasformazione del bene successivamente alla sua apprensione.
2. – Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia violazione degli artt. 1168 e 2697 cod. civ. e artt. 112 e 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 4, affermando che erroneamente la Corte d’appello, nonostante la specifica contestazione circa la mancanza di possesso pacifico e non violento, abbia ritenuto sussistente il possesso utile ai fini dell’usucapione senza alcuna specifica prova al riguardo, così violando l’art. 2697 cod. civ..
La ricorrente formula quindi il seguente quesito: "Se, al fine della declaratoria di acquisto per usucapione, la materiale apprensione di un fondo posta in essere con violenza sulle cose, mediante radicale ed irreversibile trasformazione di un immobile, in assenza di qualsiasi provvedimento espropriativo per la costruzione di un’opera pubblica, possa rappresentare un possesso non violento, del quale debba essere data la relativa prova, a seguito di specifica contestazione del proprietario, ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., e con conseguente nullità della sentenza che non validi la eccepita carenza di prova, in violazione degli artt. 112 e 115 cod. proc. civ.". 2.1. – La censura è infondata.
Muovendo da premesse corrette in diritto (in particolare, dalla precisazione che la pacificità del possesso non può essere esclusa per la sola circostanza che il preteso titolare del diritto manifesti una volontà contraria all’altrui possesso), la Corte d’appello ha negato, con logico e motivato apprezzamento delle risultanze di causa, che l’attività rivolta all’acquisto della disposizione materiale della cosa si sia realizzata con un’effettiva violenza, fisica o morale.
Il motivo di ricorso – oltre a prospettare censure in punto di diritto che sono già state disattese con l’esame del primo motivo – si risolve, anche là dove denuncia la violazione o la falsa applicazione di norme di legge, nella prospettazione di una diversa valutazione del merito della causa e nella pretesa di contrastare apprezzamenti di fatti e di risultanze probatorie che sono inalienabile prerogativa del giudice del merito.
3. – Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dal controricorrente, che liquida, in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
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