Cass. civ. Sez. II, Sent., 03-02-2012, n. 1671 Azioni a difesa della proprietà rivendicazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Co.Gi., nella dichiarata qualità di erede della madre C.D., deceduta il (OMISSIS), ha ricorso per la cassazione della sentenza n. 312/2009 della Corte di Appello di L’Aquila con la quale era stato dichiarata inammissibile, in quanto proposta dopo il termine di cui all’art. 327 c.p.c., l’impugnazione da esso ricorrente proposta contro la decisione del Tribunale di Avezzano che, a sua volta, aveva accolto la domanda di rivendica di Ci.Wa., avente ad oggetto alcuni terreni in agro di (OMISSIS) e diretta nei confronti della defunta madre del ricorrente, che li deteneva.

A sostegno del ricorso è stato posto un unico motivo, a contrastare il quale l’avv. Ci.Lu., figlio ed erede dell’originaria parte attrice, deceduta il (OMISSIS), ha proposto controricorso.

Motivi della decisione

1 – Parte controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso sia perchè C.G., nel costituirsi, non avrebbe allegato – nè tanto meno provato- la sua qualità di unico erede della genitrice sia in quanto il ricorso stesso sarebbe stato notificato solo ad controricorrente e non già anche agli altri eredi del padre W. – la madre B.M. e gli credi, in rappresentazione del fratello premorto Ci.Lo..

2 – La prima eccezione non è fondata in quanto, a fronte dell’allegazione di esser un chiamato all’eredità – accettante la stessa- che l’intestazione del ricorso presuppone, parte eccipiente avrebbe dovuto indicare l’esistenza di altri chiamati all’eredità della parte già appellante e non limitarsi a dedurre la possibile loro esistenza; la seconda eccezione altresì infondata in quanto, essendo intervenuto il decesso della parte già appellata dopo il deposito della sentenza di secondo grado, rimaneva intatto il potere dovere del giudice, anche di legittimità, di far integrare il contraddicono, dal momento che la costituzione di uno dei chiamati consentiva di salvare, anche per gli altri pretermessi, il ricorso introduttivo dalla censura di inammissibilità (cfr. Cass. s.u.

14699/2010) per il vizio, sicuramente presente, di pretermissione di alcuni dei litisconsorti necessari; tale costituzione poi consente la sanabilità anche dell’ulteriore causa di nullità della notifica del ricorso, derivante dal fatto che detto atto fu notificato non già all’erede di Ci.Wa. (e cioè a Ci.Lu.) personalmente nella residenza di costui, sibbene allo stesso presso il procuratore del padre, allorchè il mandato difensivo aveva cessato di produrre i suoi effetti (vedi sul punto Cass. n. 293/2002).

3 – Tutto ciò premesso ritiene peraltro il Collegio di dare continuità al principio, espresso autorevolmente dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 6826/2010, secondo il quale "nel giudizio di cassazione, il rispetto del principio della ragionevole durata del processo impone, in presenza di un’evidente ragione d’inammissibilità del ricorso (nella specie, per la palese inidoneità del quesito di diritto), di definire con immediatezza il procedimento, senza la preventiva integrazione del contraddittorio nei confronti di litisconsorti necessari cui il ricorso non risulti notificato, trattandosi di un’attività processuale del tutto ininfluente sull’esito del giudizio." (cfr. altresì Cass. a 18.410/2009; Cass. a 2723/2010).

4 – Tale esito va invero ricondotto al contenuto del ricorso, con il quale il C. lamenta la erronea applicazione, da parte della Corte distrettuale, del principio – ex art. 1722 c.c., n. 4 – secondo il quale la morte del mandante estingue anche il mandato, con la conseguenza che, essendo intervenuto il decesso dell’avv. Ci.

W. nel corso del giudizio di appello, il mandato professionale avrebbe dovuto villico et immediate esse dichiarato interrotto, anche se il difensore della parte rappresentata non ebbe a dichiarare l’evento in udienza: ciò al fine di riequilibrare l’altrimenti insanabile disparità di trattamento che si verrebbe a creare rispetto al caso in cui tale evento colpisse la parte non costituita o costituita personalmente.

5 – Appare evidente l’inammissibilità del ricorso ex art. 360 bis c.p.c. in quanto la Corte territoriale ha deciso una questione di diritto – relativa al decorso del termine cd. lungo per appellare – in modo conforme alla realtà processuale oltre che alle norme regolatrici in materia e non è stata prospettata alcuna diversa interpretazione dell’art. 327 c.p.c. che possa far derogare questa Corte di legittimità dal chiaro dettato della norma; quanto poi al dedotto profilo di illegittimità costituzionale per violazione dell’art. 24 Cost. lo stesso è irricevibile per difetti) di rilevanza attesi) che l’irrevocabilità della sentenza di primo grado è stata solo dichiarata dalla pronunzia della Corte distrettuale ma si era già verificata per l’inutile decorso del termine per appellare, dunque ben prima dell’evento potenzialmente interruttivo (avvenuto nel giugno 2007), essendo stato notificato l’appello nell’ottobre 2004; ciò assorbe la constatazione che la Corte delle Leggi già ebbe a pronunziarsi in merito alla eccezione con decisione di manifesta infondatezza (v corte Cost. s. n. 91/2006); non viene del resto prospettato il concreto il pregiudizio che avrebbe a soffrite la parte per la mancata interruzione automatica del processo.

6 – Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come indicato in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre IVA, CAP e spese generali come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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