Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 19-05-2011) 23-09-2011, n. 34630 Liquidazione coatta amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 16/4/2010 la Corte di Appello di Brescia pronunziava la parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Bergamo, in data 23-2-2009 appellata da C.A.M., condannato come responsabile dei reati ascrittigli ai sensi dell’art. 223 in relazione all’art. 216, comma 1, L. Fall. come enunciati ai capi a) e c) dell’epigrafe,per avere – nella qualità di liquidatore della Costruzioni Sicea s.r.l.,dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Bergamo in data 5-10-2001,distratto ovvero occultato, in tutto o in parte, beni sociali – tra l’altro prelevando somme depositate sui libretti bancari al portatore intestati presso la BNL Filiale di (OMISSIS) – alla società fallita, per gli importi di L. 13.735.502-17.980.000-18.980.000.

Era stato altresì ritenuto responsabile di analogo reato in ordine alla falsificazione dei libri e scritture contabili della società, per avere annotato falsamente il pagamento dell’IVA relativa al settembre 1998 e per aver falsificato la ricevuta bancaria dell’Istituto San Paolo IMI Filiale di (OMISSIS), come contestato in epigrafe – con la recidiva reiterata.

Per tali reati la Corte aveva ridotto la pena ad anni tre e mesi sei di reclusione, dichiarandola condonata in misura di anni tre,ed aveva confermato nel resto l’impugnata sentenza.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso il difensore, deducendo:

1 – la nullità derivante dalla inosservanza o erronea applicazione della legge penale, secondo l’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. B) e in riferimento al R.D. n. 267 del 1942, art. 216, comma 1.

A riguardo evidenziava che il primo giudice aveva affermato la responsabilità dell’imputato ritenendo applicabile l’aggravante di cui all’art. 219 L.F. contestata in fatto, oltre la recidiva.

Inoltre rilevava che l’imputato era stato assolto dal capo b) per non aver commesso il fatto,e che gli era stata attribuita la penale responsabilità in ordine alla bancarotta fraudolenta per distrazione avendo egli prelevato le somme di cui ai libretti di deposito al portatore della società "Costruzioni Sicea" per l’importo complessivo di L. 50.697.502- Inoltre era stata attribuita al C. la bancarotta documentale per la falsificazione dei registri obbligatori ai fini dell’IVA e delle Imposte dirette,avvenuta annotando falsamente il pagamento dell’IVA relativa al mese di settembre 1998 e alla falsificazione della ricevuta bancaria di detto pagamento, dell’Istituto San Paolo IMI di (OMISSIS).

Per tali fattispecie la difesa deduceva dunque l’erronea applicazione della L. Fall., art. 216, comma 1, n. 2evidenziando che si era affermata l’ipotesi di una pluralità di condotte di bancarotta.

Sull’argomento il ricorrente svolgeva cenni teorici sulla natura giuridica del reato di bancarotta,considerato come reato di pericolo,e asseriva che le uniche condotte rilevanti ai fini della bancarotta documentale fraudolenta sono quelle idonee ad ostacolare la ricostruzione della vita economica della impresa.

Nel caso di specie,secondo il ricorrente, la difficoltà di ricostruire la consistenza patrimoniale della società era stata esclusa dalla stessa curatrice, che aveva evidenziato che la società era in liquidazione e quindi era priva di un volume di affari,e dunque si trattava di una sola annotazione sui registri contabili.

(v. fl.3 del ricorso).

2-Con ulteriore motivo la difesa censurava l’applicazione dell’art. 219, L. Fall. Per carenza ed illogicità della motivazione in riferimento alla determinazione della pena.

Sul punto evidenziava che,mentre il Tribunale non aveva motivato circa il computo della pena,dopo aver rilevato l’applicabilità dell’art. 219 citato, la Corte di Appello aveva accertato la illogicità della sentenza impugnata, rilevando che l’art. 219, L. Fall. risulta norma ispirata al favor rei dovendosi escludere in virtù della stessa l’applicazione della continuazione nelle ipotesi di più fatti di bancarotta. Sul punto la difesa censurava tale apprezzamento del giudice di appello,come illogico e,d’ altra parte,rilevava la carenza della motivazione sulla determinazione della pena,considerata l’applicazione dell’art. 219, L. Fall. Che – ad avviso del ricorrente – nella specie avrebbe consentito di ritenere la particolare tenuità del danno.

3-Con il terzo motivo la difesa censurava proprio la ritenuta esistenza di una pluralità di condotte di bancarotta,e l’applicazione dell’aggravante richiamata, evidenziando nuovamente che la Corte territoriale avrebbe dovuto escludere il verificarsi di più fatti di bancarotta, ed avrebbe dovuto ritenere il danno di particolare tenuità. Per tali motivi la difesa chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

La Corte rileva che il ricorso è privo di fondamento.

Invero secondo giurisprudenza di questa Corte facendo richiamo alle sentenze – Sez. 5 del 31-1-2007, n. 3619 – RV 236050 e altre: – Sez. 5 n. 9266 del 15-9-88, RV 179179 – Sez. 5 n. 637 del 25-3-92 RV 189924. "In tema di pluralità di fatti di bancarotta (artt. 216, 217 e 224, L. Fall. la commissione ,nel contesto di un unico fallimento, di più fatti di bancarotta fraudolenta e semplice, previsti e sanzionati rispettivamente dagli artt. 216 e 217, L. Fall., integra l’ipotesi della bancarotta aggravata per pluralità di fatti cui è applicabile la disciplina dettata dall’art. 219, comma 2, n. 1, L. Fall. e non già quella della continuazione,in quanto non è ragionevole punire con maggiore asprezza chi abbia commesso un fatto di bancarotta fraudolenta e un fatto di bancarotta semplice Rispetto a colui che abbia commesso più fatti di bancarotta fraudolenta".

In tal senso si rivela la corretta interpretazione ed applicazione del dettato normativo ad opera dei giudici di merito.

Nella specie all’imputato era stata ascritta legittimamente la realizzazione di una pluralità di condotte di bancarotta,in riferimento alla sottrazione delle somme della società della quale egli era liquidatore,e le fattispecie di falsificazione indicate ai sensi dell’art. 223, art. 216, comma 1, L. Fall., essendo state accertate le sottrazioni delle somme di cui ai libretti di deposito al portatore e la falsificazione della annotazione di pagamento dell’IVA relativa al periodo settembre 1998, ed altre false annotazioni sulle scritture contabili.

Tali condotte sono state specificamente descritte e coerentemente valutate dai giudici di appello, nell’ambito normativo delineato come già descritto,disattendendo le richieste difensive di assoluzione dell’imputato,avendo tenuto conto delle risultanze derivanti da deposizione resa dal curatore fallimentare, e da un teste della Guardia di Finanza,che aveva svolto accertamenti bancari.

Deve pertanto rilevarsi che la pluralità dei fatti di bancarotta resta correttamente affermata ai sensi e per gli effetti dell’art. 219, L. Fall. secondo la giurisprudenza innanzi richiamata.

La Corte territoriale ha dettagliatamente altresì analizzato le argomentazioni svolte nei motivi di gravame dal difensore,dimostrando come fosse certa l’ascrivibilità dei fatti al C., che aveva sottoscritto i libretti al portatore indicati nell’imputazione.

Inoltre era emersa la mancata specificazione dell’impiego di somme prelevate da parte dell’imputato,che aveva assunto il ruolo di liquidatore, onde restava dimostrata inequivocabilmente la condotta distrattiva (la sentenza richiamava sul punto giurisprudenza di questa Corte, correttamente applicata – Cass.n.7048 del 18.2.2009).

La falsità della delega di pagamento che era stata trovata in contabilità (delega del (OMISSIS) di L. 49.550.000=) risultava certa attraverso gli accertamenti eseguiti presso l’istituto di credito oltre che dalla Agenzia delle entrate.

Il falso era annotato in data (OMISSIS), e la Corte rilevava che era da escludere l’ascrivibilità del fatto illecito ai precedenti liquidatori alla stregua di quanto evidenziato dal curatore, circa la annotazione della contabilità che era riconducibile all’epoca in cui il C. stesso era liquidatore.

La falsità della delega di pagamento si era così ritenuta – correttamente – come strumentale alla sottrazione delle somme.

Tali specifici rilievi svolti dai giudici di appello, devono ritenersi incensurabili, stante l’esistenza di precise fonti di prova, non smentite in concreto dalla difesa, e in coerenza con l’indirizzo giurisprudenziale di legittimità ivi richiamato.

Anche per quanto riguarda la possibile ricostruzione degli affari la Corte ha motivato adeguatamente (a fl. 8-9 della sentenza) precisando che nell’ipotesi di falsificazione l’elemento richiesto è solo quello che la condotta sia finalizzata a realizzare un profitto, onde resta ininfluente la censura difensiva articolata nel ricorso, ove si rileva che comunque doveva ritenersi ricostruibile il volume di affari della società.

Per quanto riguarda la questione della carenza di motivazione circa l’applicazione dell’ipotesi di particolare tenuità del danno,ai sensi dell’art. 219, L. Fall. deve evidenziarsi che la sentenza motiva congruamente al riguardo, rilevandosi che si sono considerate degne di accoglimento le richieste difensive,di riduzione della pena, e resta implicitamente esclusa la attenuante di speciale tenuità del danno, avendo correttamente la Corte tenuto conto della entità della distrazione. Invero l’attenuante richiesta ha valore oggettivo e va riferita alla effettiva diminuzione patrimoniale arrecata (v. in tal senso quanto si evince da sentenza di questa Corte – Sez. 5 del 4-8- 1992, n. 8690).

Dunque appare esaurientemente svolta anche la motivazione in ordine alla determinazione della pena, ispirata dal favor rei anche in riferimento alla richiesta di congrua riduzione, tenuto conto della personalità dell’imputato,secondo i canoni normativi enunciati dall’art. 133 c.p..

Pertanto la Corte deve rigettare il ricorso ed il ricorrente va condannato,come per legge,al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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