Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 18-05-2011) 23-09-2011, n. 34605

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con ordinanza del 4 ottobre 2010, la Corte di Cassazione, settima sezione penale, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da G.A. avverso una sentenza della Corte d’appello di Catania, che l’aveva assolta da uno dei reati ascrittile, confermando la condanna per il reato di cui all’art. 605 c.p. e rideterminando la pena in diminuzione.

A sostegno della decisione, la Corte di Cassazione ha posto il rilievo che il ricorso è stato proposto in base a motivi non consentiti, essendo diretto ad ottenere una diversa valutazione del quadro probatorio. La ricorrente si era, infatti, limitata a dedurre un profilo di mero fatto, quale l’imprevedibilità dell’evento del sequestro di persona, sostenendo di essersi allontanata da casa per pochi minuti e di avere lasciato sola la figlia, che poi era andata incontro a una crisi isterica per colpa del padre.

2. – Avverso tale ordinanza, la condannata ha proposto ricorso straordinario ex art. 625-bis c.p.p., lamentando un’errata ricostruzione del fatto e un’errata valutazione delle prove in sede di merito, oltre a vizi procedurali. Ha poi depositato memorie contenenti ulteriori censure in punto di fatto.

Motivi della decisione

3. – Il ricorso è inammissibile, perchè proposto in base a motivi non consentiti.

La ricorrente non ha, infatti, dedotto, a fondamento della sua richiesta straordinaria di correzione, alcun errore materiale o di fatto, ma si è limitata a prospettare vizi procedurali relativi a profili ormai coperti da giudicato e a richiedere una diversa valutazione del quadro probatorio; valutazione preclusa a questa Corte sia in sede di decisione sul ricorso ordinario – come già correttamente affermato nell’ordinanza impugnata – sia in questa sede.

4. – Ne consegue l’inammissibilità del ricorso. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 1.500,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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