Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 03-05-2011) 23-09-2011, n. 34604

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo

Il Tribunale per il Riesame di Udine con ordinanza del 28 settembre 2010, ha rigettato l’appello promosso dal difensore di N.M. S., imputata dei reati di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione, avverso il provvedimento del Tribunale di Udine del 28 luglio 2010 che rigettava, quale giudice procedente, l’istanza di dissequestro dell’immobile sito in Latisana di proprietà della N., oggetto di sequestro preventivo.

L’imputata, tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione per i seguenti motivi:

1. Violazione di legge, in riferimento all’art. 321 c.c.,commi 1 e 3 e art. 125 c.p.p., comma 3 in quanto il giudice ha ritenuto la sussistenza del fumus cautelare, ossia del il pericolo di reiterazione del reato da parte dell’imputata, qualora recuperasse la disponibilità dell’immobile, senza considerare che le due persone offese esercitano autonomamente il meretricio in località lontane.

Inoltre la motivazione del provvedimento impugnato è del tutto apparente ed apodittica e non si comprende da quali basi il Tribunale abbia dedotto il giudizio di familiarità dell’imputata con ambienti dediti alla prostituzione.

2. In prossimità dell’udienza la ricorrente ha presentato dei motivi aggiunti, ribadendo la cessazione del periculum in mora, posto che le circostanze di fatto sulla cui base era stato disposto il sequestro dell’immobile non sarebbero più attuali e quindi non sarebbe più possibile ritenere concreta la possibilità che l’immobile presenti quel carattere strumentale alla reiterazione del reato.

Motivi della decisione

E’ quasi superfluo rammentare che il ricorso per Cassazione contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice, (così, Sez. U, n. 25932 del 26 giugno 2008, Ivanov, Rv. 239692; in precedenza, con la sentenza Sez. U, n. 5876 del 13 febbraio 2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv.

226710, è stato precisato che mentre rientra nel sindacato di legittimità la mancanza di motivazione o la presenza di una motivazione meramente apparente, non vi rientra la sua eventuale illogicità manifesta).

In relazione alla valutazione del periculum in mora, i motivi avanzati, che vorrebbero dimostrare la non persistenza delle ragioni giustificanti il mantenimento della misurala reale, risultano infondati, in quanto evidenziano unicamente la circostanza nuova del trasferimento delle due persone che si prostituivano nell’appartamento di proprietà della ricorrente in altra città.

Orbene, la circostanza è irrilevante ai fini di una diversa valutazione del periculum in mora: il Tribunale del riesame ha infatti confermato l’esigenza di mantenere in sequestro l’immobile, per evitare che la libera disponibilità dell’immobile potesse favorire la reiterazione del reato; il pericolo di protrazione del reato era desumibile dalla condotta "non occasionale" di sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione (connessa alla messa a disposizione di un immobile, in cambio di un canone ingente, per lo svolgimento di tale attività) e tale pericolo non poteva dirsi cessato solo per l’asserito esercizio della prostituzione delle persone offese in località lontana, posto che doveva ritenersi attuale il pericolo che l’imputata potesse utilizzare l’appartamento per favorire o sfruttare la prostituzione "diverse" da quelle coinvolte nell’indagine che aveva dato origine al processo, peraltro già in fase dibattimentale.

Il ricorso deve, di conseguenza, essere rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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