Cass. civ. Sez. II, Sent., 03-02-2012, n. 1667 Onorari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione del 18/5/1994 S.S. proponeva opposizione a decreto ingiuntivo di condanna al pagamento di L. 10.437.070 a favore dell’arch. A.L. per prestazioni professionali. L’ A., costituendosi, rilevava che il S. non aveva contestato il conferimento dell’incarico e precisava che il pagamento doveva essere effettuato con riferimento all’ammontare del progetto originario e del primo lotto per complessive L. 1.556.011.000; contestava l’addebito di negligenza o imperizia. Il Tribunale di Mistretta con sentenza del 29/4/2002 revocava il decreto ingiuntivo e compensava parzialmente i crediti del professionista con quanto dallo stesso dovuto al cliente per risarcimento danni.

All’esito del giudizio di appello proposto dall’ A., al quale resisteva S.V. costituitosi quale coerede del defunto S.S., la Corte di Appello di Messina con sentenza del 22/12/2005 rigettava l’impugnazione rilevando, per quanto qui ancora interessa:

che l’incarico conferito al professionista era finalizzato alla redazione di un progetto necessario per ottenere un contributo per il recupero di casali agricoli e masserie e che il progetto esecutivo doveva essere presentato solo dopo solo dopo l’ottenimento del finanziamento;

– che pertanto, in conformità alle conclusioni assunte dal CTU, doveva essere liquidata solo la somma dovuta per il progetto di massima e per il preventivo sommario e non quella ulteriore per attività non richieste e non necessarie al momento della formulazione dell’istanza;

– che spettavano, invece, le competenze richieste per la seconda fase, con riferimento al progetto esecutivo per l’importo finanziato per l’ammontare di L. 632.000.00, oltre alle competenze per direzione lavori;

– che sussisteva, a favore di S.V., un credito risarcitorio per danno da lucro cessante in quanto il ritardo, di circa un anno, con il quale il professionista aveva presentato all’Assessorato Regionale lo stato avanzamento lavori aveva determinato un ritardo nell’erogazione del finanziamento di L. 640.000.000 produttivo di un danno liquidabile, tenuto conto degli interessi legali sulla somma, nell’ammontare di L. 18.000.000 che era portata in compensazione con il maggior credito del professionista.

A.L. propone ricorso per Cassazione affidato a due motivi.

S.V. resiste con controricorso nel quale in via preliminare eccepisce l’inammissibilità del ricorso per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti gli eredi di S.S. ai quali, pur non essendo parti del giudizio di appello, avrebbe dovuto essere notificato il ricorso.

Il ricorrente ha depositato memoria.

Motivi della decisione

1. L’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso per difetto di integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti gli eredi di S.S. è infondata perchè gli altri soggetti dei quali si afferma, senza peraltro darne prova, la qualità di eredi, non erano parti del giudizio di appello e, quindi, il ricorso non doveva essere ad essi notificato.

2. Con il primo motivo ricorso il ricorrente denuncia il vizio di motivazione; sostiene che i giudici del merito non avrebbero dato rilevanza alla circostanza che le progettazioni erano state commissionate e accettate dal cliente e che l’incarico conferito era di redigere un progetto di ristrutturazione di un fabbricato rurale indipendentemente dall’ammissione al finanziamento e che tale progetto era stato redatto.

3. Il motivo non attinge la ratio decidendi della sentenza impugnata:

la Corte di Appello ha interpretato l’accordo avente ad oggetto le prestazioni professionali richieste e ha rilevato che quelle eseguite erano esorbitanti rispetto a quelle richieste e necessarie il ricorrente non fornisce concreti elementi idonei ad evidenziare un preciso vizio motivazionale sul punto, limitandosi a reiterare apoditticamente e senza richiamo ad elementi istruttori acquisiti nelle fasi di merito, l’affermazione, contraddetta dai giudici del merito, per la quale gli sarebbe stato conferito l’incarico di redigere il progetto proprio nei termini in cui era stato redatto;

per altro verso, le eventuali maggiori utilità che il cliente potesse avere tratto da un progetto eccedente rispetto alla richiesta, non potevano incidere sull’ammontare del compenso dovuto per la prestazione richiesta, ma, semmai, ad altro titolo.

Il motivo è pertanto infondato.

4. Con il secondo motivo il ricorrente deduce nuovamente il vizio di motivazione in riferimento alla sussistenza del danno subito da S.S. (come detto in precedenza, individuato dalla Corte di Appello nelle conseguenze pregiudizievoli del ritardato finanziamento in conseguenza del ritardo nella presentazione del primo stato avanzamento lavori) e alla propria responsabilità;

deduce inoltre, senza alcuna specificazione al riguardo, l’insussistenza dei presupposti di legge per la compensazione tra il credito del professionista e quello risarcitorio di S. S..

Il ricorrente sostiene che il ritardo nella presentazione dello stato di avanzamento lavori si verificò su richiesta dello stesso cliente, come sarebbe provato da una missiva da lui stesso inviata a tale avvocato M.E. e, inoltre, perchè il cliente ritardò la consegna del certificato antimafia.

5. Il motivo è inammissibile perchè, con riferimento all’insussistenza dei presupposti per la compensazione non indica neppure quali sarebbero i presupposti mancanti.

In riferimento alle contestazioni relative alla sussistenza del credito il motivo è inammissibile perchè introduce questioni di merito che non risultano trattate nella sentenza di appello e il ricorrente non indica se, come e quando tali questioni sarebbero state prospettate alla Corte di Appello; infine, richiama corrispondenza (missiva dello stesso A. 28/9/1993 all’avv. M.) senza indicare come e quando sia stata introdotta nel giudizio di merito e senza riportarne i contenuti.

Il motivo, pertanto, anche sotto questo profilo, non rispetta il principio di autosufficienza dell’esposizione del motivo di ricorso per Cassazione per il quale il ricorrente deve indicare nel ricorso se un documento è presente effettivamente nel fascicolo d’ufficio e riportarne le parti di interesse. L’esposizione del motivo non è rispettosa del principio di autosufficienza quando tali indicazioni non siano fornite, perchè in tal modo, si farebbe affidamento su un’attività di ricerca nel fascicolo da parte della Corte che si baserebbe su un’autonoma iniziativa della stessa e che sarebbe attività che la Corte svolgerebbe in sede decisoria senza garanzia del contraddittorio dell’altra parte; d’altro canto, siffatto onere risulta emergere dallo stesso art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, che onera la parte ricorrente in Cassazione, a pena di improcedibilità, della produzione degli atti e documenti sui quali il ricorso si fonda.

6. Il ricorso deve quindi essere rigettato con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio di Cassazione liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna A.L. a pagare a S.V. le spese di questo giudizio di cassazione che liquida in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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