Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 29-03-2011) 23-09-2011, n. 34544

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il 13 ottobre 2010 il Tribunale di Roma, costituito ai sensi dell’art. 324 cod. proc. pen., ha respinto la richiesta di riesame proposta nell’interesse di G.C.D. avverso il decreto di sequestro preventivo delle quote dell’impresa edile Italcostruzioni di Gallace Cosimo Damiano, emesso il 17 luglio 2010, ai sensi dell’art. 321 cod. proc. pen. e L. n. 356 del 1992, art. 12- sexies dal Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale per il reato di cui alla L. n. 356 del 1992, art. 12-quinquies, aggravato ai sensi della L. n. 203 del 1991, art. 7, in relazione alla fittizia intestazione al predetto, in concorso con il padre G.V. e al fine di eludere le norme in materia di misure di prevenzione patrimoniale, della titolarità della indicata impresa, rimasta sempre nella piena disponibilità di G. V., sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno per la durata di tre anni.

1.1. Il Tribunale argomentava la decisione rilevando:

– l’infondatezza della eccezione preliminare formulata dalla difesa, che assumeva la perdita di efficacia della misura cautelare per decorso del termine di cui all’art. 309 c.p.p., comma 10, in conseguenza della inapplicabilità delle disposizioni sulla sospensione feriale dei termini processuali, sul rilievo che, pur nella non operatività della detta sospensione per i reati di criminalità organizzata, la trasmissione degli atti in materia di riesame delle misure cautelari reali era disciplinata dall’art. 324 c.p.p., comma 3, il termine di dieci giorni per la decisione decorreva dalla data in cui pervenivano effettivamente gli atti richiesti, e detto termine non era, nella specie, ancora decorso;

– l’infondatezza della deduzione difensiva della mancanza del fumus commissi delicti per essere presenti molteplici concreti elementi, coerenti con la sussistenza del reato contestato, indicati dal G.i.p. e richiamati nell’ordinanza:

– al tempo della fittizia intestazione dell’impresa Italcostruzioni, G.V. era già sottoposto alla misura di prevenzione personale, era stato raggiunto il 3 gennaio 2007 da quella patrimoniale, era coinvolto in indagini penali e aveva assunto la qualità di imputato per i reati associativi di cui all’art. 416-bis cod. pen. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74;

– l’impresa Italcostruzioni di Gallace Cosimo Damiano si era costituita il 4 novembre 2008, mentre era in corso la misura patrimoniale a carico di G.V., prendendo il posto, in sostanziale continuità, avuto riguardo alla identità della sede, dell’oggetto sociale e dei beni, dell’impresa edile Europa Sud di G.V., sequestrata il 3 gennaio 2007, e dell’impresa Fenice di A.R. (moglie di G.V.), cessata il 14 novembre 2008;

– l’ingerenza di G.V. nella gestione delle società, fittiziamente intestate ai congiunti, era documentata dal contenuto delle comunicazioni telefoniche intercettate, che evidenziava la prosecuzione da parte dello stesso della propria attività imprenditoriale, nonostante la misura di prevenzione patrimoniale;

– non risultava in atti e non era stato documentato con quali mezzi propri e di origine lecita G.C.D. e A. R. avevano potuto iniziare l’attività di impresa, poichè nel 2008 il primo aveva dichiarato redditi solo per Euro 8.590, la madre nessun reddito e G.V. redditi per Euro 3.186, e nulla per il 2007;

– il bene sequestrato per il reato di cui alla L. n. 356 del 1992, art. 12-quinquies era sempre soggetto a confisca obbligatoria ai sensi del successivo art. 12-sexies, e nella specie vi erano fondati motivi per ritenere che G.C.D. non avrebbe potuto giustificare la provenienza dell’impresa di valore sproporzionato al suo reddito;

– dei beni soggetti a confisca obbligatoria poteva disporsi, in ogni caso, il sequestro preventivo a norma dell’art. 321 c.p.p., commi 1 e 2. 2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del suo difensore, G.C.D., che ne chiede l’annullamento sulla base di quattro motivi.

2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia inosservanza e/o erronea applicazione di legge ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), in relazione all’art. 309 c.p.p., comma 10.

Secondo il ricorrente, che richiama principi affermati da questa Corte in materia di sospensione dei termini durante il periodo feriale, tale sospensione non doveva trovare applicazione nel caso di specie per la contestazione a esso ricorrente e ai coindagati di ipotesi di reato associativo e di reato aggravate ai sensi della L. n. 203 del 1991, art. 7, rientranti nella previsione dell’art. 407 cod. proc. pen., e per l’applicazione della disciplina derogativa anche alle procedure incidentali relative a misure cautelari reali.

Per effetto della esclusione della sospensione feriale, la misura cautelare reale, secondo il ricorrente, ha perso efficacia il 9 agosto 2010, poichè la richiesta di riesame è stata presentata il 4 agosto 2010, non sono mai pervenuti gli atti e non è, comunque, intervenuta la decisione nei termini di legge.

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia inosservanza e/o erronea applicazione di legge ai sensi, dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), in relazione agli artt. 321 e 309 cod. proc. pen..

Secondo il ricorrente, il Giudice, che ha emesso il decreto di sequestro preventivo, non ha dato adeguata motivazione della presenza di seri indizi della sussistenza del fumus commissi delicti e del periculum in mora e il Tribunale del riesame, richiesto di annullare il decreto, non ha risposto alle ragioni di censura, confermando un provvedimento illegittimo e abdicando dalla propria funzione istituzionale.

2.3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia inosservanza e/o erronea applicazione di legge, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), e vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), in relazione agli artt. 321 e 309 cod. proc. pen. e art. 111 Cost..

Il Tribunale, ad avviso del ricorrente, limitandosi a rilevare l’insufficienza dei redditi dichiarati per la gestione dell’impresa e per l’acquisto dei beni strumentali, è incorso in violazione di legge e in argomentazioni incongrue, finendo con il sovrapporre le distinte nozioni di "attribuzione" e "gestione di fatto" e non valutando i profili decisivi per la configurazione della condotta di attribuzione, che avrebbe supposto la verifica delle modalità di acquisizione da parte di A.R. dei mezzi per l’esercizio dell’attività dell’impresa Fenice, della provenienza di tali mezzi dal patrimonio di G.V., della riconducibilità al medesimo dell’impresa Italcostruzioni, e della ricostruzione della situazione patrimoniale della detta impresa con riferimento a ogni singolo bene e al momento del suo acquisto, come operato dalla difesa e dalla consulenza di parte.

2.4. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia inosservanza e/o erronea applicazione di legge, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), e vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), in relazione all’art. 321 cod. proc. pen. e L. n. 356 del 1992, art. 12-quinquies, rilevando che, con riferimento all’elemento soggettivo del dolo specifico richiesto dall’indicato art. 12-quinquies, l’ordinanza non ha illustrato specifici elementi di fatto indicativi della finalità di elusione delle disposizioni in materia di prevenzione, nel fondato timore dell’applicazione di misure di prevenzione personali o patrimoniali nei confronti di G.V., limitandosi a indicare pregresse vicende giudiziarie che hanno coinvolto lo stesso.

Motivi della decisione

1. E’ inammissibile la doglianza sviluppata con il primo motivo, volta a censurare l’ordinanza impugnata per avere ritenuto applicabile la sospensione dei termini durante il periodo feriale al procedimento incidentale relativo a misura cautelare reale per reato di criminalità organizzata, e per non avere, per l’effetto, rilevato l’inefficacia della stessa misura dal 9 agosto 2010, ai sensi dell’art. 309 c.p.p., comma 10, in dipendenza dell’omessa trasmissione degli atti, dopo il deposito della richiesta di riesame il 4 agosto 2010, e, comunque, per la mancata decisione di detta richiesta nei termini previsti dalla legge.

1.1. Questa Corte ha più volte affermato il principio, condiviso dal Collegio, che, a fondamento dell’atto di impugnazione, devono esserci censure collegate alle ragioni argomentate dalla decisione impugnata, che non possono essere ignorate dal ricorrente (tra le altre, Sez. 3, n. 16851 del 02/03/2010, dep. 04/05/2010, Cecco e altro, Rv. 246980;

Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, dep. 28/05/2009, P.M. in proc. Candita e altri, Rv. 244181; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, dep. 25/03/2005, Giagnorio, Rv. 231708; Sez. 6, n. 12023 del 07/04/1988, dep. 06/12/1988, D’Alterio, Rv. 179874), poichè l’atto di impugnazione deve rispettare il requisito di cui all’art. 581 c.p.p., lett. c), individuando i capi e i punti dell’atto impugnato che si intende sottoporre a censura ed esprimendo un vaglio critico riguardo a ciascuno di essi con la formulazione di argomentazioni che espongano le ragioni del dissenso, rispetto alle motivazioni del provvedimento impugnato, per provocare e consentire il controllo devoluto al giudice superiore.

1.2. A tali regole si è sottratto il ricorso con la predetta ragione di doglianza che, omettendo di considerare che l’ordinanza impugnata aveva rilevato l’effettiva non operatività della sospensione feriale dei termini per reati di criminalità organizzata, ha sottoposto a questa Corte la stessa questione della inosservanza delle disposizioni sulla sospensione feriale già dedotta con la richiesta di riesame e con le memorie difensive, corredandola di richiami giurisprudenziali e censurando, ritenendola illegittima, una insussistente motivazione contraria sul punto.

Il ricorrente ha, invece, omesso di rilevare che alla perdita di efficacia della cautela reale ostava una ragione processuale, non collegata alla operatività della sospensione dei termini in periodo feriale, ma connessa alla disciplina dettata dal codice di rito penale per il riesame delle misure cautelari reali.

1.3. Tale rilievo, svolto dal Tribunale nel rigettare la dedotta eccezione di rito della difesa, è coerente con la corretta applicazione delle disposizioni normative in materia e con la loro esatta interpretazione alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte.

Si è, infatti, più volte affermato che, nel procedimento di riesame dei provvedimenti di sequestro, non trova applicazione la sanzione dell’inefficacia prevista dall’art. 309 c.p.p., comma 10, per l’inosservanza dei termini di cui al comma quinto della stessa norma, poichè tale ultima disposizione riguarda il procedimento di riesame delle misure coercitive personali, mentre la trasmissione degli atti è disciplinata, nel procedimento di riesame dei provvedimenti di sequestro, dall’autonoma e diversa disposizione di cui all’art. 324 c.p.p., comma 3, e il richiamo all’art. 309 c.p.p., comma 10, contenuto nell’art. 324 c.p.p., comma 7, è limitato all’effetto caducatorio derivante dalla sola mancata decisione entro il termine di dieci giorni (tra le altre, Sez. 5, n. 20274 del 02/04/2003, dep. 07/05/2003, Di Ponio, Rv. 224544; Sez. 2, n. 5202 del 21/12/2000, dep. 05/02/2001, Figus e altro, Rv. 219046; Sez. 6, n. 2882 del 06/10/1998, dep. 11/12/1998, Calcaterra V., Rv. 212677; Sez. 3, n. 2409 del 13/06/1997, dep. 26/09/1997, Fabbri, Rv. 209226; Sez. 3, n. 2733 del 15/12/1993, dep. 31/01/1994, Paolillo, Rv. 197065; Sez. 1, n. 1386 del 31/03/1993, dep. 11/05/1993, Giampaolo, Rv. 194708).

1.4. La motivazione dell’ordinanza, che ha ritenuto infondata l’eccezione difensiva sulla base di tali principi e sul rilievo in fatto che il termine di dieci giorni imposto per la decisione, decorrente dalla data di effettiva ricezione degli atti, non era decorso, è stata del tutto ignorata dal ricorrente che nessuna critica vi ha mosso, incorrendo per tale mancata correlazione con le ragioni argomentate dalla decisione impugnata nel vizio dell’aspecificità del motivo.

2. Deve, invece, essere accolto il secondo motivo che censura il provvedimento impugnato per omesso esame degli elementi che condizionano la legittimità del disposto sequestro sotto il profilo del fumus commissi delicti e sotto quello del periculum in mora, con valenza assorbente sulle ulteriori censure.

Il Tribunale, che in motivazione ha osservato che il termine di dieci giorni imposto per la decisione decorre dalla data in cui pervengono gli atti richiesti e ha indicato nel 14 ottobre 2010 detta data, non ha individuato gli atti probatori trasmessi e acquisiti in tale data – non individuabili nel fascicolo trasmesso – posti a fondamento dell’ordinanza genetica e sulla cui base ha emesso l’ordinanza impugnata, con incidenza negativa sulla tenuta del discorso giustificativo della decisione.

2.1. Il provvedimento impugnato deve pertanto essere annullato con rinvio per nuovo esame sul punto al Tribunale di Roma.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Roma.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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