Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 03-02-2012, n. 1638 Contributi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza depositata il 9.10.06 la Corte d’appello di Napoli rigettava il gravame interposto dalla Società cooperativa a r.l.

Laborem Exercens contro la pronuncia con cui il Tribunale di Benevento ne aveva respinto l’opposizione a decreto ingiuntivo emanato ad istanza dell’INPS per omesse contribuzioni concernenti il S.S.N. e relative sanzioni peri il periodo 1 marzo – 31 luglio 1993.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre la summenzionata società cooperativa affidandosi a tre motivi.

Resiste con controricorso l’INPS.

Motivi della decisione

1- Con il primo motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 416 c.p.c., art. 111 Cost. e art. 421 c.p.c. nella parte in cui i giudici del merito hanno basato la propria decisione su documenti irritualmente prodotti dall’INPS all’atto della propria tardiva costituzione in primo grado.

Il motivo è infondato.

Nel rito del lavoro l’esercizio di poteri istruttori d’ufficio, nell’ambito del contemperamento del principio dispositivo con quello della ricerca della verità, involge un giudizio di opportunità rimesso ad un apprezzamento meramente discrezionale, che nel caso di specie l’impugnata sentenza ha collegato al rilievo che le circostanze di fatto oggetto dei documenti tardivamente prodotti dall’INPS erano state già allegate nel ricorso in via monitoria.

In breve, la decisione di merito è rispettosa del principio statuito da Cass. S.U. 20.4.05 n. 8202 (e da successiva conforme giurisprudenza di questa S.C.) secondo cui il rigoroso sistema di preclusioni del rito speciale trova un contemperamento – ispirato all’esigenza della ricerca della verità materiale, cui è doverosamente funzionalizzato il rito del lavoro, teso a garantire una tutela differenziata in ragione della natura dei diritti che nel giudizio devono trovare riconoscimento – nei poteri d’ufficio del giudice in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova, ai sensi dell’art. 437 c.p.c., comma 2, ove essi siano indispensabili ai fini della decisione della causa, poteri, per altro, da esercitare pur sempre con riferimento a fatti allegati dalle parti ed emersi nel processo a seguito del contraddittorio delle parti stesse.

A ciò si aggiunga che alla ricorrente neppure gioverebbe l’opinione contraria, atteso che la nullità dell’acquisizione d’una prova (documentale, testimoniale, periziale), essendo posta a tutela dell’interesse delle parti, è sempre relativa, sicchè deve essere eccepita subito dopo l’acquisizione della prova medesima o – se ciò non è possibile – nella prima difesa successiva o, al più tardi, nel momento dell’acquisita conoscenza della nullità stessa, in difetto restando la nullità sanata ex art. 157 c.p.c., comma 2 dall’acquiescenza della parte che aveva interesse a farla valere.

Nel caso di specie la ricorrente non allega nemmeno di aver tempestivamente sollevato tale eccezione in primo grado.

Quanto al dedotto vizio di motivazione, esso si colloca all’esterno dell’area dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto il vizio di motivazione spendibile mediante ricorso per cassazione concerne solo la motivazione in fatto, giacchè quella in diritto può sempre essere corretta o meglio esplicitata, sia in appello che in cassazione (v. art. 384 c.p.c., u.c.), senza che la sentenza impugnata ne debba in alcun modo soffrire.

Invero, rispetto alla questione di diritto ciò che conta è che la soluzione adottata sia corretta ancorchè malamente spiegata o non spiegata affatto; se invece risulta erronea, nessuna motivazione (per quanto dialetticamente suggestiva e ben costruita) la può trasformare in esatta ed il vizio da cui risulterà affetta la pronuncia sarà non già di motivazione, bensì di inosservanza o violazione di legge o falsa od erronea sua applicazione.

2 – Con il secondo motivo si deduce violazione e mancata applicazione dell’art. 111 Cost. per violazione del principio del contraddittorio e vizio di motivazione laddove i giudici del merito hanno basato la propria decisione su dichiarazioni rese da alcune socie della cooperativa all’ispettore verbalizzante senza la presenza assistita del datore di lavoro.

Con il terzo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 381 del 1991, art. 2, comma 3 secondo il quale ai soci volontari non si applicano i contratti collettivi e le norme di legge in materia di lavoro subordinato e autonomo.

Entrambi i motivi sono – anche a tacere della inidoneità dei relativi quesiti – inammissibili perchè nuovi, non essendo stati fatti valere in appello pur attenendo a presunte violazioni ascrivibili alla sentenza di prime cure.

3 – In conclusione, il ricorso è da rigettarsi.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorse e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 50 oltre a Euro 3000,00 per onorari, oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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