Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 29-03-2011) 23-09-2011, n. 34542

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 16 febbraio 2010 il G.u.p. del Tribunale di Napoli, all’esito dell’udienza preliminare, ha dichiarato "non doversi procedere", perchè il fatto non costituisce reato, nei confronti di N.V. per il reato di favoreggiamento di D. G.P. (latitante a seguito della emissione dell’ordinanza di custodia cautelare dell’11 maggio 2009 del G.i.p. del Tribunale di Napoli per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen.), aggravato ai sensi del D.L. n. 152 del 1991, art. 7 convertito nella L. n. 203 del 1991.

Il Giudice riteneva che i dati fattuali e gli elementi raccolti a carico del N. non erano idonei a sostenere l’accusa in giudizio e che, in particolare, quest’ultima non poteva fondarsi sulle risultanze delle conversazioni intercettate, prima e il giorno stesso della cattura del latitante, e del servizio di osservazione svolto, per non essere probative della condotta fiancheggiatrice contestata.

1.2. Non erano emersi, in particolare, elementi a carico del N. dalle conversazioni intercettate sull’autovettura in uso allo stesso, autorizzate con decreto di urgenza del 29 settembre 2009, convalidato dal G.i.p. procedente, e protrattesi fino alla cattura del latitante, avvenuta il 14 ottobre 2009, rilevandosi che erano comprensibili la preoccupazione espressa dal medesimo di essere arrestato, essendo assoggettato a indagini nello stesso procedimento, e il suo interessamento per le vicende giudiziarie del latitante, in quanto suo suocero.

Nè elementi idonei a sostenere l’accusa erano emersi dalle conversazioni intercettate il giorno della cattura del latitante, per essere desumibile dal loro contenuto solo la sussistenza di accordi del N. con il legale di fiducia del predetto, il cui legame con l’accompagnamento del medesimo per la sua costituzione in carcere, riferito dallo stesso N. in sede di interrogatorio appariva verosimile.

Tali elementi neppure emergevano dalla presenza dell’autovettura in uso al N., localizzata dai Carabinieri, sulla scorta delle conversazioni intercettate, in Marcianise dinanzi all’abitazione della madre del latitante, e della presenza dello stesso N. visto uscire dalla detta abitazione con D.G.A., figlia del latitante, e precedere a bordo della sua auto l’altra auto, uscita dall’ingresso della stessa abitazione, e condotta dal legale con a bordo il latitante, poichè non vi era prova della messa a disposizione di questi da parte del N. dell’auto in suo uso, nè della contestata attività di preventiva verifica della presenza delle forze dell’ordine in occasione degli spostamenti del medesimo, avuto riguardo alla unicità dell’episodio dell’autovettura e alla logica esclusione della finalizzazione della condotta del N. a consentire al latitante di sottrarsi alla cattura per il fatto di precedere, a poca distanza, quella in cui lo stesso si trovava.

2. Avverso detta sentenza ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, che lamenta violazione di legge e contraddittorietà della motivazione.

Secondo il ricorrente la lettura data dal G.i.p. dell’art. 378 cod. pen. priva la norma di qualsiasi valenza incriminatrice, atteso che, contrariamente a quanto assunto, anche un solo episodio può essere sufficiente per configurare la condotta agevolatile e l’ausilio dato dal N. al difensore del latitante è indicativo del suo ruolo di "anello di collegamento" tra il latitante medesimo e gli altri associati.

La minimizzazione dell’interessamento del N. alle vicende del latitante non è in linea con lo stesso contenuto delle conversazioni intercettate, la cui valenza probatoria è stata incongruamente esclusa, nè le modalità dell’accompagnamento del latitante con la predisposizione della staffetta riferite dalla stessa sentenza sono in linea con l’affermata assenza di prova della messa a disposizione del latitante da parte del N. dell’auto in suo uso.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. Occorre premettere che nella struttura interna dell’art. 425 c.p.p., comma 3, così come modificato dalla L. 16 dicembre 1999, n. 479, l’Insufficienza o la contraddittorietà degli elementi conoscitivi acquisiti deve ritenersi esplicativa di una complessiva loro inidoneità a sostenere l’accusa in giudizio all’esito di una delibazione di tipo prognostico evolutivo del materiale di prova raccolto, divenuta oggi più stabile per la tendenziale completezza delle indagini. L’inciso "comunque" deve essere apprezzato quale momento di collegamento e di riconduzione delle suddette ipotesi specifiche a quella generale, comprensiva dell’ipotesi di mancanza di elementi processualmente rilevanti a sostegno dell’accusa, ponendosi quale criterio di valutazione per il giudice dell’udienza preliminare non l’innocenza o la colpevolezza dell’imputato, ma l’utilità del dibattimento in ordine alla regiudicanda, anche in presenza di elementi probatori contraddittori e insufficienti, che appaiano ragionevolmente destinati a rimanere tali all’esito del giudizio e non modificabili in dibattimento per effetto dell’acquisizione di nuove prove o di una diversa rivalutazione degli elementi in atti (Corte Cost. sent. sentenza n. 112 del 2001; Sez. U, n. 39915 del 30/10/2002, dep. 26 novembre 2002, Vottari, Rv. 222602 e 222603, non massimata sul punto; Cass. Sez. 6, 16 novembre 2001, rv. 22130; Sez. 6, n. 1662 del 06/04/2000, dep. 01/08/2000, Pacifico e altro, Rv.

220751; Sez. 4, n. 26410 del 19/04/2007, dep. 09/07/2007, Giganti e altri, Rv. 236800; Sez. 4, n. 47619 del 08/11/2007, dep. 20/12/2007, P.G. in proc. Castellano e altro, Rv. 238251; Sez. 2, n. 14034 del 18/03/2008, dep. 03/04/2008, P.G. in proc. D’Abrarno e altro, Rv.

239514; Sez. 2, n. 45046 del 11/11/2008, dep. 03/12/2008, P.M. in proc. Corona e altri, Rv. 242222; Sez. 2, n. 35178 del 03/07/2008, dep. 11/09/2008, P.M. in proc. Brunetti, Rv. 242092; Sez. 5, n. 22864 del 15/05/2009, dep. 03/06/2009, P.G. in proc. Giacomin, Rv. 244202;

Sez. 4, n. 43483 del 06/10/2009, dep. 13/11/2009, P.G. in proc. Pontessilli e altri, Rv. 245464).

3. Ciò posto in ordine alla regola di giudizio fissata dall’art. 425 c.p.p., comma 3, si osserva che questa Corte ha più volte affermato che il controllo del giudice di legittimità sulla motivazione della sentenza di non luogo non può avere ad oggetto gli elementi acquisiti dal pubblico ministero, ma solo la giustificazione adottata dal giudice nel valutare detti elementi, e, quindi, la riconoscibilità del criterio prognostico adottato nella valutazione d’insieme degli elementi acquisiti (Sez, 5, n. 14253 del 13/02/2008, dep. 04/04/2008, Piras, Rv. 239493; Sez. 4, n. 2652 del 27/11/2008, dep. 21/01/2009, Sorbello e altro, Rv. 242500; Sez. 5, n. 15364 del 18/03/2010, dep. 21/04/2010, Caradonna e altri, Rv. 246874; Sez. 2, n. 28743 del 14/05/2010, dep. 22/07/2010, Orsini e altri, Rv.

247860).

4. Il provvedimento impugnato, con motivazione rispettosa della regola di giudizio che governa l’esito dell’udienza preliminare, fissata dall’art. 425 c.p.p., comma 3, ed esente da evidenti incongruenze o da interne contraddizioni, ha indicato le ragioni per le quali gli elementi acquisiti nel corso delle indagini non sono idonei a fondare una positiva valutazione prognostica.

Il G.u.p. ha infatti rilevato, all’esito dell’analisi dei fatti e degli elementi raccolti a carico dell’imputato, specificatamente descritti, che non vi è prova alcuna della messa a disposizione da parte del N., in favore del latitante, dell’auto in suo uso nè della contestata attività del medesimo di "preventiva verifica della presenza delle FF.OO. in occasione degli spostamenti realizzati dal latitante". A tale ultimo riguardo il Giudice ha osservato che anche nell’unica occasione, coincidente con l’arresto del latitante, in cui l’auto condotta dal N. è stata vista precedere quella del latitante con il suo difensore, la condotta del medesimo non può ritenersi finalizzata a sottrarre il latitante alla cattura per il rilievo della impossibilità per il N., precedendo a poca distanza con la sua auto quella in cui era il latitante con il suo difensore, di avvertire il medesimo della presenza eventuale delle forze dell’ordine e consentirne la fuga.

Il rilievo conclusivo espresso nel giudizio prognostico adottato dal G.u.p. per ritenere che non vi fosse alcun elemento idoneo a sostenere l’accusa per il reato contestato è coerente con la valutazione d’insieme degli elementi acquisiti dal Pubblico Ministero, e in particolare con gli esiti delle conversazioni intercettate il giorno della cattura del latitante e intercorse tra il N. e l’avv. S., legale di fiducia dello stesso latitante, plausibilmente interpretate, alla luce delle dichiarazioni rese dal N. nel corso del suo interrogatorio, come finalizzate alla costituzione dello stesso latitante, atteso il contenuto della conversazione progr. n. 298 del 14 ottobre 2009 ore 15,59 (nella parte In cui il legale ha detto al N. "quando è qua … avvisa i carabinieri di Santa Maria …che da qua alla …"), e la non dedotta contestazione allo stesso legale della condotta favoreggiatrice.

5. La condotta analisi del materiale probatorio e l’esaustiva quanto logica esposizione dei motivi, che hanno indotto il G.u.p. ad una prognosi negativa del dibattimento, sottraggono la sentenza impugnata alle censure che sono state mosse dal ricorrente.

Non sussiste, infatti, la dedotta violazione di legge quanto alla configurazione del delitto di favoreggiamento, non essendo stata esclusa la probabilità di successo della prospettazione accusatoria per l’unicità dell’episodio agevolatore, ma per l’inidoneità dell’unica condotta rilevata al contestato fine agevolatore della sottrazione del latitante alla cattura.

Le ulteriori doglianze, pur prospettate come deduzioni dimostrative della contraddittorietà della motivazione, sono censure attinenti essenzialmente a questioni di fatto e di merito, attraverso le quali si intende sollecitare in sede di legittimità una inammissibile "diversa" lettura del materiale probatorio e della vicenda processuale in senso favorevole alle attese del ricorrente, senza che alcuna delle censure riesca a intaccare la solida coerenza logico- giuridica del percorso motivazionale adottato.

6. Il ricorso manifestamente infondato deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

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