Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 29-03-2011) 23-09-2011, n. 34541 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 4 ottobre 2010 il Tribunale di Napoli, costituito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen., ha confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa, in data 29 giugno 2010, dal G.i.p. dello stesso Tribunale nei confronti di C.N., sottoposto a indagini in relazione al delitto di cui agli artt. 110 e 81 cpv. cod. pen. e D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 73 e 80, allo stesso contestato al capo 30-septies della imputazione provvisoria, escludendo la circostanza aggravante di cui al contestato art. 80. 1.2. Il Tribunale, dopo aver premesso lo stretto collegamento e la complementarietà tra il provvedimento restrittivo della libertà personale e l’ordinanza che decide sul riesame, argomentava la decisione, ritenendo l’Infondatezza delle richieste difensive volte a contestare la sussistenza del quadro indiziario per essere specifici e gravi gli elementi indiziari circa la sussistenza della fattispecie criminosa oggetto di addebito.

1.3. La prognosi di reità dell’indagato in ordine alla condotta criminosa contestata, e consistente nell’attività di spaccio di sostanze stupefacenti, svolta in concorso con T.P. e con il fratello F., particolarmente legato a T. D., esponente di spicco della famiglia Tedesco, che controllava la zona di spaccio nel quartiere delle Madonnelle di Acerra, era fondata, secondo il Tribunale:

– sul tenore delle conversazioni intercettate tra l’indagato e il fratello e tra essi e numerosissimi acquirenti e fornitori, finalizzate a cessioni di droga;

– sugli esiti delle attività di polizia giudiziaria e sul sequestro di sostanza stupefacente che, unitamente agli arresti in flagranza di alcuni spacciatori e a quello di C.F. dopo contatti volti alla consegna di fiori, aveva consentito anche il disvelamento del linguaggio criptico dei colloqui;

– sul contenuto dei numerosi contatti telefonici dell’indagato con T.P., caratterizzati dalla pronta intesa a fronte del taciuto oggetto della conversazione, dal linguaggio usato, dagli appuntamenti in luoghi di notorio spaccio, dal dirottamento degli acquirenti, anche per loro richiesta, verso il T. da parte dell’indagato e dai contatti diretti dei Terracciano con alcuni acquirenti.

L’aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, neppure contestata in fatto nell’imputazione, non era integrata neppure a livello indiziario, in assenza di dati relativi alla capacità di saturazione del mercato di riferimento o di altri indici.

1.4. Quanto alle esigenze cautelari la loro attualità e concretezza trovavano conforto nella continuità dell’attività di spaccio, nella costante disponibilità delle sostanze stupefacenti, nel loro agevole reperimento, nella sostanziale indifferenza ai controlli delle forze dell’ordine e nella negativa personalità del C., trasgressiva e incline a delinquere. Tali considerazioni giustificavano anche il ricorso alla massima misura custodiate per contrastare l’evidente pericolo di recidiva.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del suo difensore di fiducia, C.N., che ne chiede l’annullamento, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e), per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e per mancanza o manifesta illogicità della motivazione in ordine al reato contestato e all’art. 273 cod. proc. pen..

Secondo il ricorrente non vi sono gravi indizi a suo carico per lo spaccio di droga, non bene identificato, contestato al capo 30- septies, in concorso con il fratello F. e T. P., non traendosi dalle conversazioni intercettate alcuna "allusione" ai fatti di droga, essendo esse relative al fratello, arrestato per droga nel gennaio 2008 e già condannato, e atteso l’uso di droga fatto da esso ricorrente e dal fratello, perchè tossicodipendenti.

La sproporzione della misura custodiale al fatto, tenuto conto della sua incensuratezza e del ridimensionamento del fatto in sede di riesame, rende evidente, ad avviso del ricorrente, la soddisfacibilità delle esigenze cautelari con una misura meno afflittiva.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. In materia di misure cautelari personali, secondo giurisprudenza consolidata, questa Corte non ha alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso il peso probatorio degli indizi, nè di verifica re la rispondenza delle argomentazioni poste a fondamento della decisione impugnata alle acquisizioni processuali, nè di rivalutare le condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari e all’adeguatezza della misura, trattandosi di apprezzamenti di merito rientranti nel compito esclusivo del giudice che ha applicato la misura e del tribunale del riesame.

Il controllo di legittimità è, quindi, limitato all’esame del contenuto dell’atto Impugnato e alla verifica delle ragioni giuridicamente significative che l’hanno determinato e dell’assenza d’illogicità evidente, ossia dell’adeguatezza e della congruenza dei tessuto argomentativo riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (tra le tante, Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, dep. 08/06/2007, Terranova, Rv. 237012; Sez. 2, n. 9532 del 22/01/2002, dep. 08/03/2002, Borraglne e altri, Rv. 221001; Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, dep. 02/05/2000, Audino, Rv. 215828; Sez. 6, n. 3529 del 12/11/1998, dep. 01/02/1999, Sabatini G., Rv. 212565; Sez. 4, n. 2050 del 17/08/1996, dep. 24/10/1996, Marseglia, Rv. 206104; e da ultimo Sez. 1, n. 2687 del 17/11/2010, dep. 26/01/2011, non masslmata), senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa e, per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze delle indagini (tra le tante, Sez. 1, n. 6972 del 07/12/1999, dep. 08/02/2000, Alberti, Rv. 215331; Sez. 1, n. 1496 del 11/03/1998, dep. 04/07/1998, Marrazzo, Rv. 211027; Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, dep. 12/12/1994, De Lorenzo, Rv. 199391; e da ultimo, Sez. 1, n. 1842 del 11/11/2010, dep. 21/01/2011, non massimata).

Il detto limite del sindacato di legittimità in ordine alla gravità degli indizi riguarda anche il quadro delle esigenze cautelari, essendo compito primario ed esclusivo del giudice della cautela valutare "in concreto" la sussistenza delle stesse e rendere un’adeguata e logica motivazione (Sez. 1, n. 1083 del 20/02/1998, dep. 14/03/1998, Martorana, Rv. 210019).

2.1. Secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide, in tema di misure cautelari, "l’ordinanza del tribunale del riesame che conferma il provvedimento impositivo recepisce, in tutto o in parte, il contenuto di tale provvedimento, di tal che l’ordinanza cautelare e il provvedimento confermativo di essa si integrano reciprocamente, con la conseguenza che eventuali carenze motivazionali di un provvedimento possono essere sanate con le argomentazioni addotte a sostegno dell’altro" (Sez. 2, n. 774 del 28/11/2007, dep. 09/01/2008, Beato, Rv. 238903; Sez. 6, n. 3678 del 17/11/1998, dep. 15/12/1998, Panebianco R., Rv. 212685).

3. Nel caso di specie, la ricostruzione del quadro indiziario a carico dell’indagato operata dal Tribunale è conforme ai principi di diritto suddetti, che il Collegio condivide e riafferma, coerente con le acquisizioni processuali richiamate nella decisione, e congrua rispetto ai canoni della logica e della non contraddizione.

3.1. Il Tribunale, infatti, esattamente interpretando le norme applicate, alla luce dei principi di diritto fissati da questa Corte, e dando conto adeguatamente delle ragioni della propria decisione, ha ritenuto sussistenti a carico dell’indagato plurimi elementi con riferimento alla contestata continuata cessione di sostanze stupefacenti e ha ancorato il proprio giudizio a elementi specifici risultanti dagli atti, traendo dalla loro valutazione globale un giudizio in termini di qualificata probabilità circa l’attribuzione del reato contestato al predetto.

Sono stati, infatti, valorizzati gli esiti delle conversazioni telefoniche intercettate e dei servizi di osservazione, controllo e sequestro svolti dalla polizia giudiziaria, dettagliatamente indicati dal G.i.p. nella sua ordinanza e riportati per stralci nel contesto dell’ordinanza impugnata, dandosi conto dei collegamenti del ricorrente con il fratello C.F. e con T. P., oltre che con numerosissimi altri soggetti, finalizzati a cessioni di sostanza stupefacente, all’evidenza dissimulate dall’abituale ricorso a linguaggio criptico.

3.1. A fronte dell’articolato giudizio espresso dal Tribunale, il ricorrente ha opposto doglianze, che, prospettate come deduzioni dimostrative della illegittimità e della inadeguatezza della motivazione, sono censure di merito che del tutto genericamente assumono la valenza negativa sul piano indiziario delle emergenze probatorie, negando il riferimento delle conversazioni intercettate a fatti di droga e la rilevabiiità di un ruolo del ricorrente nella vicenda e assumendo la qualità di tossicodipendente dello stesso, del tutto indimostrata, e inammissibilmente oppongono, in tal modo, un’alternativa lettura delle risultanze processuali.

4. Anche sotto il profilo delle esigenze cautelari, il ricorso censura una corretta motivazione del giudice del riesame.

Il ricorrente, infatti, oppone la mancanza di proporzionalità della misura custodiate in carcere per il ridimensionamento del fatto da parte del Tribunale e per la sua incensuratezza alle affermazioni, contenute nell’ordinanza impugnata, sulla gravità e continuità dell’attività di spaccio e sulla negativa personalità del medesimo, adeguatamente valutate come legittimamente fondanti una prognosi concreta di un attuale pericolo di reiterazione criminale, e integranti un rischio cautelare tale da rendere proporzionale e adeguata la misura adottata, senza che dall’esclusione dell’aggravante del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, neppure contestata in fatto nell’imputazione provvisoria, sia derivato un ridimensionamento in concreto del fatto.

5. Il ricorso manifestamente infondato deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè – valutato il contenuto del ricorso e in difetto dell’ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione dell’impugnazione – al versamento della somma, ritenuta congrua, di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

La Cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento del Direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

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