Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 29-03-2011) 23-09-2011, n. 34538

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 3 settembre 2010 il Tribunale di Napoli, in funzione di Giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza presentata da C.A., volta a ottenere, ai sensi dell’art. 656 c.p.p., comma 5, la sospensione dell’ordine di esecuzione, di cui al provvedimento di unificazione di pene concorrenti emesso dalla Procura della Repubblica presso lo stesso Tribunale il 10 agosto 2010, previo scioglimento del cumulo e limitatamente alla pena di un anno e dieci mesi di reclusione inflitta, per il delitto di cui all’art. 648 cod. pen., dalla Corte d’appello di Napoli con sentenza del 19 dicembre 2007, irrevocabile il 9 ottobre 2008.

Il Tribunale argomentava la decisione, rilevando che:

– la Procura della Repubblica presso lo stesso Tribunale in data 27 gennaio 2010 aveva emesso nei confronti del C. ordine di esecuzione, in forza della sentenza di condanna pronunciata dal medesimo Tribunale il 14 ottobre 2009, definitiva il 6 novembre 2009, per il reato di cui al D.L. n. 172 del 2008, art. 6 determinando la residua pena da espiare in sette mesi e ventotto giorni di reclusione con la recidiva reiterata infraquinquennale, senza disporre la sospensione dell’esecuzione sussistendo la condizione ostativa di cui all’art. 656 c.p.p., comma 9, lett. c);

– la stessa Procura con il provvedimento del 10 agosto 2010 aveva unificato, ai sensi dell’art. 656 cod. proc. pen., la pena di cui all’ordine di esecuzione del 27 gennaio 2010 e quella inflitta con la predetta sentenza del 19 dicembre 2007 della Corte d’appello di Napoli;

– la circostanza che, al momento dell’adozione di detto ultimo provvedimento di esecuzione di pene concorrenti, il C. già si trovasse legittimamente in stato di detenzione carceraria, in forza del primo ordine di esecuzione del 27 gennaio 2010, escludeva la possibilità di disporre la sospensione dell’esecuzione della pena detentiva breve, avuto riguardo alla ratto complessiva dell’istituto e all’aggancio testuale di cui all’art. 656 c.p.p., comma 2. 2. Avverso il citato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, C.A., che ne chiede l’annullamento, articolando due motivi di censura.

Con il primo motivo il ricorrente deduce la nullità dell’ordinanza per a violazione della legge processuale ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) (rectius lett. c), in relazione all’art. 127 cod. proc. pen., sul rilievo dell’omessa presenza del Pubblico Ministero all’udienza di trattazione del procedimento in camera di consiglio, nel corso della quale il difensore ha modificato l’oggetto della richiesta, e quindi dell’omessa formulazione del parere da parte dello stesso Pubblico Ministero.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia erronea applicazione della legge processuale e manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) ed e), in relazione all’art. 656 c.p.p., commi 5, 9 e 10, rilevando che:

– il principio di esecuzione unitaria delle pene concorrenti, fissato dall’art. 663 cod. proc. pen., ha natura amministrativa e non giurisdizionale e, in quanto tale, può essere oggetto di modifica o di scioglimento nell’interesse del condannato;

– la richiesta di scioglimento può, pertanto, essere fatta dalla parte ai sensi dell’art. 656 c.p.p., comma 5 con i limiti stabiliti dal successivo comma nono dello stesso articolo;

– nella specie non vi erano le ragioni ostative alla sospensione dell’esecuzione derivanti dal combinato disposto delle dette norme, e la difesa aveva chiesto lo scioglimento del cumulo richiamandosi al principio della scindibilità del cumulo quando da esso possono derivare conseguenze/favorevoli per il condannato;

– il Giudice dell’esecuzione, limitandosi alla lettura dell’art. 656 c.p.p., comma 2, ha omesso di rilevare che l’art. 656 c.p.p., comma 5, si riferisce al fenomeno della esecuzione relativo alle cosiddette pene detentive brevi, diverso dal trattamento generale della esecuzione della pena detentiva non breve e non rientrante nelle ipotesi ostative di cui all’art. 656 c.p.p., comma 9, e che esso ricorrente non solo doveva beneficiare per la pena in espiazione della liberazione anticipata, con conseguente riduzione della medesima pena, ma doveva ricevere il decreto di sospensione dell’esecuzione per poter presentare la richiesta di misura alternativa.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo, attinente alla dedotta violazione dell’art. 127 cod. proc. pen. per l’omessa presenza del Pubblico Ministero all’udienza in camera di consiglio nel corso della quale è stato modificato dalla difesa l’oggetto dell’incidente di esecuzione, è inammissibile.

La rilevata inammissibilità consegue non solo al rilievo della genericità della deduzione, non essendo stato precisato in che cosa sia consistita la modifica della domanda del condannato, in contrasto con il principio di autosufficienza del ricorso, ma anche al rilievo della carenza d’interesse del ricorrente a dedurre la prospettata nullità, che, ove sussistente, doveva essere eccepita dal Pubblico Ministero, destinatario di rituale notifica dell’avviso del procedimento camerale, nei modi e nei termini di cui all’art. 180 cod. pen., come condivisibilmente rilevato dal Procuratore Generale presso questa Corte.

2. Destituito di fondamento è il secondo motivo.

E’ consolidato da tempo l’orientamento di questa Corte, alla stregua del quale la sospensione dell’ordine di esecuzione della pena, prevista dall’art. 656 c.p.p., comma 5, non opera nei confronti del condannato che, al momento dell’esecuzione della pena detentiva cd. breve perchè non superiore a tre anni o a sei anni nei casi di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 90 e 94 si trovi già detenuto in espiazione di pena inflitta per altro titolo oppure in stato di detenzione cautelare per il fatto oggetto della condanna da eseguire (Sez. 1, n. 16800 del 20/04/2010, dep. 03/05/2010, Gjura, Rv. 246949;

Sez. 1, n. 24918 del 27/05/2009, dep. 16/06/2009, Di Marzo, Rv.

244652; Sez. 1, n. 9213 del 31/01/2008, dep. 29/02/2008, Mrhimrhi, Rv. 239218; Sez. 4, n. 18362 del 22/03/2007, dep. 15/05/2007, Guarnieri, Rv. 236413; Sez. 5, n. 12620 del 02/03/2006, dep. 10/04/2006, P.M. in proc. Casula, Rv. 234547; Sez. 1, n. 6779 del 25/01/2005, dep. 22/02/2005, Salvatore, Rv. 232938; Sez. 1, n. 8720 del 03/12/2003, dep. 26/02/2004, Raffio, Rv. 228157; Sez. 1, n. 15024 del 29/01/2001, dep. 11/04/2001, Carrara, Rv. 218373; Sez. 2, n. 5143 del 03/11/1999, dep. 29/11/1999, P.M. in proc. DiStefano, Rv.

214665).

Tale orientamento, che questo Collegio condivide e riafferma, si fonda sul tenore letterale dell’art. 656 cod. proc. pen. e sulla ratto dell’istituto della sospensione, volto a impedire l’ingresso in carcere di coloro che, trovandosi in stato di libertà, possono aspirare a uno dei regimi alternativi, senza assicurare il mantenimento dello status libertatis a coloro che, al sopravvenire di un nuovo titolo definitivo, già si trovino ristretti in carcere anche se per titolo diverso da quello oggetto della nuova esecuzione 2.1. La deduzione del ricorrente, secondo la quale l’esecuzione unitaria delle pene per la sua natura amministrativa e non giurisdizionale può essere modificata o sciolta nell’interesse del condannato, è irrilevante ai fini dell’applicazione della chiesta sospensione dell’esecuzione della pena di cui all’art. 656 c.p.p., comma 5, non essendo ostativo a tal fine, nel caso di specie, l’adottato provvedimento di unificazione di pene concorrenti del 10 agosto 2010, ma lo stato di detenzione carceraria del ricorrente in forza dell’ordine di esecuzione del 27 gennaio 2010 per la sentenza di condanna del 14 ottobre 2009, definitiva il 6 novembre 2009, poi ricompresa anche nel provvedimento di cumulo.

2.2. Nè è fondato il rilievo difensivo che, essendo le ragioni di inapplicabilità della sospensione dell’esecuzione chiarite "in modo inequivocabile" dal combinato disposto dell’art. 656 c.p.p., comma 5 e comma 9, il ricorrente "doveva ricevere, nonostante la detenzione, il decreto di sospensione in ordine al provvedimento di cumulo" del 11 agosto 2010.

Tale generico rilievo, che il ricorrente sostiene richiamando in modo acritico una decisione di questa Corte (Sez. 1, n. 38511 del 03/10/2002, dep. 15/11/2002, P.G. in proc. Sami Nabil, Rv. 222530, citata come difforme ma relativa alla diversa ipotesi della dipendenza dello stato detentivo del condannato da titolo cautelare per altro procedimento), trascura di avere riguardo:

– alla specifica e limitata esclusione della sospensione della esecuzione della pena prevista dall’art. 656 c.p.p., comma 9, lett. b), circoscritta alla situazione del condannato in stato di custodia cautelare nei cui confronti, con la pronuncia della condanna definitiva, si realizza l’interversione automatica del titolo di detenzione, che da cautelare si trasforma in esecutivo senza soluzione di continuità;

– alla ratio sottostante alla specifica preclusione posta da tale norma che vieta il provvisorio ritorno in libertà del condannato, rappresentata dalla permanenza delle esigenze cautelari all’atto del passaggio in giudicato della sentenza, pur sussistendo l’astratta possibilità di accesso a uno dei trattamenti penitenziari alternativi;

– alla finalità conseguente, comune, per identità di ratio, ai soggetti detenuti in esecuzione di altro titolo esecutivo al sopravvenire di un nuovo titolo definitivo, di assicurare il mantenimento dello status libertatis solo nei confronti di coloro che possono aspirare a uno dei regimi alternativi senza essere prima sottoposti alla detenzione carceraria, in deroga al principio generale dell’esecuzione degli atti conclusivi della potestà punitiva dello Stato.

2.3. Infondata è anche la deduzione del ricorrente, che ritiene di individuare nell’art. 656 c.p.p., comma 2, il trattamento generale dell’esecuzione della pena con caratteristiche diverse dal fenomeno previsto e trattato dall’art. 656 c.p.p., comma 5, in quanto riguardante il soggetto detenuto che "riceve un’esecuzione di pena non breve e non rientrante nell’ostatività di cui all’art. 656 c.p.p., comma 9".

L’art. 656 c.p.p., comma 2 prevede, infatti, che l’ordine di carcerazione emesso nei confronti di soggetti già detenuti, senza alcuna distinzione in ordine al titolo definitivo, deve essere comunicato al Ministro della giustizia e notificato all’interessato, mentre una tale previsione non è contenuta nel primo e nel quinto comma della stessa disposizione.

E’ consequenziale, pertanto, ritenere che l’intervento sospensivo del Pubblico Ministero possa essere esercitato solo nei confronti del condannato, che sia in stato di libertà, e che detta condizione generale sia presupposta come necessaria, dalla legge.

2.4. Non ricorre neppure la dedotta manifesta illogicità della motivazione, poichè il provvedimento impugnato, con motivazione compiuta ed esente da vizi logici e giuridici, ha compiutamente illustrato le ragioni, conformi alle indicate considerazioni giuridiche correttamente interpretate e applicate, sulle quali ha fondato il rigetto dell’istanza.

3. Il ricorso deve essere pertanto rigettato.

Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *