Cass. civ. Sez. III, Sent., 03-02-2012, n. 1618

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La CIPI Express s.a.s. propose opposizione all’esecuzione ed agli atti esecutivi avverso l’atto di precetto notificato ad istanza della Haustell International s.r.l., sostenendo la carenza della legittimazione ad agire e della titolarità del titolo esecutivo in capo a quest’ultima, nonchè la mancata notificazione del titolo esecutivo e la mancanza di esecutività del titolo.

Il Tribunale di Asti, con sentenza pubblicata il 24 novembre 2008, ha dichiarato cessata la materia del contendere per l’intervenuto pagamento di quanto richiesto con l’atto di precetto; ha quindi compensato tra le parti le spese di causa.

Avverso la sentenza Haustell International s.r.l. propone ricorso straordinario per cassazione a mezzo di otto motivi, illustrati da memoria.

L’intimata CIPI Express s.a.s. si difende con controricorso.

Motivi della decisione

Il Collegio ha raccomandato la motivazione semplificata.

Il presente ricorso per cassazione è soggetto, quanto alla formulazione dei motivi, al regime dell’art. 366 bis c.p.c. (inserito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 ed abrogato dalla L. 18 giugno 2008, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d), applicabile in considerazione della data di pubblicazione della sentenza impugnata (24 novembre 2008).

1.- Il primo motivo del ricorso, con il quale si denuncia il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 163, 183 e 184, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 4, è inammissibile per difettosa formulazione del quesito di diritto.

Infatti, il quesito è formulato in termini tali ("Vero che l’eccezione conseguente a un fatto nella disponibilità della parte deve qualificarsi eccezione in senso proprio ex art. 112 c.p.c. e pertanto non rilevabile d’ufficio in qualsiasi stato e grado del processo e che comunque anche se la rilevabilità d’ufficio sussistesse il fatto nuovo, come dedotto e argomentato per la prima volta in comparsa conclusionale e l’eccezione da esso derivante, deve rite nersi inammissibile, non legittimando pertanto in ogni caso il giudice del merito a statuire su di essa e che pertanto, in ognuna delle ipotesi formulate dal quesito, la dichiarazione giudiziale di cessazione della materia del contendere, fatti comunque salvi i motivi e gli effetti del punto n. 5, comma 1, art. 360 c.p.c., determina la nullità della sentenza per ultrapetizione e/o comunque per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112, 163, 183, 184 c.p.c., determinandosi altresì l’ulteriore violazione dell’art. 112 c.p.c., anche nella sua prima parte, per la conseguente omessa pronunzia sull’intera domanda come formulata dalle parti e che ove si qualifichi tali circostanze come error in procedendo la Corte di Cassazione ha il potere dovere di procedere all’esame diretto degli atti giudiziaria onde acquisire gli elementi di giudizio necessari ai fini della pronuncia richiestale?") da rendere pressochè incomprensibile la questione di diritto sottoposta all’esame della Corte. Il quesito di diritto non consente a questa Corte l’individuazione dell’errore di diritto denunciato dal ricorrente con riguardo alla fattispecie concreta nè l’enunciazione di una regula iuris applicabile anche in casi ulteriori rispetto a quello da decidere con la presente sentenza, poichè di tale caso e delle questioni che esso pone non è fornita alcuna valida sintesi logico- giuridica (cfr. Cass. S.U. n. 26020 del 30 ottobre 2008).

2.- Le ragioni di inammissibilità di cui sopra valgono anche con riferimento al secondo, terzo, quarto, sesto, settimo ed ottavo motivo di ricorso, con i quali si denunciano i vizi e si svolgono i quesiti di diritto di cui appresso: – motivo n. 2, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 101 e dell’art. 184 bis c.p.c., cui corrisponde il seguente quesito di diritto: "vero che, pur nell’ipotesi di rilevabilità d’ufficio dell’eccezione che derivi da un fatto dedotto tardivamente e in particolare in comparsa conclusionale, ovvero comunque dedotto successivamente allo scadere del termine della fase istruttoria, il giudice del merito debba comunque consentire l’instaurazione del contrad-dittorio sul fatto nuovo come dedotto ed eccepito dalla parte ovvero dal giudice stesso, rimettendo la causa sul ruolo ove questa sia già giunta a precisazione delle conclusioni, ovvero e comunque riaprendo i termini della fase istruttoria del processo al fine di consentire alla parte,contro la quale il fatto viene dedotto, di dedurre, controeccepire e instare a controprova e che l’omissione di tale attività deve essere considerata come violazione e/o falsa applicazione degli artt. 101 e anche 184 bis, come è per il caso di specie, in cui i fatti nuovi dedotti dalla parte hanno tutti datazione precedente l’udienza di precisazione delle conclusioni nella quale il giudice ha trattenuto la causa in decisione";

– motivo n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c., cui corrisponde il seguente quesito di diritto: "vero che il giudice del merito non può decidere per la cessazione della materia del contendere ove non si sia formato un preventivo accordo tra le parti durante il corso del processo, ovvero ove il fatto dedotto dal quale deriverebbe l’eccezione risulti privo di ammissione consensuale e congiunta ovvero risulti comunque controverso o comunque non compiutamente accertato e come in ogni caso, l’esistenza di tale con sensualità ovvero assenza di controversia sul fatto dedotto debbano essere dedotti e provati prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni e che, comunque, non può ritenersi ammissibile l’introduzione di tale deduzione e dell”eccezione derivata nella comparsa conclusionale?";

– motivo n. 4, violazione e falsa applicazione dell’art. 615 c.p.c., cui corrisponde il seguente quesito di diritto: "vero che nei processo di opposizione all’esecuzione minacciata (per quel che qui rileva) ovvero iniziata, il fatto che, nelle more del tempo intercorso per il completamento del giudizio a piena cognizione di opposizione ex art. 615 c.p.c., il debitore abbia corrisposto il dovuto come risultante dall’atto di precetto è del tutto irrilevante, essendo che la ratio della norma di cui al predetto art. 615 c.p.c. è da ricercare nell’accertamento dell’esistenza del diritto di minacciare l’esecuzione in forza di valido titolo esecutivo alla data di notifica dell’atto di precetto";

– motivo n. 6, violazione e-o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., cui corrisponde il seguente quesito di diritto: "vero che in caso di deduzione della parte di un fatto nella sua disponibilità dal quale possa determinarsi un’eccezione decisiva per il giudizio, il giudice del merito deve formulare la propria decisione in relazione alle prove proposte dalla parte deducente il fatto e relativa eccezione, non potendosi ritenere che nemmeno la dichiarazione di cessazione della materia del contendere sia esentata dall’onere probatorio in obbligo della parte come anche nel dovere del giudicante giuste previsioni di cui all’art. 115 c.p.c., con la conseguenza che ove la decisione risulti assunta in violazione di tali principi la medesima deve considerarsi nulla e comunque priva di effetti?";

– motivo n. 7, violazione e-o falsa applicazione degli artt. 88, 91 e 92 c.p.c., cui corrisponde il seguente quesito di diritto: "vero che nel caso di cessazione della materia del contendere ove non sussista e/o non venga provata l’esistenza di un accordo transattivo ovvero l’acquiescenza sul fatto dedotto deve essere dichiarata la condanna alle spese a carico della parte risultata soccombente virtuale così come è stato per il caso di specie e che altresì il giudice del merito, in caso di cessazione a della materia del contendere, non può prendere in considerazione, nemmeno ai fini della eventuale compensabilità delle spese ex art. 92 c.p.c., la parziale soccombenza della parte (ancor più se virtualmente vittoriosa) rilevando ai fini della dichiarazione di soccombenza virtuale solo gli effetti sostanziali della dichiarazione di cessazione della materia del contendere ai fini della tutela sostanziale che aveva originato il processo, diritto di minacciare l’esecuzione forzata con il precetto nel caso di specie?";

– motivo n. 8, violazione dell’art. 88 c.p.c., cui corrisponde il seguente quesito di diritto: "vero che la parte e il difensore della parte che ometta di informare il giudice dell’esistenza della pendenza ovvero conclusione di altro procedimento la cui esistenza proverebbe la non veridicità di un fatto (per quanto inammissibilmente e infondatamente nonchè irrilevantemente) dalla medesima parte dedotto in causa, viola il principio di lealtà e probità a cui sono tenute le parti e i loro difensori nel giudizio, viepiù ove il difensore che assiste la parte sia lo stesso in entrambi i giudizi e che pertanto tale violazione salvo il disposto del 2 comma dell’art. 88 c.p.c., può giustificare, anche a prescindere da qualsiasi motivo, la condanna, ovvero l’ulteriore condanna, alle spese processuali in favore della parte che ha subito tale violazione della norma di diritto derivandone il diritto di quest’ultima al favore delle spese di giudizio in ogni caso e/ del riconoscimento di ulteriori spese?" I quesiti di diritto sopra testualmente riportati, oltre a presentare i caratteri di genericità ed astrattezza di cui si è già detto, non risultano investire la ratio decidendi della sentenza impugnata (cfr., per la necessaria pertinenza del quesito, tra le altre, Cass. n. 4044/09), nè indicano in alcun modo la regola iuris adottata nel provvedimento impugnato (cfr., per la necessità di siffatta indicazione, Cass. n. 24339/08).

3.- Quanto al vizio di motivazione, denunciato, con riferimento alla norma dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, col quinto motivo di ricorso, il fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa e contraddittoria risulta indicato alla pag. 18 in modo che da esso si possa evincere soltanto la prospettazione della ricorrente, senza indicazione degli elementi processuali che il giudice a quo non avrebbe considerato nella motivazione e che, se considerati, l’avrebbero dovuto indurre ad una decisione diversa; in conclusione, esso non presenta i caratteri del momento di sintesi richiesto da questa Corte perchè possa ritenersi osservato il disposto dell’art. 366 bis cod. proc. civ., ultima parte (cfr., tra le altre, Cass. n. 4556/09).

Vanno quindi reputate inammissibili anche le censure concernenti il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

4.- Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in favore della resistente nell’importo complessivo di Euro 2.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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