Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 06-09-2011) 26-09-2011, n. 34744

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. C.Y. ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Ancona che ha confermato la sua condanna, resa dal Tribunale di Macerata il 30-11-2009 per il reato di cui al D.L. n. 86 del 1998, art. 22, comma 12, per avere assunto nel proprio opificio tre operai stranieri, privi del permesso di soggiorno.

2. Il ricorrente deduce che illogicamente la Corte ha desunto la sussistenza del reato dalla mera presenza dei tre extracomunitari all’interno dell’opificio, mentre per la configurabilità dell’illecito sarebbe occorsa la prova della loro effettiva assunzione alle sue dipendenze.

Motivi della decisione

1. La Corte ha osservato che i tre operai si trovavamo all’interno dell’opificio, quindi in una struttura che, secondo l’id plerumque accidit, accoglie lavoratori affinchè gli stessi possano espletare funzioni specifiche e che nello stabilimento i tre avevano una presenza operativa, ossia erano inquadrati nel circuito con mansioni proprie da lavoratore subordinato. Peraltro, ha richiamato le risultanze della sentenza di primo grado, che esplicitamente aveva dato atto che i detti lavoratori erano stati sorpresi, dalla PG, seduti al posto di lavoro ed intenti alla lavorazione delle pelli.

2. Il ricorrente, invece, nel fornire una lettura parcellizzata della motivazione, che non tiene conto della circostanze enunciate, ossia della adibizione dei tre lavoratori a mansioni di lavoro, muove rilievi di illogicità che invece l’iter argomentativo, ove letto nella sua completezza, non mostra.

3. La censura è, dunque, inammissibile, giacchè oltre che priva di aderenza al dato letterale e logico della motivazione, offre una versione alternativa dei fatti non consentita in questa sede.

4. Il sindacato, in sede di legittimità, non si estende, infatti, alla rivisitazione del fatto, ma è limitato al controllo, intrinseco alla stessa motivazione censurata, del rispetto da parte del giudice di merito dei parametri di adeguatezza e logicità. 5. Alla inammissibilità consegue la condanna del ricorrente alle spese processuali ed al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma che si reputa equo determinare in Euro mille.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di Euro mille a favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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