Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 18-07-2011) 26-09-2011, n. 34844

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza in data 10-3-2011 la Corte di Appello di Roma confermava la sentenza emessa dal Tribunale in data 16-11-2007 appellata da O.F., dichiarato responsabile del reato di cui all’art. 612 c.p., comma 2 e condannato alla pena di Euro 80,00 di multa, oltre al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile, R.E. (alla quale erano state rivolte minacce in varie telefonate dal (OMISSIS)).

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore, deducendo che la decisione risultava motivata apoditticamente, in merito alle richieste difensive, e che non si era dato conto delle ragioni in base alle quali non si era ritenuto di valutare le dichiarazioni della persona offesa unitamente ad altre risultanze che ne confermassero l’attendibilità.

In tal senso la difesa evidenziava che nell’atto di appello si era rilevata l’assenza di altre testimonianze (delle persone presenti come colleghi di lavoro della donna), dalle quali potesse desumersi la veridicità dei fatti(osservando che le telefonate minatorie erano state percepite da un centralino).

A riguardo la difesa rilevava che tali circostanze,erano state ritenute dal Giudice di appello ininfluenti, avendo la Corte ritenuto che l’attendibilità della persona offesa non potesse essere esclusa per la mancata indicazione di testimoni che avrebbero avuto modo di assistere alle minacce,(che – nella specie – erano state formulate attraverso comunicazioni telefoniche,e come tali si ritenevano percepibili unicamente dalla destinataria delle telefonate stesse).

Veniva censurata altresì la mancata valutazione della versione fornita dall’imputato, il quale aveva precisato che vi erano delle liti con la R., poichè la donna gli attribuiva la paternità della propria figlia minore,onde egli aveva telefonato più volte alla donna mentre era sul posto di lavoro al solo scopo di ricevere notizie della piccola.

Tale versione era stata ritenuta non veritiera dalla Corte, solo perchè non confermata dalla persona offesa.

In conclusione la difesa riteneva la illogicità della valutazione delle risultanze processuali e concludeva chiedendo l’annullamento della decisione impugnata.

Il ricorso deve ritenersi inammissibile.

Invero i motivi sono manifestamente infondati oltre che assolutamente generici nel riferimento ad altri elementi di prova che sarebbero stati influenti ai fini della decisione.

Peraltro le deduzioni difensive risultano formulate con apprezzamenti del merito, in modo ripetitivo, senza individuare alcuna incongruenza o lacuna della motivazione sui punti essenziali della decisione.

Diversamente la Corte ha correttamente valutato la prova, secondo i canoni giurisprudenziali, essendo la deposizione della persona offesa – ai fini dell’art. 192 c.p.p., – sufficiente anche da sola a costituire prova della responsabilità dell’imputato.

Va citata a riguardo Cass. Sez. 4, del 9 aprile 2004, n. 16860-RV 227901 – Deve pertanto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, ed il ricorrente va condannato come per legge al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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