Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 12-07-2011) 26-09-2011, n. 34843

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 3-2-2011 la Corte d’Appello di Catania confermava la responsabilità degli imputati M.A. e M. A. per il reato di lesioni volontarie semplici in danno di F.S. e, in parziale riforma di quella del tribunale della stessa città in data 12-11-2009, concedeva loro la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna.

Con il ricorso a firma dell’avv. V. Gullotta, si deducono nell’interesse di entrambi gli imputati:

1) Violazione di norme processuali stabilite a pena di nullità, in particolare dell’art. 552 c.p.p., comma 1, lett. c) per non essere il fatto enunciato nell’imputazione in forma chiara e precisa laddove le lesioni sono qualificate come "guaribili in oltre venti giorni", senza ulteriori specificazioni, in tal modo pregiudicando il diritto di difesa, non essendo chiaro, fino all’espletamento di perizia medico legale in dibattimento, se le lesioni fossero semplici o gravi, con ripercussioni anche sulla determinazione del giudice competente (monocratico o collegiale).

2) Inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità, in quanto F.S., persona offesa, veniva sentito come testimone, pur essendo destinatario di sentenza non irrevocabile in procedimento collegato, relativo a fatto commesso da lui nel medesimo contesto. Nè il vizio era stato sanato dagli avvisi formulati dal giudice in corso di deposizione, per di più non accompagnati dall’avviso della facoltà di nomina di un difensore.

3) Violazione di norme stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità ecc. e vizio di motivazione, in ordine alla valutazione delle dichiarazioni della p.o., nel contempo imputato di reato connesso, da effettuarsi ai sensi dell’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4, e quindi con vaglio della credibilità soggettiva e oggettiva e della presenza di riscontri. Al contrario la corte sotto il primo profilo, ha ignorato i motivi di astio della p.o. nei confronti dell’imputato per l’esito negativo di una controversia civile; sotto il secondo e il terzo, non ha tenuto conto della contraddittorietà delle sue dichiarazioni, per di più smentite dalla relazione di servizio degli operanti intervenuti, dalla deposizione dell’agente di PS G., e dalla scheda di intervento del 118, e non riscontrate dalle deposizioni Mu., Gr. e T., e neppure dalla perizia medico legale (che ha messo in dubbio il nesso causale tra la presunta aggressione e il trauma cranico riportato dal F., mentre la distorsione del rachide cervicale è intervenuta su un rachide già sofferente – la p.o. è persona invalida che usa le stampelle – e può essere dovuta anche ad un movimento brusco in un ambiente ristretto). Inoltre la corte non ha tenuto conto delle prove a discolpa, rappresentate dalle dichiarazioni dell’imputato M.A., che riportò nell’occasione contusione alla regione frontale ed occipitale con prognosi di tre giorni, avvalorate dalla testimonianza di L. A. (che lo vide scendere dall’autovettura tenendosi la fronte e con il telefono cellulare in mano) e dalla circostanza che fu M., e non la p.o., a sollecitare l’intervento delle forze dell’ordine chiamando il 113, cui riferì di essere stato colpito ripetutamente al volto da F. con schiaffi.

4) Mancata assunzione di prova decisiva e vizio di motivazione. La prova decisiva è rappresentata dall’accertamento dell’arresto della p.o., avvenuto nel (OMISSIS), per omicidio volontario premeditato con uso di arma da fuoco. La rinnovazione del dibattimento, già chiesta, riguarda il confronto fra i testi Mu. e Gr., il nuovo esame di Mu. e l’eventuale confronto tra questi e il teste T., nonchè l’audizione di T.E., teste ammessa e poi revocata. Si chiede quindi l’annullamento della sentenza impugnata.

Con il ricorso dell’avv. E. Pino, nell’interesse del solo M. A., si deducono, con unico motivo, e con argomentazioni analoghe a quelle alla base del secondo motivo del ricorso dell’avv. Gullotta, erronea applicazione della legge penale, nonchè inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità, in relazione alla ritenuta utilizzabilità della deposizione della p.o., benchè non sentita con le garanzie di cui all’art. 197 bis c.p.p..

Motivi della decisione

I ricorsi sono infondati e vanno disattesi.

1) La formulazione del capo d’imputazione si sottrae alla censura dedotta con il primo motivo del ricorso a firma dell’avv. Gullotta.

Come correttamente ed esaurientemente argomentato dai giudici di primo e secondo grado, la dizione "guaribili in oltre 20 gg.", unitamente al richiamo all’art. 582 c.p. (e non anche all’art. 583 c.p.), è chiaramente significativa della contestazione di lesioni semplici, guarite entro il termine di quaranta giorni, senza alcun pregiudizio, quindi, dell’esercizio del diritto di difesa, neppure sotto il profilo dell’individuazione del giudice competente, tra l’altro lo stesso – il tribunale monocratico – anche nel caso di lesioni guarite oltre tale termine.

2) Nè ha maggior consistenza l’eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni della p.o., sollevata con il secondo motivo del ricorso dell’avv. Gullotta e con il ricorso dell’avv. Pino. Pur condividendosi la ravvisabilità dell’interesse dell’imputato a proporre la questione, si deve tuttavia condividere il rigetto di essa da parte dei giudici di merito. Il primo giudice, infatti, nel corso della deposizione, aveva effettuato al F. gli avvisi imposti dalla sua posizione di imputato di reato collegato -nei cui confronti era stata pronunciata sentenza non ancora definitiva-, chiedendogli espressamente se egli "intendeva rispondere", con chiaro riferimento, grazie all’uso dell’imperfetto, anche alle dichiarazioni già rese. Indubbio quindi l’effetto di ratifica esercitato dalla risposta affermativa della p.o., sulle predette dichiarazioni, non essendo ravvisabile significativa diversità tra tale modo di procedere e la richiesta espressa di confermare le dichiarazioni appena rese. Pure infondato l’ulteriore profilo della questione, relativo al mancato avviso della facoltà di nomina di un difensore.

Come ineccepibilmente osservato dalla corte territoriale, il fine di tutela del diritto di difesa alla base della relativa disposizione, deve ritenersi raggiunto per il fatto che F., costituito parte civile, era già assistito da un difensore di fiducia.

3) Le censure prospettate con il terzo motivo sono inammissibili in quanto, dietro i vizi del provvedimento impugnato apparentemente dedotti, tendono a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito e già adeguatamente valutati sia dal tribunale che dalla corte d’appello. Esse sono infatti esclusivamente incentrate sulla prospettazione di una ricostruzione alternativa degli esiti della testimonianza della persona offesa, contestando il significato e l’interpretazione dei dati acquisiti, e contrapponendo l’esistenza di argomenti che attengono alla plausibilità della valutazione compiuta dai giudici del merito, senza tener conto che è estraneo al giudizio di legittimità ogni discorso meramente confutativo del significato della prova, e della sua capacità dimostrativa. Nel caso in esame la pronuncia di secondo grado ha ineccepibilmente argomentato la credibilità soggettiva della persona offesa, pur non ignorando l’esistenza di una controversia civile in atto tra le parti – indicata come il contesto in cui era maturata la vicenda e come la causa scatenante della lite-, come pure la sua credibilità oggettiva, ribattendo punto per punto alle osservazioni formulate con i motivi d’appello. Così la presunta smentita alla sua ricostruzione proveniente dalla relazione di servizio degli operanti (intervenuti a lite conclusa), dalla deposizione dell’agente di PS G., e dalla scheda di intervento del 118, da cui non risulta una vera e propria aggressione ai danni del F., è stata logicamente superata attribuendo le prime riduttive dichiarazioni della p.o. allo stato confusionale in cui si trovava e al desiderio di non aggravare il conflitto con gli imputati, fermo restando che, mentre M. A. non aveva riportato lesioni visibili (tra l’altro F. è stato assolto con sentenza definitiva dal reato di lesioni in danno di questi), di notevole rilievo erano quelle refertate a F..

La corte territoriale ha del pari fornito ampia ed attenta motivazione, non scalfita dalle doglianze del ricorrente, delle ragioni per le quali le deposizioni Mu. (il corniciaio/aerografo che aveva assistito alla scena dal vicino bar, ricostruendola negli stessi esatti termini della p.o.), Gr.

(datore di lavoro di Mu.) e T. (barista intervenuto in soccorso dell’aggredito), costituivano adeguato riscontro alla versione di F.. Come pure delle ragioni per le quali la perizia medico legale non era superata dalle osservazioni della Difesa (che nel ricorso si limita a citarne stralci fuori contesto), sul punto del nesso causale tra l’aggressione e il trauma cranico riportato dal F., e sulla compatibilità della distorsione del rachide cervicale – già sofferente – del F., invalido civile al 100% in conseguenza dell’amputazione di un arto, che deambula con l’ausilio di stampelle, con il ristretto ambiente dell’autovettura in cui era intervenuta l’aggressione. Del tutto infondata, poi, la presunta mancata valutazione da parte della corte territoriale delle prove a discolpa, indicate dal ricorrente nelle dichiarazioni dell’imputato M.A., asseritamente avvalorate dalla testimonianza di L.A. (che lo vide scendere dall’autovettura tenendosi la fronte e con il telefono cellulare in mano), in quanto questa è stata debitamente vagliata nella sentenza impugnata e ritenuta compiacente, perchè, oltre a provenire da persona che L. ha legami con gli imputati e che sopraggiunse al termine della lite, in contrasto con quella resa dallo stesso teste al giudice di pace e con le dichiarazioni di Ma.

A.. Mentre priva di rilevo è la circostanza che fu M.A., e non la p.o., a sollecitare l’intervento delle forze dell’ordine chiamando il 113, possibile frutto di strategia intesa a precostituirsi un elemento a favore, secondo la plausibile interpretazione della corte territoriale.

4) Pure oggetto di doglianze già proposte, esaminate e respinte dalla Corte territoriale con perspicua motivazione, le censure proposte con quarto motivo. L’acquisizione dell’ordinanza cautelare e della richiesta di giudizio immediato nei confronti di F., per omicidio commesso nel (OMISSIS), è stata ritenuta da questa corte, con ordinanza, irrilevante nel giudizio di legittimità. Peraltro in punto di rigetto dell’acquisizione del verbale di arresto della p.o. per quel fatto, la corte d’appello aveva, con motivazione logica e puntuale, ampiamente evidenziato come una vicenda di svariati anni successiva a quello in esame, non potesse riverberare effetti sull’attendibilità della p.o.. Quanto infine alla rinnovazione del dibattimento, già chiesta e non ammessa, riguardante il confronto fra i testi Mu. e Gr., il nuovo esame di Mu. e l’eventuale confronto tra questi e il teste T., nonchè l’audizione di T.E., i giudici di secondo grado hanno dato pieno conto, sulla base del giudizio di attendibilità della versione della p.o., e delle accertate indebite interferenze di M.A. nell’iter formativo della prova, delle ragioni del mancato esercizio del relativo potere, a fronte della decidibilità del processo allo stato degli atti.

Al rigetto dei ricorsi segue la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè quella solidale alla rifusione delle spese di parte civile, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè in solido alla rifusione delle spese di parte civile, che liquida in complessivi Euro 1800, oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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