Cons. Stato Sez. IV, Sent., 14-10-2011, n. 5538 Convalida e sanatoria

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con riferimento alla normativa dettata dalla legge 27 luglio 2000 n.212, istitutiva dell’Organo del "Garante del Contribuente", in vista del rinnovo del predetto Ufficio per la Regione Friuli Venezia Giulia (scaduto il 4/4/2009), il Direttore Generale delle Entrate trasmetteva al Presidente della Commissione Tributaria Regionale (competente alla nomina dell’Organo collegiale in parola) la terna dei candidati, tra cui erano indicati il dott. A. T. e il Dott. S. V. formata ai fini della nomina del componente appartenente alla categoria di cui all’art.13 comma 2 lettera b) di detta legge.

Con decreto del 6 aprile 2009 n.1118 il Presidente facente funzioni della Commissione Tributaria Regionale nominava i tre nuovi componenti del " Garante del Contribuente " fra cui il dott. S. V..

Avverso tale decreto insorgeva presso il TAR per il Friuli Venezia Giulia l’attuale appellante, che, con ricorso introduttivo articolato su due motivi, denunciava l’erroneità della determinazione con cui per la nomina in questione era stato preferito inspiegabilmente il dott. V. al medesimo dott. T..

Nelle more di tale giudizio, il Presidente ff. della CTR, con riferimento al ricorso proposto dal dott. T., con particolare riguardo alla censura di eccesso di potere per assoluta carenza di requisiti in capo al nominato, con nota del 6/7/2009 prot. n.1938 disponeva, ai sensi dell’art.21 nonies comma 2 della legge n.241/90, l’avvio del procedimento di convalida del proprio provvedimento n.1118 del 6/4/2009, culminato con il decreto n.2125 del 10 agosto 2009 con il quale, visti "gli approfondimenti istruttori" e "sussistendo rilevanti ragioni di interesse pubblico", disponeva la convalida del decreto n.1118 del 4/6/2009.

Il dott. T. produceva avverso tale decreto di convalida motivi aggiunti con cui deduceva, a mezzo di sei mezzi d’impugnazione, vari profili di illegittimità.

Con sentenza n.164/2010 l’adito Tar respingeva, ritenendola infondata, la proposta impugnativa e avverso tale decisum è insorto l’interessato, affidando al proposto ricorso in appello le seguenti censure:

Violazione e falsa applicazione dell’art.21 nonies comma 2 e 21 octies della legge n.241/90; Eccesso di potere per difetto radicale dei presupposti. Difetto assoluto di motivazione e violazione dei principi generali di cui agli artt.112 e 115 c.p.c.;

Violazione e falsa applicazione dell’art.21 nonies comma 2 della legge n.241/90 sotto altro profilo. Difetto assoluto di motivazione e violazione dell’art. 112 c.p.c.;

Violazione e falsa applicazione degli artt.3 e 6 della legge n.241/90 – Difetto assoluto di motivazione e di istruttoria – Travisamento dei fatti.

Si sono costituiti in giudizio per resistere l’intimata Amministrazione e il controinteressato dott. V..

All’udienza del 12 luglio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

L’appello è infondato e, come tale, va respinto.

Oggetto di controversia è il procedimento con cui si è provveduto alla nomina di un componente dell’Ufficio del Garante del Contribuente per la Regione Friuli Venezia Giulia, quello appartenente alla categoria (prevista dall’art.13 comma 2 lettera b della legge 27 luglio 2000 n.212) dei dirigenti dell’Amministrazione finanziaria a riposo da almeno due anni, scelto nella terna dei candidati formulata dal Direttore generale del Dipartimento delle Entrate, lì dove tra i due funzionari indicati, il dott. S. V. e il Dott. A. T., il primo è stato "preferito" nella nomina in questione.

La peculiarità della vicenda all’esame è rappresentata dal fatto che ad un primo atto di nomina del dott. V. (decreto n.1118 del 6/4/2009) faceva seguito, dopo l’intervenuta impugnativa in sede giurisdizionale di tale decreto ad opera dall’attuale appellante dott. T., un provvedimento di convalida di tale nomina espressamente assunto ai sensi dell’art.21 nonies della legge n.241/90 (decreto n.2125 del 10/8/2009).

In particolare, con il provvedimento di convalida, adottato all’esito del relativo procedimento, l’Organo preposto alla nomina (il Presidente della Commissione Tributaria Regionale) ovviava in concreto ad una carenza motivazionale (e, ma solo per limitati versi, istruttoria) dell’originario atto di nomina e all’esito delle disposte integrazioni confermava il decreto n.1118 del 6 aprile 2009.

Ciò detto, parte appellante, con i primi due articolati motivi d’impugnazione (reiterativi delle censure dedotte in primo grado con i motivi aggiunti) muove numerose critiche all’operato dell’Amministrazione, denunciando, specificatamente, un uso improprio, distorto e illegittimo dell’istituto della convalida sulla scorta di una serie di rilievi che possono così riassumersi:

a) il provvedimento di convalida non può essere utilizzato durante la pendenza di un giudizio; b) con esso si è proceduto a rettificare il contenuto sostanziale di un atto amministrativo (e non un vizio formale) mediante un indebito riesercizio di discrezionalità; c) il decreto di convalida è il frutto di un palese sviamento, dal momento che il relativo procedimento è stato preordinato ad un solo, determinato scopo, la nomina del dott. V., senza tener conto dei contenuti e delle risultanze dell’esperita attività istruttoria; d) mancano nella specie le ragioni di pubblico interesse giustificative dell’esercizio del potere di convalida (e comunque esse non sono state esplicitate), concretandosi, in tal modo, la violazione della norma di cui all’art.21 nonies della legge n.241/90.

Le argomentazioni poste a sostegno dei dedotti profili di illegittimità dell’atto in contestazione non appaiono condivisibili.

La convalida, sotto un profilo spiccatamente dottrinario, è figura del sistema amministrativo facente parte del più ampio fenomeno dell’autotutela, potere in virtù del quale la P.A. ha la facoltà di sanare i propri atti da vizi di legittimità, in applicazione, come evidenziato dalla giurisprudenza (cfr. Con stato Sez.IV 9/7/2010 n.4460), del principio di economia dei mezzi giuridici e di conservazione degli atti.

Essa consiste, in particolare in una manifestazione di volontà della pubblica amministrazione rivolta ad eliminare il vizio dell’atto (originariamente) invalido, in genere per vizi formali o di procedura o per incompetenza.

Le ragioni di economia dei mezzi giuridici poi è il principio che è stato tenuto in passato in considerazione dalla giurisprudenza al fine di consentire l’esercizio del potere di convalida avente ad oggetto anche un atto che sia sub iudice (cfr. Con stato Sez. IV 26/6/1998 n.991); e comunque l’ammissibilità della convalida di un atto nelle more del giudizio è da ritenersi ormai fuor di dubbio alla luce della novella recata dall’art.21 nonies della legge n.241/90, norma che ha previsto la possibilità, in generale, di convalida dell’atto per ragioni di pubblico interesse ed entro un ragionevole lasso temporale (disposizione peraltro espressamente richiamata dalla nota di avvio del procedimento di convalida per cui è causa), senza che il legislatore abbia previsto come causa preclusiva la pendenza di un giudizio.

Nella specie, allora, si è in presenza di un provvedimento nuovo (il decreto di convalida 10/8/2009 n.2125), ma che si collega all’atto convalidato (decreto di nomina 4/4/2009 n.1118), al fine di mantenerne fermi gli effetti fin dal momento in cui questo venne emanato(efficacia ex tunc), con il preciso scopo di operare una sanatoria dell’atto viziato nel momento storico di avvenuta instaurazione di controversia giudiziaria, senza che in ciò possa rinvenirsi una qualsiasi volontà di riesercizio di un’attività discrezionale e/o di amministrazione attiva esercitata per la prima volta.

Neppure si deve ritenere che il potere di convalida, nel caso che ci occupa, sia avvenuto al di fuori dell’ambito oggettivo di applicazione dell’istituto.

Vero è che la convalida riguarda per lo più vizi formali, ma è proprio in relazione alla rimozione di una causa di annullabilità di tipo non sostanziale che il provvedimento di convalida qui in contestazione è stato assunto, quello precisamente di sanare l’originario atto di nomina da una rilevata carenza e/o insufficienza di motivazione.

In concreto, è stata riscontrata dall’organo procedente, a carico del provvedimento di nomina precedentemente adottato, la mancata esplicitazione delle ragioni di affidamento dell’incarico; e se così è, quella rilevata è una classica causa di annullabilità afferente gli aspetti formali del procedimento di formazione di un provvedimento, con piena applicabilità di un atto di sanatoria sub specie di convalida, onde ovviare alla prefata manchevolezza. D’altra parte, una puntuale conferma della chiara intentio dell’Organo procedente, ma anche della portata dell’intervento è data dall’espressa attestazione nella parte narrativa del decreto di convalida per cui " le scelte operate… non risultano adeguatamente giustificate in maniera esplicita": di qui dunque l’intervento riparatorio, diretto ad eliminare il vizio (formale) di una insufficiente motivazione, con l’integrazione della stessa a mezzo dell’inserimento di elementi esposti all’esito di una approfondita istruttoria.

Parte appellante critica inoltre fortemente il nuovo atto, ritenendolo frutto di un palese sviamento, nel senso che il procedimento di convalida sarebbe stato unilateralmente preordinato all’unico scopo di far conseguire la nomina al dott. V..

Così non è.

In primo luogo, dall’operato dell’Amministrazione non è dato evincere, nè in linea di principio, né in concreto, una volontà univocamente diretta a precostituire il risultato della nomina del dott. V.; in ogni caso, la doglianza in questione è smentita dalla natura giuridica e dalle finalità istituzionali della figura della convalida.

Invero, con tale istituto si vuole e si deve, sempreché ne sussistano le circostanze, procedere a conservare gli effetti dell’atto in precedenza emanato (e che rimane l’espressione del potere sostanziale); ma è del tutto naturale e fisiologico che l’opera di rimozione dei vizi originariamente posseduti dall’atto da sanarsi conduca ad una conferma di quanto in precedenza disposto, senza che a tal fine faccia velo, come nel caso in questione, un disposto approfondimento istruttorio e soprattutto senza che si possa configurare una univoca, distorta finalità di conferimento dell’incarico de quo alla persona in precedenza designata.

Parte appellante al riguardo non può a ragione,, come fatto valere in apposita memoria, dedurre dei profili di non costituzionalità della norma ex art.21 nonies comma 2 della legge n.241/90 dal momento che la convalida contemplata dal legislatore reca ex se tutte le ordinarie caratteristiche degli strumenti di autotutela (affidati all’Amministrazione) previsti dai canoni dell’azione amministrativa, come dettati dall’art.97 Cost.; e neppure può lamentare una non corretta e/o inappropriata applicazione della disposizione legislativa in parola, atteso che nella specie non si è dato luogo tout court ad una rinnovata attività discrezionale di scelta del nominando.

Invero, vi è nelle tesi dell’appellante un errore d’impostazione, rinvenibile nel ruolo che parte appellante ritiene di dover dare agli incombenti istruttori disposti in relazione all’esercitato potere di convalida, dovendosi, in particolare convenire invece sul fatto che tale attività si è risolta esclusivamente nel consentire l’emersione per così dire visiva delle ragioni di una scelta, li dove, in origine, di tanto non si era data adeguata contezza; e il tutto a mezzo di una istruttoria che si è rivelata, appunto, funzionale alla conferma di quanto in precedenza in nuce fondatamente deciso.

Quanto alla denunciata insussistenza delle ragioni di pubblico interesse richieste dalla previsione recata dall’art.21 nonies (e/o mancata motivazione in ordine a tali ragioni) il vizio dedotto non sussiste.

Invero, il requisito prescritto dalla norma de qua appare nella specie ben sussistente, oltreché evidenziato in virtù non tanto della pur dichiarata esigenza di " fornire massima trasparenza e conseguente legittimità al decreto di nomina originario" (come espressamente recita il decreto impugnato), di per sé sufficiente a giustificare l’adozione dello strumento riparatorio di che trattasi, ma in considerazione del fatto che le ragioni di pubblico interesse coincidono proprio con quelle che sottostanno all’utilizzo dell’istituto e cioè il rispetto del principio di conservazione degli atti e di economia dei mezzi giuridici, a loro volta insiti nei concetti di trasparenza, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 della Costituzione.

Con le censure di cui al terzo motivo d’impugnazione parte appellante muove in concreto due ordini di rilievi:

la presidenza della CTR ha dato luogo, alla luce delle risultanze istruttorie, ad una valutazione comparativa a mezzo di una valutazione parziale ed incompleta dei curricula dei candidati;

la convalida operata in favore del controinteressato è avvenuta senza attendere che pervenisse la documentazione personale (foglio matricolare) dell’appellante, pure richiesta in base alla disposta istruttoria.

Tali critiche non colgono nel segno.

Vale anche qui ribadirlo, nella specie ci si è determinati unicamente ad attivare un procedimento amministrativo di secondo grado di convalida che ha condotto alla sostituzione confermativa dell’atto in precedenza adottato e ritenuto affetto da un vizio di legittimità, con l’annotazione che siffatto procedimento è stato accompagnato da un’attività istruttoria, la quale, lungi dal supplire ad un sostanziale difetto di acquisizione di dati e fatti, si è rivelata funzionale all’integrazione, in termini di enunciazione formale, delle ragioni della scelta già operata in favore del dott. V., ritenuta meritevole di conferma.

Se quelli testé evidenziati sono i tratti salienti che hanno caratterizzato gli atti complessivamente posti in essere dalla Presidenza della Commissione Tributaria Regionale, occorre, ad avviso del Collegio, dare atto che con le determinazioni qui in discussione non si è dato vita ad un procedura valutativa di comparazione tra i curricula dei due candidati, potendosi tutt’al più configurare un giudizio di merito assoluto, ancorato al parametro della valutazione dello status dirigenziale rivestito in servizio dagli interessati, se è vero che la scelta del soggetto cui affidare l’incarico deve avvenire, per espresso dettato legislativo (art.13 comma 2 lettera b legge n.212 del 27/7/2000) tra i dirigenti dell’Amministrazione finanziaria a riposo da almeno due anni, in una terna formata per ciascuna Direzione Regionale delle Entrate, dal Direttore Generale del Dipartimento delle Entrate.

Ora se si vuole spostare il discorso su un piano prettamente sostanziale, non risulta messo in discussione da parte dell’appellante un dato estremamente significativo, quello per cui il dott. V. può vantare l’esercizio di funzioni dirigenziali per almeno dieci anni, a fronte di un periodo di attività dirigenziale del dott. T. di soli tre anni (come si è appurato quando sono giunti gli elementi richiesti con riguardo al T.); e tale circostanza, in relazione alla previsione normativa disciplinante il parametro di riferimento per l’effettuazione della nomina in discorso non può non assumere un significativo, se non decisivo, ruolo ai fini della "scelta" operata nei confronti dell’attuale controinteressato.

Quanto al vizio di tipo procedurale costituito dal fatto che in concreto il provvedimento di convalida è intervenuto senza che si attendesse il deposito della documentazione matricolare richiesta al dott. T., se anche in ciò si volesse intravvedere a carico dell’Organo procedente un non troppo ortodosso comportamento, una siffatta circostanza non è comunque idonea a costituire un vizio di legittimità e neppure una forma di irregolarità ove si consideri che:

a) ai fini sostanziali le risultanze documentali da inoltrarsi in favore del dott. T. non cambiavano in maniera determinante la situazione riguardante il giudizio di merito, dal momento che non risulta esse risultanze fossero in grado di contrastare o comunque di porre in non cale il dato relativo al maggior periodo di dirigenza vantato dal dott. V. (rispetto all’appellante); b) la non avvenuta acquisizione del documento de quo (foglio matricolare del dott. T.) avuto riguardo alla natura giuridica del modello di scelta assunto (merito assoluto e non valutazione comparativa) e tenuto conto del ruolo sì di trasparenza, ma pur sempre di tipo "integrativo" conferito al disposto supplemento istruttorio, non pare possa configurarsi come un indebito arresto procedimentale, a fronte dell’esigenza di definire una procedura essenziale per il funzionamento dell’organo, che ben rischiava (ingiustificatamente) di rimanere "paralizzato" dai tempi di produzione di un documento "inutiliter dato".

In forza delle suestese considerazioni l’appello va respinto, meritando l’impugnata sentenza integrale conferma.

Sussistono, peraltro, in relazione alla specificità della vicenda, giusti motivi per compensare tra le parti spese e competenze del presente grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta),

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Compensa tra le parti spese e competenze del presente grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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