Cass. civ. Sez. III, Sent., 03-02-2012, n. 1612 Espropriazione forzata di beni immobili Vendita forzata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il 17 febbraio 2009 il Tribunale di Messina, in composizione monocratica, nelle cause riunite promosse da G.M. A., G.M.I. e Banco di Sicilia, rigettava le opposizioni agli atti esecutivi e dopo avere dichiarata la contumacia di Albatros Eurotrade s.r.l., Montepaschi serit e A. A., creditori intervenuti in una delle procedure, compensava tra le parti le spese di lite. Avverso siffatta decisione propongono ricorso per cassazione G.M.A. e G.M. I., affidandosi a due motivi e depositando memoria.

Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

1. Osserva il Collegio che, sebbene due siano i motivi di ricorso, in realtà, unica si appalesa la censura sotto un duplice profilo:

dell’errore di diritto (violazione e falsa applicazione dell’art. 586 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) e del vizio di motivazione (mancanza o intima contraddittorietà della motivazione e/o motivazione che alla luce dei fatti risultati dalla sentenza appare illogica e contraddittoria sì da potersi considerare violata la norma che impone al giudice di esporre anche i motivi in fatto della decisione).

In buona sostanza, i ricorrenti lamentano che il giudice dell’esecuzione avrebbe violato l’art. 586 c.p.c., in quanto avrebbe disposto la sospensione della vendita con l’aggiudicazione ad essi ricorrenti ad un prezzo più basso di quello successivamente sborsato per lo stesso, malgrado non esistesse alcuna indicazione neppure vaga e generica del divario tra giusto prezzo e quello concretamente corrisposto e le uniche interferenze illegittime consistevano nella omessa partecipazione all’incanto di un concorrente, arrestato e successivamente condannato per il reato di estorsione e turbativa dell’asta, ossia dell’avv. B.. Ciò posto in rilievo appare di tutta evidenza che il giudice a quo, il quale ha preso atto degli orientamenti interpretativi di questa Corte, alla luce dei quali ha motivato il suo convincimento, ha condiviso l’orientamento, da ritenersi consolidato, di cui alla sent. n. 6269/03, che richiama e di quello di cui alla sent. n. 23799/07, (v. anche Cass. n. 4344/10;

Cass. n. 16755/10) e che in questa sede va ribadito.

Di vero, con questo orientamento si è avuto modo di precisare che il potere discrezionale di sospendere la vendita ex art. 586 c.p.c., pur formalmente modellato L. n. 203 del 1991, ex art. 19 bis, sulla L. Fall., art. 108, persegue lo scopo di contrastare tutte le possibili interferenze illegittime nel procedimento di fissazione del prezzo delle vendite forzate immobiliari, per cui l’individuazione del giusto prezzo non solo presuppone una comparazione tra i dati costituiti dal prezzo concretamente realizzato con l’aggiudicazione e da quello che in condizioni di non interferenza di fattori devianti sarebbe stato conseguito nella procedura di vendita, ma per disporre la sospensione la differenza tra i due prezzi dovrà evidenziarsi in termini di notevole inferiorità, secondo criteri da adottarsi di volta in volta in relazione al caso concreto nel quadro della esigenza di contrasto alla illegalità cui si ispira l’art.19 bis sopra richiamato.

Ed è ciò che si rinviene nella sentenza impugnata, solo che si ponga attenzione alla circostanza che il bene è stato aggiudicato agli attuali ricorrenti non già al prezzo di Euro 171.748,01, bensì al prezzo, ben maggiore, di Euro 251.000/00, per cui appare ictu oculi evidente la notevole inferiorità del primo, che fu determinato al settimo incanto, allorchè si verificò l’arresto dell’altro concorrente e poco dopo il sequestro dei documenti relativi al bene.

Ne consegue che il primo motivo va respinto ed il secondo resta assorbito, dovendosi aggiungere che il B. era un concorrente all’asta e fu arrestato proprio in quella udienza ove il prezzo era fissato ad Euro 171.748,01 e per reati connessi a quella asta.

Conclusivamente il ricorso va respinto, ma nulla va disposto per le spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla dispone per le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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