Cons. Stato Sez. IV, Sent., 14-10-2011, n. 5537 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il sig. C. G., proprietario di un immobile, adibito ad attività commerciale di somministrazione di alimenti e bevande sito in contrada S.Mauro del Comune di Sannicola, presentava in date 31/1/2004 e 6/12/2004 istanza di sanatoria ex art. 32, 25° comma del dl 269 del 2003 relativamente ad alcune opere edilizie ivi abusivamente realizzate, consistenti, in particolare, in una tettoia con relativo volume.

Dopo la comunicazione del preavviso di rigetto ai sensi dell’art.10 bis della legge n.241/90, il Comune con provvedimento prot. n.1290 del 7/2/2006 opponeva in ordine alla predetta richiesta di condono il proprio diniego, facendo rilevare come il manufatto oggetto della domanda di condono ricadeva in zona assoggetta ai vincoli paesaggistico, idrogeologico e Sic (sito di interesse comunitario) e l’abuso per la sua tipologia edilizia non era condonabile, essendo state peraltro le opere eseguite successivamente alla data del 31/3/2003.

L’interessato, che intanto aveva impugnato il suindicato diniego con apposito ricorso innanzi al Tar per la Puglia sezione di Lecce, in data 31/1/2005, presentava domanda di accertamento di compatibilità paesaggistica in sanatoria ex art.1, comma 37 legge n.308/2004 relativamente alle opere oggetto di domanda di condono; e tale richiesta, sulla scorta del parere negativo reso dalla Soprintendenza per i beni ambientali e paesaggistici con nota del 23/5/2006 prot. n. 4327, veniva respinta dal Comune di Sannicola con provvedimento prot. n. 6394/06 del 27/6/2006.

Anche tale negativo provvedimento veniva fatto oggetto da parte del sig. C. di autonoma impugnativa innanzi al predetto TAR.

In data 15/11/2005 il C. presentava al Comune domanda di ampliamento dell’autorizzazione alla ristorazione già rilasciata con licenza n.166 del 2005 (limitata ai soli 20mq) relativamente alle aree abusivamente realizzate ed oggetto della domanda di condono prodotta in data 6/12/2004, ma anche tale istanza veniva respinta dall’Amministrazione sul rilievo del carattere abusivo delle opere realizzate e della non sanabilità delle stesse.

Il provvedimento veniva gravato innanzi al giudice amministrativo pugliese con specifico ricorso giurisdizionale (il terzo).

Con sentenza n.2231/07 il Tar di Lecce, previa riunione degli stessi, rigettava i tre ricorsi presentati dal C., ritenendoli infondati.

L’interessato ha impugnato tale sentenza con l’appello all’esame, a mezzo del quale ha criticato sia il decisum, frutto a suo dire di una errata applicazione e/o interpretazione delle norme dettate in materia di condono edilizio e paesaggistico, sia la illegittimità dei provvedimenti negativamente resi dall’ Amministrazione in ordine alle richieste dallo stesso formulate, lì dove tali atti sarebbero, sempre secondo la tesi difensiva, illegittimi perché viziati da violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili.

Il sig. C. infine ha reiterato la richiesta, già formulata in prime cure, di risarcimento del danno "derivato e derivante dai provvedimenti impugnati".

Si è costituito in giudizio il Comune di Sannicola che ha contestato la fondatezza del proposto gravame di cui ha chiesto la reiezione.

Resiste altresì all’appello l’intimata Amministrazione statale per i beni ambientali e paesaggistici.

All’ udienza pubblica del 12 luglio 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

L’appello è infondato e come tale va respinto, con conferma di quanto deciso in primo grado.

Le questioni di diritto che la Sezione è chiamata a dirimere sono sostanzialmente due:

la sanabilità o meno di opere abusive (una tettoia con lamiera dalla consistente volumetria) realizzate su un immobile adibito ad attività commerciale insistente su area assoggettata a vari vincoli di in edificabilità (idrogeologico e paesaggistico), per le quali è stata presentata domanda di condono;

l’autorizzabilità o meno di una richiesta di ampliamento di autorizzazione ai fini commerciali relativamente all’area "aggiuntiva" oggetto di istanza di sanatoria.

In relazione alla prima quaestio, il Comune ha addotto a sostegno del diniego di condono due circostanze ostative: l’una, desunta dall’art.32 del d.l.n.269/03 (legge di condono), rappresentata dal fatto che l’area su cui insiste l’immobile de quo è sottoposta ai vincoli paesaggistico ed idrogeologico, senza che sia possibile consentire la sanatoria di opere ivi realizzate sine titulo; l’altra, per il fatto che i lavori sarebbero stati eseguiti dopo il termine del 31/3/2003, quale data finale entro cui è necessario siano ultimate le opere abusive.

Parte appellante sostiene che l’abuso interessa un’area sita in una zona sottoposta a vincolo di inedificabilità relativa e non assoluta, sicché l’opera abusiva è suscettibile di sanatoria, una volta acquisito il parere favorevole dell’Autorità preposta al vincolo.

La tesi interpretativa dell’appellante non appare condivisibile.

L’art.32 comma 27 del d.l. 30/9/2003 n.269 convertito in legge 24/11/2003 n.326 fa esplicito riferimento alle disposizioni di cui agli artt.32 e 33 della legge n.47 del 1985, articoli che hanno introdotto le nozioni rispettivamente di inedificabilità relativa ed inedificabilità assoluta.

La prima ipotesi caratterizza il regime di sanabilità di opere insistenti su aree sottoposte a vincolo ove è tuttavia possibile l’edificazione, anche a sanatoria, previo ottenimento del parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo.

Il secondo caso invece disciplina la inedificabilità assoluta caratterizzata dal divieto di edificare (e correlata non sanabilità delle opere) successivamente all’imposizione del vincolo, divieto non superabile nemmeno con il parere favorevole dell’Amministrazione di settore.

Ciò detto, l’art.32 comma 27 del dl n.269/03 reca il seguente disposto: "fermo restando quanto previsto dagli artt.32 e 33 della legge 28/271985 n.47, le opere abusive non sono suscettibili di sanatoria qualora:…. lettera d)…siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti in base a leggi statali e regionali a tutela di interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici…qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o difformità di titolo abilitativo e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici".

Ora il regime giuridico di non sanabilità delle opere abusive recati da tale norma appaiono perfettamente confacenti al caso all’esame, ivi rinvenendosi, in particolare, le condizioni volute dal legislatore per farsi luogo al divieto del beneficio della sanatoria, se è vero che, nella specie:

sussistono sull’area de qua dei vincoli (quello idrogeologico, ex lege n.1497/39, e quello paesaggistico, ex decreto Galasso) imposti dal legislatore statale in epoca sicuramente antecedente alla realizzazione delle opere abusive;

trattasi di opere edilizie realizzate in assenza di titolo ad aedificandum, incompatibili, in ragione della natura e dell’entità delle stesse, con le ragioni che hanno giustificato l’imposizione sui luoghi di un vincolo di tutela paesaggistica e di assetto idrogeologico;

sussiste il contrasto con le prescrizioni urbanistiche, ove si consideri che al momento di presentazione della domanda di condono (come desumibile dal certificato di destinazione urbanistica) l’area interessata dall’intervento abusivo era classificata come verde a parco paesistico

Quella testé descritta, oltre a riprodurre fedelmente il paradigma normativo di tipo preclusivo ex art.32 comma 27 lettera d), è la situazione di fatto e di diritto riconducibile all’art.33 della legge n.47 del 1985, che prevede la inedificabilità assoluta e la conseguente non rilasciabilità del titolo in sanatoria, della quale ha fatto corretta applicazione, con il diniego per cui è causa, l’Amministrazione comunale (cfr. Cons Stato Sez. VI 2/2/2009 n.537).

L’abuso in questione non è dunque suscettibile di sanatoria e se anche lo fosse (ma così non è) l’interessato non potrebbe giovarsi della normativa di favore, attesa l’assenza del requisito temporale contemplato dal legislatore per usufruire del condono (l’ultimazione delle opere abusive entro il 31 marzo 2003).

Invero dalla disamina della vicenda all’esame sono evincibili elementi di giudizio che fanno ritenere come le opere de quibus siano state realizzate agli inizi dell’anno 2004, se è vero che la stessa parte appellante, nel chiedere in tale periodo l’autorizzazione commerciale provvisoria all’attività di somministrazione di alimenti e bevande su un’area esattamente coincidente con la volumetria oggetto della domanda di condono edilizio, annuncia che la copertura sarà realizzata con pannelli coibentati.

Al di là comunque di tale ultima circostanza rimane il fatto che l’abuso è inquadrabile nella tipologia 1 delle opere di cui all’allegato 1 del d.l. n.269/03, per le quali la legge in parola prevede la non sanabilità, avuto riguardo, appunto, alla palese incompatibilità con i valori paesaggistici del luogo che si intendono tutelare e alla non conformità alle prescrizioni dettate dallo strumento urbanistico.

Non vale poi a rendere l’opera edilizia sanabile la circostanza (pure invocata a sostegno della dedotta illegittimità dell’opposto diniego) per cui l’Amministrazione avrebbe rilasciato per detta area l’autorizzazione commerciale: è evidente che il titolo rilasciato potrebbe avere rilevanza su altro versante (quello dell’utilizzazione dell’area), ma certo non abilita a far ritenere sussistente la conformità urbanisticoedilizia di una volumetria realizzata abusivamente.

In ogni caso, trattasi di autorizzazioni rilasciate stagionalmente, con validità ed effetti temporalmente limitati, senza che ciò possa incidere sul regime urbanisticoedilizio dei locali e/o delle aree interessate dall’attività commerciale.

Le ragioni legittimamente giustificative del diniego di sanatoria edilizia infine non sono smentite dal fatto che l’interessato ha attivato un procedimento di accertamento di compatibilità paesaggistica: in primo luogo la relativa domanda è stata vagliata negativamente dall’Autorità preposta alla relativa tutela (il Comune, in forza delle competenze delegate) e il provvedimento opposto non risulta essere intaccato dalle doglianze genericamente formulate dall’interessato; ad ogni modo, il procedimento de quo ha vita e finalità autonome, volto com’è, ad ottenere una condonabilità ai fini ambientali ex lege n.308/04 che vale unicamente a preservare il richiedente dal regime sanzionatorio previsto in conseguenza del pregiudizio arrecato ai valori paesaggistici.

Quanto poi alla questione indicata sub b) sono del tutto insussistenti i profili di illegittimità dedotti a carico del diniego di ampliamento dell’autorizzazione ai fini commerciali, solo che si faccia mente locale al più che consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale nel rilascio dell’autorizzazione commerciale occorre tener presente i presupposti aspetti di conformità urbansisticoedilizia dei locali in cui l’attività commerciale si va a svolgere, con l’ovvia conseguenza che il diniego di esercizio di attività di commercio deve ritenersi senz’altro legittimo ove fondato, come nella fattispecie, su rappresentate e accertate ragioni di abusività e/o non regolarità delle opere edilizie in questione con le prescrizioni urbanistiche.

Rimane da esaminare la pretesa risarcitoria pure fatte valere dall’appellante e che va nella specie considerata del tutto inconfigurabile

Invero, come sopra accertato, non è ravvisabile a carico dell’Amministrazione comunale intimata una quale che sia condotta contra legem che possa, come tale, considerarsi causativa di un pregiudizio patrimoniale ex art.2043 codice civile, di guisa che l’insussistenza in radice del presupposto oggettivo costituito da un comportamento illegittimo suscettibile di risarcimento rende la relativa domanda assolutamente priva di presupposti (cfr. Con stato Ad. Pl. n.12/07).

In forza di quanto sopra esposto l’appello, in relazione ai vari mezzi d’impugnazione ivi denunciati non appare meritevole di accoglimento.

Le spese e competenze del presente grado del giudizio seguono la regola della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo Rigetta.

Condanna la parte appellante al pagamento delle spese e competenze del presente grado del giudizio che si liquidano complessivamente in euro 5.000,00 (cinquemila/00) di cui euro 2.500,00 (duemilacinquecento /00) in favore del Comune di Sannicola e altre 2.500,00 (duemilacinquecento/00) in favore della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per i Paesaggio per le province di Lecce, Brindisi e Taranto.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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