Cass. civ. Sez. III, Sent., 03-02-2012, n. 1609 Opposizione agli atti esecutivi procedimento Procedimento esecutivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

M.I. e S.M.I. proposero opposizione agli atti esecutivi intrapresa nei loro confronti da Intesa Gestione Crediti S.p.A. e numerosi altri creditori, sostenendo che il decreto di trasferimento emesso dal giudice dell’esecuzione in data 7 febbraio 2005 in favore dell’aggiudicataria Cosmo s.r.l., di cui chiedevano la sospensione, era stato preceduto da un provvedimento pronunciato fuori udienza dallo stesso g.e. in data 18 novembre 2004, con il quale era stata revocata la precedente ordinanza di sospensione dell’esecuzione, limitatamente ai lotti n. 1, 2, 3 e 5;

provvedimento, quest’ultimo, da ritenersi nullo perchè mai comunicato ad essi opponenti, in violazione del combinato disposto degli artt. 487, 176 e 159 cod. proc. civ..

Il Tribunale di Teramo, con sentenza pubblicata in data 16 luglio 2009, ha rigettato l’opposizione ed ha condannato l’opponente al pagamento delle spese processuali in favore di Cassa di Risparmio di Fermo, Banca Popolare dell’Adriatico, Intesa Gestione Crediti S.p.A., Capitalia S.p.A., Banca Nazionale del Lavoro S.p.A., nonchè in favore dell’aggiudicataria Cosmo s.r.l..

Avverso la sentenza il M. e la S. propongono ricorso straordinario per cassazione a mezzo di un unico articolato motivo.

Si difendono con distinti controricorsi le intimate Trevi Finance S.p.A., quale mandataria di Unicredit S.p.A. (avente causa da Capitalia S.p.A., a seguito di fusione per incorporazione), M.P.S. Gestioni Crediti Banca s.p.a., nella qualità di procuratrice della Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., e Castello Finance s.r.l., rappresentata da Italfondiario S.p.A., nella qualità di cessionaria di Intesa Gestione Crediti S.p.A.; quest’ultima ha proposto ricorso incidentale, cui hanno resistito con controricorso M.I. e S.M.I.. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

1. Va accolta l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata con riferimento alla norma dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1 per avere il provvedimento impugnato deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte, non offrendo l’esame dei motivi elementi per mutare l’orientamento.

Il principio in discussione è quello del contraddittorio e la questione che si pone è quella della sua applicazione nel processo esecutivo.

La giurisprudenza di questa Corte è, da tempo risalente, nel senso del carattere sostanzialmente unilaterale del processo esecutivo e, quindi, dell’inapplicabilità del principio del contraddittorio, così come si configura in sede cognitiva (cfr. già Cass. n. 94/76, nonchè, più recentemente, Cass. n. 9488/02 e nn. 1618 e 13914 del 2005); corollario di siffatte affermazioni era – per quanto rileva ai fini della presente decisione – quella per la quale la mancata notificazione all’esecutato di uno degli avvisi che per legge devono essere eseguiti nei suoi confronti non rileva se il potenziale destinatario non proponga opposizione agli atti esecutivi avverso il conseguente atto del processo esecutivo deducendo la specifica lesione di un interesse sostanziale (cfr. Cass. n. 1550/88, n. 1195/90, n. 8293/93, n. 5721/94, tutte citate nella sentenza impugnata). Quest’ultimo orientamento è stato ribadito di recente da diverse pronunce che hanno confermato l’inammissibilità dell’opposizione agli atti esecutivi fondata sulla mera violazione del principio del contraddittorio ove l’opponente non indichi sotto quale concreto profilo quella violazione abbia pregiudicato il suo diritto di difesa (così Cass. n. 22279/10, nonchè n. 16731/09).

1.1.- A seguito della modifica apportata all’art. 111 Cost. dalla Legge costituzionale n. 2 del 1999 si è venuta a formare una giurisprudenza di legittimità, che qui si ribadisce, per la quale "nel processo di esecuzione il diritto del cittadino al giusto processo (come delineato dalla nuova formulazione dell’art. 111 Cost.) deve essere soddisfatto attraverso il contraddittorio tra le parti in ogni fase processuale in cui si discuta e si debba decidere circa diritti sostanziali o posizioni comunque giuridicamente protette, tenendo conto del correlato e concreto interesse delle parti stesse ad agire, a contraddire o ad opporsi per realizzare in pieno il proprio diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost.. Ne consegue che, non potendosi configurare un generico ed astratto diritto al contraddittorio, è inammissibile l’impugnazione di un atto dell’esecuzione con la quale si lamenti la mera lesione del contraddittorio, senza prospettare a fondamento dell’impugnazione stessa le ragioni per le quali tale lesione abbia comportato l’ingiustizia del processo, causata dall’impossibilità di difendersi a tutela di quei diritti o di quelle posizioni giuridicamente protette" (così Cass. n. 12122/03, anche questa citata nella sentenza impugnata; a cui si sono aggiunte, tra le altre, Cass. n. 10334/05 e n. 24532/09, nonchè Cass. n. 15728/11 e n. 17874/11).

Tale ultimo approdo giurisprudenziale consente di attuare nel processo esecutivo garanzie di difesa coerenti con la struttura e la funzione di tale processo, quali risultano anche dopo le modifiche apportate con la L. 14 maggio 2005, n. 80, modificata dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, e con la L. 24 febbraio 2006, n. 52, che hanno, per alcuni aspetti (non rilevanti in questa sede), ampliato dette garanzie in favore del debitore esecutato, essendo peraltro imprescindibile la sua posizione di soggezione a fronte dell’azione esecutiva che il creditore esercita avvalendosi di un diritto consacrato in un titolo esecutivo; posizione di soggezione, fatta palese – quanto al particolare atteggiarsi del principio del contraddittorio – dalla norma cardine dell’art. 485 cod. proc. civ., non modificata dalle Leggi citate.

2.- Con l’unico motivo di ricorso si denuncia appunto la violazione degli artt. 111 e 24 Cost., in relazione al combinato disposto degli artt. 487, 176 e 159 c.p.c., nonchè all’art. 495 cod. proc. civ., nel testo applicabile ratione temporis (cioè quello vigente prima delle modifiche apportate dalla L. n. 80 del 2005, su menzionata).

Per comprendere la doglianza dei ricorrenti giova precisare quanto segue, relativamente allo svolgimento del processo esecutivo:

con provvedimento datato 9 novembre 2004, il giudice dell’esecuzione, a seguito di segnalazione proveniente dal responsabile dell’area urbanistica del Comune di Martinsicuro riguardante un ordine di demolizione di un capannone facente parte del compendio pignorato, sospese le operazioni di vendita in attesa di accertamenti sull’esito di tale ordine e riferì la sospensione a tutti e cinque i lotti posti in vendita dal notaio delegato;

con il successivo provvedimento del 18 novembre 2004, oggetto dell’opposizione agli atti esecutivi, il giudice dell’esecuzione, ricevuta dal notaio delegato la precisazione che l’immobile colpito dall’ordine di demolizione faceva parte del lotto n. 4, revocò la sospensione relativamente agli altri lotti (numeri 1, 2, 3 e 5), in modo che per tali lotti il notaio delegato, che già aveva effettuato gli adempimenti relativi alla vendita, vi diede corso;

quest’ultimo provvedimento non venne comunicato ai debitori esecutati, che, pertanto, hanno lamentato, con l’opposizione avverso il provvedimento medesimo, che, a causa della mancata comunicazione della revoca della sospensione, non avrebbero avuto conoscenza dell’ulteriore corso della procedura, quindi dell’incanto tenuto dal notaio delegato e dell’aggiudicazione in favore della Cosmo s.r.l..

2.1.- Il Tribunale, pur avendo riconosciuto che il provvedimento del giudice dell’esecuzione oggetto di opposizione ex art. 617 cod. proc. civ. non venne comunicato agli esecutati, ha escluso la rilevanza di tale omessa comunicazione, applicando i principi di cui al precedente punto n. 1. In particolare, ha motivato la propria decisione di rigetto dell’opposizione evidenziando come gli opponenti si fossero limitati a dedurre soltanto "la mera lesione del contraddittorio, senza prospettare, a fondamento della stessa … ragioni per le quali tale lesione abbia comportato, l’ingiustizia del processo, causata dall’impossibilità di difendersi a tutela di quei diritti o di quelle posizioni giuridicamente protette" che pure rilevano nel processo esecutivo, in ragione della giurisprudenza sopra richiamata (in specie, Cass. n. 12122/2003).

3.- Sostengono i ricorrenti che l’omessa conoscenza della data fissata per la vendita e, poi, anche del provvedimento di aggiudicazione avrebbe loro precluso di avvalersi della facoltà di chiedere la conversione ai sensi dell’art. 495 cod. proc. civ., che, nel testo all’epoca vigente, avrebbe consentito di avvalersi del beneficio anche dopo la pronuncia dell’ordinanza di vendita (o, come nel caso di specie, di delega delle operazioni di vendita al notaio), comunque "in qualsiasi momento anteriore alla vendita". Il Tribunale si è occupato di siffatto argomento difensivo degli opponenti, osservando tuttavia che esso non venne dedotto nè col ricorso in opposizione, nè in alcuno degli atti successivi del processo di cognizione, ma soltanto nella memoria conclusionale di replica depositata in data 24 giugno 2009, nella quale, "per la prima volta", avrebbero dedotto che "se solo avessero avuto contezza della avvenuta revoca della sospensione dell’esecuzione avrebbero potuto avanzare quantomeno istanza di conversione del pignoramento". 3.1.- Poichè le ragioni per le quali la lesione del contraddittorio abbia comportato l’ingiustizia dell’atto del processo esecutivo oggetto di opposizione, causata dall’impossibilità di difendersi a tutela di un proprio diritto, debbono essere poste a fondamento dell’opposizione medesima, esse vanno tempestivamente dedotte nel relativo processo ed è corretta la statuizione del giudice di merito che reputa tardiva la deduzione svolta negli scritti conclusivi, depositati dopo la precisazione delle conclusioni, nel caso di specie addirittura nella memoria conclusiva di replica.

3.2.- Tale conclusione è del tutto coerente con i principi giurisprudenziali sopra richiamati, anche ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., n. 1, e non trova smentita nemmeno nella decisione n. 5341/2009, nella cui massima si legge che, al fine di rispettare il principio del giusto processo, l’ordinanza di vendita deve essere notificata al debitore esecutato, comportando la sua mancata conoscenza da parte dell’esecutato l’invalidità degli atti successivi del processo esecutivo. Invero, la lettura della motivazione consente di ricostruire la fattispecie in termini coerenti con quanto statuito nel caso di specie dal Tribunale di Teramo: in quel caso, il debitore esecutato aveva dedotto, già con il ricorso in opposizione, la lesione del proprio interesse sostanziale, determinata dall’impossibilità di presentare istanza di conversione; "nel caso di specie, come detto, il giudice a quo ha rilevato la mancata tempestiva deduzione di tale lesione.

4. – Con un ulteriore profilo dello stesso unico motivo di ricorso, i ricorrenti censurano l’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui detta deduzione sarebbe stata compiuta per la prima volta soltanto con la memoria conclusionale di replica e sostengono che, invece, sarebbe stata fatta già "con memoria difensiva 26 maggio 2005" e reiterata "con memoria di costituzione, nel giudizio di merito, depositata il 10.11.2005".

Orbene, ritiene il Collegio che tale profilo del motivo di ricorso sia inammissibile perchè volto a denunciare un errore revocatorio.

Va applicato il principio per il quale è inammissibile il ricorso per cassazione con cui si denunci l’errore del giudice di merito per avere ignorato un documento acquisito agli atti del processo e menzionato dalle parti, non corrispondendo tale errore ad alcuno dei motivi di ricorso ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ.; l’errore in questione, risolvendosi in una inesatta percezione da parte del giudice di circostanze presupposte come sicura base del suo ragionamento ma in contrasto con le risultanze degli atti del processo, può essere invece denunciato con il mezzo della revocazione, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4 (così Cass. n. 4056/2009; cfr. anche Cass. n. 1512/2003; n. 11373/2006; n. 12904/2007).

Infatti, il Tribunale non ha svolto alcuna attività interpretativa al fine di escludere che gli atti menzionati dai ricorrenti contenessero o meno la deduzione in parola – ciò che avrebbe consentito il sindacato di questa Corte, quanto meno sotto il profilo del vizio di motivazione; nè ha espresso alcuna valutazione in merito alla tempestività o meno della deduzione, in quanto svolta in atti di parte diversi dal ricorso introduttivo dell’opposizione ex art. 617 cod. proc. civ. – ciò che avrebbe pure consentito il sindacato di questa Corte, anche sotto il profilo della violazione di legge, prospettabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 o n. 4.

Piuttosto, il giudice di merito non si è avveduto di un fatto risultante dai citati atti di parte, dando per scontato che questi non vi fossero ovvero che non contenessero la deduzione che invece contenevano, così incorrendo – secondo la stessa prospettazione dei ricorrenti in una svista che, in sè considerata, non integra alcun valido motivo di ricorso per cassazione.

5.- Parimenti inammissibile va dichiarato il ricorso incidentale proposto da Castello Finance s.r.l., rappresentata da Italfondiario S.p.A., quale cessionaria di Intesa Gestione Crediti S.p.A., col cui unico motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 137, 138 e 489 cod. proc. civ. e quindi la nullità del ricorso in opposizione perchè, secondo la ricorrente, erroneamente notificato, ai sensi dell’art. 489 cod. proc. civ., al creditore pignorante e ai creditori intervenuti presso il domicilio eletto, piuttosto che presso la sede legale degli istituti di credito.

Avuto riguardo all’esito dell’opposizione e soprattutto alla circostanza che nel relativo giudizio si costituì Intesa Gestione Crediti S.p.A., dante causa della ricorrente incidentale, in cui favore sono state riconosciute anche le spese del grado di merito, il ricorso – che non risulta essere stato proposto come condizionato – appare carente della deduzione in punto di attualità dell’interesse all’impugnazione.

La soccombenza reciproca comporta la compensazione delle spese del giudizio di cassazione tra i ricorrenti principali e la ricorrente incidentale.

6.- Avuto riguardo alle ragioni della decisione, fondata, sia pure in parte, sull’erronea individuazione del rimedio impugnatorio da parte dei ricorrenti, appare di giustizia la compensazione delle spese del giudizio di cassazione anche tra i ricorrenti e gli altri due istituto di credito resistenti.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, li dichiara inammissibili. Compensa integralmente le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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