Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 12-07-2011) 26-09-2011, n. 34839 Bancarotta fraudolenta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 1-4-2010 la Corte d’Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza 21-2-2006 del Gup del Tribunale della stessa città, riduceva la pena inflitta a P.D. per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, commessi quale amministratore unico della AB Service srl, dichiarata fallita il (OMISSIS).

Con il ricorso proposto dall’imputato tramite il difensore, avv. Giuseppe Sabato, si deduce vizio di motivazione in ordine all’elemento psicologico del reato.

La corte territoriale non avrebbe tratto le dovute conseguenze dal fatto, risultante dalle dichiarazioni spontanee del prevenuto, che questi era stato costretto con violenze fisiche e morali, ad assumere la carica -onde consentire al dominus C.S., con il quale aveva contratto prestiti usurari non onorati, di rifarsi su parte degli utili della società-, e si era limitato, quale mero prestanome, a sottoscrivere in bianco assegni poi riempiti da altri (come dimostrato dalle diverse grafie presenti sui titoli), essendo tra l’altro detentore del solo 50% delle quote sociali, che non gli avrebbe permesso di compiere illeciti all’insaputa del titolare dell’altra metà del capitale sociale. Di qui l’insussistenza del dolo.

Ma, anche a ritenere la consapevolezza del P., la corte avrebbe dovuto valutare la sussistenza delle esimenti del costringimento fisico o dello stato di necessità.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va disatteso.

La sentenza gravata si sottrae alla censura che, dietro l’apparente denuncia di vizio della motivazione, si traduce nella sollecitazione di un riesame del merito, non consentito, attraverso la rinnovata valutazione degli elementi probatori acquisiti.

Infatti "Non è compito del giudice di legittimità compiere una rivalutazione del compendio probatorio, sulla base delle prospettazioni dei ricorrenti, avendo questa Corte chiarito già da tempo che esula dai suoi poteri una "rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali" (Sez. Un. n. 41476 del 25/10/2005, Misiano;

Sez. Un. n. 6402 del 2.7.1997, Dessimone, rv. 207944; Sez. Un. n. 930 del 29.1.1996, Clarke, rv. 203428).

La corte territoriale, a sostegno della conclusione dell’esercizio anche in fatto delle funzioni di amministratore da parte dell’imputato e della sussistenza del dolo della bancarotta fraudolenta, ha evidenziato, in modo logico, anche facendo richiamo alla motivazione della sentenza del Gip, l’assenza di qualunque riscontro alla tesi del prestito usurario, quale causale dell’assunzione meramente formale della carica di amministratore della società, sostenuta dall’imputato.

Tra l’altro l’eventualità che l’assunzione della carica fosse stata finalizzata al rientro dal debito, implicherebbe a maggior ragione consapevolezza, o comunque accettazione del rischio, dell’attività distratti va, perchè altrimenti non sarebbe chiara la natura dell’apporto di P., spiegabile soltanto con la ragione di consentire ad altri, senza apparire, l’attività distrattiva.

Peraltro la titolarità in capo all’imputato, pure evidenziata dalla corte d’appello, del 50% delle quote societarie, che comporta un diretto e rilevante interesse di questi nella gestione, contrasta con la tesi di cui sopra e comunque con l’assunto dell’ignoranza che la società, nel corso dell’anno e mezzo in cui era stato amministratore, avesse effettuato acquisti del tutto estranei all’attività sociale, per poi fallire, completamente depauperata del suo patrimonio. Sempre in punto di dolo, la corte ha pure condivisibilmente argomentato come, anche a ritenere P. mero amministratore formale, egli sarebbe venuto meno ai doveri di vigilanza e controllo imposti a chi accetta di ricoprire la carica, nella consapevolezza -ancorata nella specie alla sottoscrizione di tutti i documenti che gli venivano sottoposti e di assegni in bianco- di possibili condotte illecite da parte dell’eventuale amministratore di diritto, e nell’accettazione del relativo rischio (in conformità all’orientamento di questa corte espresso, tra le altre, dalla sentenza n. 38712/2008:

In tema di bancarotta fraudolenta, in caso di concorso "ex" art. 40 c.p., comma 2, dell’amministratore di diritto nel reato commesso dall’amministratore di fatto, ad integrare il dolo del primo è sufficiente la generica consapevolezza che il secondo compia una delle condotte indicate nella norma incriminatrice, senza che sia necessario che tale consapevolezza investa i singoli episodi delittuosi, potendosi configurare l’elemento soggettivo sia come dolo diretto, che come dolo eventuale).

Circa il costringimento fisico o lo stato di necessità, non vi è poi il minimo riscontro alle asserzioni del prevenuto.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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