Cass. civ. Sez. III, Sent., 03-02-2012, n. 1608 Notificazione a persone non residenti o irreperibili

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L.F. propose opposizione, con atto denominato "ricorso ex art. 615 c.p.c." depositato il 25 luglio 2007, nella procedura esecutiva immobiliare intrapresa nei suoi confronti dall’Ente Nazionale di Previdenza ed Assistenza per gli Impiegati dell’Agricoltura – E.N.P.A.I.A., sostenendo che fosse intervenuta la prescrizione delle ragioni creditorie vantate da quest’ultimo, per essere il credito nascente dal contratto di mutuo ipotecario stipulato in data 26 novembre 1974 ed essere stati l’atto di precetto e l’atto di pignoramento invalidamente notificati ai sensi dell’art. 143 cod. proc. civ., quindi con modalità tali da non poter essere conosciuti dalla destinataria e da rendere gli atti non idonei ai fini dell’interruzione del termine di prescrizione.

Si costituì il creditore procedente, Fondazione E.N.P.A.I.A. contestando l’assunto avversario e producendo documenti al fine di dimostrare la validità delle notificazioni effettuate ai sensi dell’art. 143 cod. proc. civ., nei confronti della debitrice esecutata, cittadina italiana trasferita all’estero, ma – secondo l’opposta – presso un indirizzo non conosciuto; dedusse altresì che l’opposizione era da intendersi proposta ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ., quindi tardivamente, atteso che in data 9 aprile 2003 era stata validamente notificata all’esecutata l’ordinanza resa dal giudice dell’esecuzione all’udienza del 1 ottobre 2002, laddove il ricorso era stato proposto più di quattro anni dopo.

Il Tribunale di Roma, con sentenza pubblicata in data 12 maggio 2009, ha accolto l’opposizione ed ha condannato l’opposta al pagamento delle spese processuali in favore dell’opponente.

Avverso la sentenza la Fondazione E.N.P.A.I.A. propone ricorso straordinario per cassazione a mezzo di quattro motivi, illustrati da memoria. Si difende l’intimata con controricorso.

Motivi della decisione

1. I primi tre motivi di ricorso vanno trattati congiuntamente, poichè tutti relativi all’eccezione di tardività dell’opposizione da intendersi come opposizione agli atti esecutivi, sollevata dall’opposta nella fase di merito.

Col primo motivo, la ricorrente lamenta l’omessa pronuncia e l’omessa motivazione su tale eccezione; col secondo motivo, l’omessa motivazione riguardo alla medesima, sia pure sotto il diverso profilo della omissione di motivazione concernente la qualificazione dell’opposizione proposta, come opposizione all’esecuzione ovvero come opposizione agli atti esecutivi, nonchè il vizio di violazione di legge per avere implicitamente qualificato nel primo senso l’opposizione avente ad oggetto la regolarità della notificazione degli atti del processo esecutivo; col terzo motivo, lamenta, ancora, sia pure sotto una diversa prospettiva, i medesimi vizi già dedotti con i primi due motivi, per avere il giudice del merito ignorato l’eccezione di inammissibilità dell’opposizione, da qualificarsi come opposizione agli atti esecutivi, e comunque per non avere accolto l’eccezione nè motivato al riguardo.

2.- I motivi non sono meritevoli di accoglimento. Intanto, quanto dedotto nella parte finale del primo motivo ed anche col secondo motivo di ricorso finisce per porsi in contrasto, logico e giuridico, con l’assunto che sta a fondamento della prima parte del primo motivo: si ha omessa pronuncia quando il giudice abbia totalmente ignorato una domanda od un’eccezione di parte ed il vizio relativo, da denunciare con riferimento all’art. 112 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 4, si distingue da quello di omessa (od apparente) motivazione, da denunciare in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 (cfr., tra le tante, Cass. n. 6858/04, nonchè n. 15882/07). Pertanto, avendo la stessa ricorrente riconosciuto col secondo motivo di ricorso, e con diversi profili trattati nel terzo, che il Tribunale di Roma, sia pure "implicitamente", ha finito per assumere una decisione (di rigetto) in ordine all’eccezione di inammissibilità dell’opposizione – così, sia pure sempre implicitamente, qualificandola ex art. 615 cod. proc. civ. – e dovendo effettivamente ritenersi che tale pronuncia, sia pure mancante di adeguata motivazione, vi sia stata, risultano infondate le censure contenute sia nel primo che nel terzo motivo di ricorso relative al vizio di omessa pronuncia.

Ritiene infatti il Collegio che l’affermazione iniziale della sentenza criticata dalla ricorrente ("al di là di ogni considerazione sul contenuto formale della opposizione …") debba essere letta tenendo conto delle argomentazioni successivamente svolte al fine di identificare l’oggetto dell’opposizione. Siffatte argomentazioni, di cui si dice appresso, inducono a ritenere che il giudice abbia, sia pure implicitamente, qualificato l’opposizione come opposizione all’esecuzione e quindi non abbia in alcun modo affrontato gli argomenti difensivi svolti dall’opposta in merito alla tardività della proposizione dell’opposizione, non perchè non abbia inteso pronunciarsi, o comunque non si sia pronunciato, sulla relativa eccezione, ma appunto perchè l’abbia disattesa per avere qualificato l’opposizione come proposta ai sensi dell’art. 615 cod. proc. civ..

3.- Vanno pertanto presi in considerazione gli argomenti svolti dalla ricorrente nell’illustrazione del secondo e del terzo motivo di ricorso al fine di censurare tale ultima qualificazione, quindi al fine di sostenere, anche dinanzi a questa Corte, che l’opposizione proposta dalla L. si dovesse qualificare come opposizione agli atti esecutivi e che avrebbe errato il Tribunale nel qualificare (implicitamente) la stessa come opposizione all’esecuzione.

In particolare, la ricorrente sostiene che l’opponente avrebbe posto a fondamento della propria opposizione la questione della regolarità della notificazione dell’atto di precetto e dell’atto di pignoramento e che tali doglianze avrebbero ricondotto "necessariamente l’opposizione nell’alveo della disciplina delle opposizioni agli atti esecutivi" e ciò malgrado la parte opponente abbia intitolato il proprio atto introduttivo come "ricorso ex art. 615 c.p.c.". 3.1.- Sebbene sia corretta l’affermazione per la quale la qualificazione che la parte abbia dato alla propria opposizione non può considerarsi vincolante nei confronti del giudice di merito, spettando soltanto a quest’ultimo l’attività di qualificazione della domanda, essa non appare decisiva nel caso di specie: quest’ultima attività risulta correttamente svolta dal giudice a quo, che, sul punto, ha condiviso la qualificazione già data alla propria opposizione dalla parte opponente.

Richiamata la copiosa giurisprudenza di questa Corte sulla tradizionale questione dei caratteri distintivi tra opposizione all’esecuzione ed opposizione agli atti esecutivi (per la quale, cfr., tra le più recenti, Cass. n. 16262/05, n. 8112/06, n. 24047/09), va sottolineato che la relativa qualificazione non può che essere operata tenendo conto di petitum e causa petendi, quali risultanti dall’atto introduttivo dell’opposizione.

La stessa ricorrente riporta in ricorso le conclusioni che l’esecutata L.F. espresse nell’atto del 25 luglio 2007 (cioè, secondo quanto risulta dalla pag. 7 del ricorso della Fondazione E.N.P.A.I.A., che "fosse accertata e dichiarata "l’intervenuta prescrizione delle ragioni creditorie vantate dall’Ente Nazionale di Previdenza ed assistenza per gli Impiegati dell’Agricoltura E.N.P.A.I.A., oggi Fondazione E.N.P.A.I.A., nei confronti della signora L.F."; – per l’effetto, fosse dichiarato "privo di efficacia il pignoramento notificato ad istanza dell’Ente Nazionale di Previdenza ed assistenza per gli Impiegati dell’Agricoltura E.N.P.A.I.A., oggi Fondazione E.N.P.A.I.A, il 11 gennaio 1991 … con conseguente ordine al competente Direttore dell’ufficio del Territorio di procedere alla cancellazione della trascrizione del pignoramento stesso" come da formalità del 26 aprile 1991 ai nn. 13262/20920"). Proprio tali conclusioni rendono evidente come oggetto dell’opposizione fosse il diritto della parte istante di procedere ad esecuzione forzata nei confronti della L., negando quest’ultima l’esistenza di tale diritto per essersi frattanto prescritta la pretesa creditoria nascente dal titolo esecutivo posto a base dell’espropriazione forzata (il contratto di mutuo ipotecario per notaio Panvini Rosati di Roma in data 26 novembre 1974 rep. n. 100520): allora, è corretta in diritto la qualificazione dell’opposizione come opposizione all’esecuzione data dal Tribunale di Roma, pur se sorretta da motivazione inadeguata.

3.2.- Ove, poi, si dovesse ritenere che il richiamo alla prescrizione delle ragioni creditorie fatto dal giudice a quo non sia idoneo ad attribuire alla decisione anche il significato di qualificazione dell’opposizione come opposizione all’esecuzione, risultando questa non espressa o comunque generica, soccorre il principio più volte affermato da questa Corte per il quale, in ipotesi siffatte, l’onere di qualificare l’azione ricade sul giudice ad quem (cfr. Cass. n. 4507/06, n. 26919/09). In applicazione di tale principio, ben può questa Corte (cfr. Cass. n. 3400/01, n. 15831/05, n. 21683/09) concludere nel senso – risultante dalle argomentazioni di cui sopra- della sicura riconducibilità dell’opposizione proposta dalla L. alla norma dell’art. 615 cod. proc. civ..

3.3.- Giova aggiungere che la questione della notificazione dell’atto di precetto e dell’atto di pignoramento, contrariamente a quanto sostenuto dall’odierna ricorrente, non è causa petendi dell’opposizione nè, per come è reso evidente dalle conclusioni sopra riportate, il petitum consiste nella declaratoria di nullità e/o di inefficacia dell’uno e dell’altro a causa dell'(asserita) invalida notificazione; piuttosto, detta questione è stata oggetto della pronuncia impugnata – e lo è del presente ricorso, in forza di quanto si dirà a proposito del quarto motivo – soltanto perchè dedotta dall’opponente al fine di escludere che l’atto di precetto e l’atto di pignoramento, notificati entrambi ai sensi dell’art. 143 cod. proc. civ., rispettivamente nelle date del 22 ottobre 1990 e del 17 gennaio 1991 potessero valere come atti interruttivi della prescrizione ed, il secondo, anche come atto idoneo a determinare l’effetto interruttivo permanente per la pendenza del processo esecutivo ai sensi dell’art. 2943 c.p.c., comma 1, e art. 2945 c.p.c., commi 2 e 3.

Vanno pertanto rigettati il secondo ed il terzo motivo del ricorso con riferimento al vizio di violazione di legge; inoltre, tutte le censure mosse, con i tre motivi di ricorso, per omessa od insufficiente motivazione sono inammissibili poichè mancanti di decisività, essendo comunque corretta la statuizione in diritto.

4.- Sono invece fondate e vanno accolte le censure, svolte col quarto motivo di ricorso, sia di omessa motivazione – nella specie soltanto apparente- in ordine alla ritenuta invalidità della notificazione degli atti giudiziari predetti nelle forme dell’art. 143 c.p.c. (con riferimento all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5), sia di violazione di tale ultima norma (con riferimento all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3).

Sostiene la ricorrente che le notificazioni effettuate ai sensi dell’art. 143 cod. proc. civ., fossero conformi a legge in quanto la destinataria degli atti di precetto e di pignoramento, L. F., era, all’epoca, già trasferita all’estero e non era noto il suo nuovo indirizzo, essendo quello risultante dall’iscrizione A.I.R.E. insufficiente, per come – a detta della ricorrente – sarebbe stato certificato anche dal Consolato d’Italia in Brisbane (luogo di nuova residenza della destinataria). Pertanto, dato tale stato di fatto, avrebbe dovuto trovare applicazione la previsione dell’art. 143 cod. proc. civ., e non quella dell’art. 142 cod. proc. civ., come da giurisprudenza richiamata in ricorso.

4.1.- Sulla questione, in fatto ed in diritto, il Tribunale di Roma ha omesso pressochè totalmente la motivazione, essendosi limitato ad affermare che i due atti erano stati notificati "alla opponente in un luogo nel quale la predetta parte opponente non risiedeva più da molti anni (1983)" e che, per tale ragione soltanto, le relative notificazioni sarebbero nulle; affermazione, quest’ ultima, che comporta altresì la violazione dell’art. 143 cod. proc. civ., oltre che dell’art. 142 cod. proc. civ., nel testo applicabile ratione temporis (vale a dire quello vigente prima delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 196 del 2003, che ha sostituito i primi due comma), come già modificato dalla L. n. 42 del 1981, che vi ha aggiunto il terzo comma a seguito della parziale declaratoria di illegittimità costituzionale di cui alla sentenza della Consulta n. 10 del 2 febbraio 1978 (trattandosi di notificazioni eseguite nel 1990 e 1991).

5.- Il principio di diritto da applicare nel caso di specie è quello espresso dalla sentenza di questa Corte a Sezioni Unite n. 6737/2002, che, nel comporre il contrasto all’epoca esistente tra un orientamento che riteneva sufficiente, per il ricorso alle modalità dell’art. 143 cod. proc. civ., la sola verifica delle risultanze anagrafiche, senza alcun onere a carico del notificante di attivarsi per acquisire la conoscenza dell’esatto indirizzo del destinatario trasferito all’estero (cfr. Cass. n. 10223/94) ed altro, che invece, richiedeva la duplice condizione che il difetto di risultanze anagrafiche fosse imputabile a colpevole inadempimento del destinatario e non superabile con informazioni che il notificante potesse assumere facendo uso dell’ordinaria diligenza (cfr. Cass. n. 3358/91), ha così concluso: "sebbene la disciplina degli adempimenti anagrafici dovuti dai cittadini italiani che trasferiscano all’estero la propria residenza risulti improntata al principio dell’acquisizione anche del dato costituito dall’indirizzo dell’interessato e della disponibilità del medesimo attraverso i registri dell’AIFE, il difetto di risultanze anagrafiche relative ad esso, ancorchè imputabile, in via prioritaria, ad inerzia del destinatario di una notificazione, non legittima, per questo solo fatto il notificante al ricorso alle formalità di notificazione di cui all’art. 143 cod. proc. civ., che resta, invece, subordinato alìesito negativo di ulteriori ricerche eseguibili con l’impiego dell’ordinaria diligenza presso l’Ufficio consolare di cui alla L. 27 ottobre 1988, n. 470, art. 6, che costituisce non solo il trami te istituzionale attraverso il quale il contenuto informativo dell’adempimento degli obblighi di dichiarazione del cittadino all’estero perviene alle amministrazioni competenti alla tenuta dei menzionati registri, ma anche l’organo cui competono poteri sussidiari di accertamento e rilevazione, intesi a porre rimedio alle lacune informative derivanti dall’inerzia suddetta" (cfr., nello stesso senso, Cass. n. 8077/07, n. 18717/07, n. 8310/2011).

5.1.- Nel caso di specie, la ricorrente non si è limitata a dedurre che fece ricorso alla modalità di notificazione ex art. 143 cod. proc. civ. soltanto perchè l’indirizzo comunicato dalla L. all’A.I.R.E. era incompleto ("in Australia Brisbane Queensland st Fortitude Vallej"), ma ha sostenuto di avere svolto ulteriori ricerche presso il Consolato d’Italia in Brisbane e di avere appreso da questo che le indicazioni erano insufficienti per reperire all’estero la destinataria della notificazione.

Poichè, al fine di giudicare della validità della notificazione effettuata ex art. 143 cod. proc. civ. al cittadino italiano che abbia trasferito all’estero la propria residenza, spetta al giudice di merito accertare, con apprezzamento incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato, il vano espletamento di ricerche diligenti da parte del notificante, atte a superare l’insufficienza delle risultanze anagrafiche, anche se imputabile al notificando, la sentenza impugnata va cassata con rinvio al Tribunale di Roma, in diversa composizione, che si atterrà al principio di diritto sopra richiamato.

6.- Si rimette al giudice di rinvio anche la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, rigettati i primi tre motivi di ricorso, accoglie il quarto, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Roma, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 9 dicembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2012

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