Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 12-07-2011) 26-09-2011, n. 34730 Prova penale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza emessa il 22 marzo 2010, A.Z. veniva condannato dal Tribunale di Napoli, concesse le attenuanti generiche valutate equivalenti alle contestate aggravanti, alla pena di anni 1 e mesi 6 di reclusione ed Euro 400,00 di multa, per il reato di furto aggravato; ai fini della determinazione della pena il giudicante applicava anche la diminuzione di un terzo prevista per il giudizio abbreviato, pur avendo giudicato l’imputato con il rito ordinario.

2. Avverso tale decisione interponeva appello il prevenuto, eccependo, in rito, la nullità della sentenza perchè pronunciata ex art. 438 c.p.p., e ss. quale esito di un giudizio abbreviato in realtà mai celebrato nè richiesto, e chiedendo, nel merito: a) la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale al fine di ascoltare la persona offesa in ordine al riconoscimento dell’imputato quale autore del furto; b) l’assoluzione per non aver commesso il fatto; c) la riduzione della pena al minimo edittale. Proponeva altresì appello il Procuratore Generale censurando la concessione delle attenuanti generiche. Nel corso del dibattimento di secondo grado, la Corte d’Appello di Napoli, dopo aver in un primo tempo disposto la citazione della parte offesa (poi non comparsa per motivi di salute), revocava successivamente detta ordinanza.

All’esito del giudizio di appello il Procuratore Generale chiedeva poi la conferma dell’impugnata sentenza, mentre il difensore dell’imputato concludeva riportandosi ai motivi di gravame.

La Corte d’appello di Napoli disattendeva tutte le richieste della difesa dell’imputato e dava conto del proprio convincimento con argomentazioni che possono cosi riassumersi: 1) non appariva configurabile alcuna nullità per avere il primo giudice applicato la diminuzione di un terzo sulla pena, come previsto per il giudizio abbreviato, pur essendo stato celebrato il giudizio con il rito ordinario: ed invero, si era trattato di un evidente errore del Tribunale, peraltro favorevole all’imputato, avendo questi beneficiato di un’indebita riduzione di pena per la quale non vi era stata impugnazione; b) non vi erano dubbi sulla colpevolezza dell’imputato, avuto riguardo alla deposizione resa nel dibattimento di primo grado dall’ufficiale di P.G. il quale aveva riferito di aver proceduto all’arresto dell’ A. nell’immediatezza del fatto e seguendo le indicazioni della parte offesa che aveva costantemente seguito il ladro indicandolo poi ai componenti di una pattuglia della Polizia e riconoscendolo con assoluta certezza tra alcune persone;

doveva ritenersi assolutamente attendibile il riconoscimento così descritto dal verbalizzante, posto che la parte offesa, come poteva rilevarsi dal contenuto della denuncia, non aveva mai perso di vista il ladro; dal canto suo l’ A., pur negando l’addebito, aveva ammesso che era anch’egli sull’autobus sul quale si trovava la parte offesa e dove era avvenuto il furto; c) l’acquisito compendio probatorio rendeva superfluo un ulteriore riconoscimento che peraltro a distanza di tempo poteva "verosimilmente non essere più confortato da un esatto ricordo"; d) la pena, comunque determinata dal Tribunale con un errore a favore dell’imputato, non appariva suscettibile di diminuzione in quanto congrua ed adeguata alla gravità del fatto, anche con riferimento al giudizio di equivalenza tra le attenuanti generiche e le aggravanti.

3. Ricorre per cassazione l’ A. deducendo censure che possono così riassumersi: a) violazione di legge sull’asserito rilievo che la Corte distrettuale avrebbe illegittimamente revocato la precedente ordinanza con la quale la Corte stessa, in diversa composizione, aveva disposto la rinnovazione del dibattimento per procedere al riconoscimento dell’imputato ad opera della persona offesa; b) violazione di legge per aver il Tribunale statuito "secondo dinamiche e meccanismi propri del giudizio abbreviato, rito mai richiesto dalla difesa" (pag 2 del ricorso).

Motivi della decisione

4. Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni di seguito indicate.

4.1 Quanto al primo motivo di doglianza, deve preliminarmente osservarsi che alcuna connotazione di illogicità è ravvisabile nel percorso argomentativo che ha caratterizzato la valutazione da parte della Corte territoriale del materiale probatorio acquisito, con particolare riferimento a quanto dichiarato dall’ufficiale di P.G. che ha riferito tutte le specifiche circostanze che portarono all’arresto dell’ A. nell’immediatezza del fatto e sulla base delle indicazioni e del riconoscimento della parte offesa; nè la Corte stessa ha mancato di sottolineare la sicura attendibilità delle indicazioni fornite dalla stessa parte offesa ai Poliziotti, posto che la derubata non aveva mai perso di vista il ladro. Nemmeno può porsi una questione di testimonianza "de relato" da parte del verbalizzante: si tratta invero di una testimonianza con la quale il verbalizzante stesso ha riferito circostanze da lui direttamente percepite – sia pure su indicazioni della parte lesa, nell’immediatezza del fatto – che consentirono l’arresto dell’imputato nella quasi flagranza del reato. Per quel che riguarda poi la revoca da parte della Corte d’Appello, in diversa composizione, di precedente ordinanza di rinnovazione parziale del dibattimento per escutere la parte offesa – che era stata anche citata per essere sentita e non si era presentata allegando certificato medico (per come si rileva dagli atti) – la doglianza del ricorrente è infondata. E’ infatti consolidato, ed assolutamente condivisibile, indirizzo interpretativo di questa Corte quello secondo cui "le ordinanze di ammissione di prove, per il loro carattere tipicamente processuale, possono essere revocate esplicitamente o implicitamente. Pertanto la mancata escussione di un teste ammesso e citato non costituisce di per sè violazione della legge processuale" (in termini, Sez. 2, n. 5029 del 15/12/1981 Ud. – dep. 15/05/1982 – Rv. 153719; nello stesso senso, Sez. 3, n. 6875 del 23/05/1997 Ud. – dep. 14/07/1997 – Rv. 208432, con la quale è stato precisato che "non è abnorme nè nulla l’ordinanza, con la quale si revoca una precedente, ammissiva della rinnovazione parziale del dibattimento, in quanto si ritengono sufficienti le prove acquisite.

L’apprezzamento del giudice di merito sulla sufficienza e pertinenza delle prove è estraneo alle ipotesi di violazioni concernenti l’art. 178 c.p.p., poichè le ordinanze sono sempre revocabili "re melius perpensa". 4.2 Priva di qualsiasi fondamento è poi la dedotta eccezione di nullità in ordine al rito con il quale è stato celebrato il dibattimento di primo grado. Non può assolutamente dirsi, come invece sostenuto con il ricorso, che il Tribunale avrebbe statuito secondo i meccanismi del rito abbreviato. Dal verbale del dibattimento di primo grado si rileva che, dopo la convalida dell’arresto, vi fu un’esplicita indicazione di giudizio celebrato con il rito ordinario, con conseguente ammissione delle prove richieste dalle parti; dunque, in atti non vi è traccia alcuna di rito abbreviato: vi è stato solo un evidente errore da parte del Tribunale – che ha applicato la non dovuta diminuzione di un terzo della pena – del quale non può certo dolersi l’imputato avendo costui goduto di un concreto beneficio senza che ve ne fossero i presupposti.

5. Al rigetto del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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