Cons. Stato Sez. IV, Sent., 14-10-2011, n. 5533 Carenza di interesse sopravvenuta Interesse a ricorrere Procedimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il sig. V. B., esercente, quale titolare di azienda agricola, l’attività di allevamento suinicolo in Comune di Massanzago, nel settembre del 2002 chiedeva all’anzidetto Comune il rilascio di concessione edilizia per la realizzazione di due annessi rustici funzionali all’attività di imprenditore agricolo.

Con provvedimento del 28 novembre 2002 il Responsabile comunale del Servizio Urbanistica ed Edilizia decideva la sospensione di ogni determinazione in ordine alla istanza sopra indicata e ciò in ragione dell’avvenuta adozione, con deliberazione consiliare n.13 del 18/11/2002, di una variante parziale al PRG (la n.12) di per sé ostativa alla chiesta edificazione.

L’interessato impugnava l’assunta misura cautelare unitamente alla variante adottata innanzi al Tar per il Vento, che con sentenza n.2164/2003 accoglieva il relativo ricorso, annullando gli atti impugnati.

Il sig. B. inoltrava al Comune di Massanzago, in data 24 aprile 2003 atto di diffida, con cui si intimava all’Amministrazione di provvedere sulla predetta domanda di concessione del 18 settembre 2002; quindi, il Comune, con provvedimento del 20/ 5/2005 prot. n.9510 sospendeva ogni determinazione sulla domanda di concessione in questione in ragione del rilevato contrasto della progettata edificazione con la variante parziale n.18 al PRG adottata con deliberazione consiliare n.11 del 7/4/2003.

L’opposto contrasto era in particolare collegato alla prevista realizzazione di una bretella viaria con accessiva fascia di rispetto stradale preclusiva alla progettata edificazione.

Il sig. B. con apposito ricorso impugnava innanzi al TAR per il Veneto l’atto soprassessorio comunale e la variante al PRG di cui alla delibera consiliare n.11/03 e l’adito Tribunale Amministrativo, con sentenza n.3951/03, resa in forma semplificata, rigettava il gravame, ritenendolo infondato.

Avverso tale decisum, ritenuto errato ed ingiusto, insorge l’interessato che muove prioritariamente alle statuizioni rese dal giudice veneto tre preliminari ordini di censure:

error in procedendo, stante la mancanza di completezza dell’istruttoria che avrebbe dovuto sconsigliare la redazione della sentenza in forma semplificata;

difetto e/o comunque insufficiente motivazione;

mancanza di coerenza della sentenza de qua con la precedente decisione n.2164/03 di accoglimento delle doglianze del B..

Nello stesso gravame, a sostegno della dedotta fondatezza della pretesa sostanziale fatta valere, sono stati riproposti i motivi di doglianza già denunciati col ricorso di primo grado, così indicati:

Eccesso di potere sotto il profilo della motivazione insufficiente. Eccesso di potere sotto il profilo della manifesta irragionevolezza; eccesso di potere per sviamento del potere e sotto il profilo della lesione dell’affidamento altrui. Violazione del giudicato;

Violazione di legge per violazione degli artt.3 e 6 legge Regione Veneto n.24/1985; violazione di legge per violazione della deliberazione della Giunta regionale Veneto n.7949/1989;

Invalidità derivata. Eccesso di potere sotto il profilo della assoluta carenza dei presupposti;

Eccesso di potere sotto il profilo sintomatico della motivazione carente ed insufficiente;

Violazione di legge per violazione dell’art.6 comma 1 legge regionale 5/5/1985 n.24; illegittimità derivata. Falsa applicazione delle NTA;

Eccesso di potere per sviamento della funzione amministrativa. Violazione del giudicato.

L’appellante sempre col gravame all’esame ha avanzato richiesta di risarcimento del danno derivante "dal mancato rilascio della concessione edilizia per le strutture progettate e richieste nel 2001 e poi riproposte nel settembre del 2002".

Vanno poi qui riportati alcuni fatti, circostanze e atti pure rilevanti nella vicenda all’esame, che sono intervenuti successivamente alla proposizione dell’impugnativa all’esame.

Invero, in relazione alla 18 variante parziale al PRG, di cui alla delibera consiliare n.11/2003, la Regione Veneto, cui l’atto deliberativo de quo era stato trasmesso ai fini della relativa approvazione, dopo una prima delibera, la n. 1717 del 5/7/2005, recante una proposta di modifica, con deliberazione della Giunta Regionale n.2405 del 31/1/2007 approvava la variante de qua, stralciando, però, la parte relativa alla bretella di comunicazione viaria prevista dal Comune allo scopo di dirottare il traffico veicolare di attraversamento del centro abitato.

L’Amministrazione comunale impugnava innanzi al Tar per il Veneto la delibera regionale nella parte relativa al disposto stralcio della bretella; e d’altro canto, con nota del 17/10/2007 prot. n.9391, comunicava all’Azienda Agricola A. di cui è titolare il B. la riattivazione del procedimento per la definizione della istanza di concessione chiesta in relazione ai progettati annessi rustici.

Quindi, dopo aver inviato, con nota prot. n.10172 dell’8/11/2007, la comunicazione ex art.10 bis della legge n.241/90 in ordine ai motivi ostativi all’accoglimento della richiesta di edificazione, il Comune, con provvedimento del 22 marzo 2008 prot. n. 3081, si determinava negativamente sull’istanza in discussione per le ragioni già preannunciate nelle citata comunicazione assunta ai sensi dell’art.10 bis e tale atto di diniego è stato impugnato dal sig. B. con autonomo ricorso innanzi al Tar per il Veneto.

Infine, il Comune di Massanzago con deliberazione consiliare n.29 del 23/6/2010 ha approvato la variante parziale n.34 al PRG con cui viene disciplinata l’edificazione nelle zone agricole e per gli allevamenti, in adeguamento alla normativa dettata dalla legge regionale n.11 del 2004.

Tornando all’appello all’esame, il Comune, costituitosi in giudizio, ha in via preliminare eccepito la improcedibilità della presente impugnativa, mentre nel merito ha contestato la fondatezza dei motivi di gravame, chiedendone la reiezione.

Le parti hanno altresì prodotto memorie illustrative delle tesi difensive rispettivamente propugnate.

Motivi della decisione

L’Amministrazione resistente ha, in via preliminare, eccepito l’ improcedibilità dell’appello, dedotta, in concreto, sul rilievo della sopravvenuta carenza di interesse alla decisione del merito della causa, per avere i successivi atti assunti dal Comune privato di fatto la parte appellante dell’interesse a coltivare la decisione di merito del proposto gravame.

Ritiene il Collegio che l’eccezione vada disattesa.

La decisione che dichiara la cessazione della materia del contendere nel giudizio amministrativo è caratterizzata dal contenuto di accertamento nel merito della pretesa avanzata e della piena soddisfazione eventualmente arrecata ad opera delle successive determinazioni assunte dalla pubblica amministrazione. Siffatta decisione non ha pertanto valenza meramente processuale, ma contiene l’accertamento relativo al rapporto amministrativo controverso e alla pretesa sostanziale vantata dall’interessato (cfr. Cons Stato Sez.V 12/12/2009 n.7800).

Ai fini dell’ammissibilità del ricorso, poi, occorre che sussista una piena corrispondenza tra interesse sostanziale dedotto in giudizio, lesione prospettata e provvedimento richiesto (cfr. Cons Stato Sez. VI 3/9/2009 n.5191); ed inoltre l’interesse al ricorso, in quanto condizione dell’azione, deve sussistere sia al momento della proposizione del gravame che al momento della decisione, fermo restando il poteredovere del giudice di verificare la persistenza della predetta condizione in relazione a ciascuno dei predetti momenti (in tal senso Cons Stato Sez. V 14/11/2006 n.6689).

Ciò premesso, la individuazione delle ipotesi di sopravvenuta carenza di interesse va compiuta con criteri rigorosi e restrittivi, atteso che la improcedibilità, precludendo l’esame del merito della controversia potrebbe tradursi in una sostanziale elusione dell’obbligo del giudice di pronunciarsi sulla domanda dell’attore, limitando di fatto la tutela giurisdizionale dei soggetti.

In questa prospettiva si deve escludere che si verifichi l’improcedibilità per carenza di interesse allorché, come nel caso di specie, pur avendo gli atti successivamente adottati dall’Amministrazione privato di effetti il provvedimento impugnato, residuano possibili pregiudizi e comunque ulteriori iniziative attivate o attivabili dall’interessato anche in relazione al fatto che il chiesto annullamento (è il caso qui all’esame) può costituire elemento costitutivo di un’azione risarcitoria (cfr. Cons Stato Sez. V 10/3/1997 n.242; idem Sez VI n.5191/09 già citata).

Per non dire poi che parte appellante ha espressamente dichiarato di avere ancora interesse a coltivare la decisione di merito, di talché in presenza, quanto meno, di forti dubbi, in ordine alla sopravvenuta carenza di interesse alla prosecuzione del giudizio, non pare nella specie sussistano gli estremi perché possa farsi luogo ad una decisione dichiarativa di improcedibilità.

Sotto altro e simmetrico profilo, non varrebbe opporre che la Regione ha stralciato la previsione dell’asse viario, nelle cui fasce di rispetto dovrebbe sorgere l’ampliamento dell’impresa agricola, perché contro questa statuizione regionale il Comune ha proposto ricorso al TAR, come si è narrato in fatto.

Ciò precisato, passando all’esame del merito, l’appello è infondato e va pertanto respinto, con conferma di quanto deciso dal primo giudice.

In relazione alle censure rivolte specificatamente nei confronti dell’ordito motivazionale facente parte della sentenza qui impugnata di cui alle lettere a) e b) summenzionate, le stesse sono prive di pregio.

Le ragioni che con gli atti impugnati sono state opposte come preclusive all’accoglimento della domanda ad aedificandum sono costituite dal fatto che il progettato intervento contrasta con la variante n.18 al PRG, adottata con delibera n.11/2003, che ha previsto l’inserimento di una fascia di rispetto stradale in relazione ad una realizzanda bretella che permetta al traffico veicolare, in particolare, quello dei mezzi pesanti, diretto verso nord di bypassare il centro abitato di Massanzago.

La circostanza di carattere preclusivo rappresentata dalla prevista realizzazione di tale nuovo asse viario è stata puntualmente evidenziata dal giudice di primo grado nella parte motiva della emanata sentenza, mettendosi altresì in rilievo come le critiche rivolte dall’interessato nei confronti della scelta urbanistica de qua non erano tali da far configurare la determinazione operata dall’Amministrazione comunale incongrua e/o irragionevole.

Ora, sulla scorta di quanto testé fatto presente, non appaiono condivisibili le critiche di difetto di istruttoria e di carenza di motivazione mosse nei confronti delle statuizioni rese con l’impugnata sentenza, dal momento che il Tar con le esposte osservazioni dimostra di aver ben acquisito alla sua cognizione gli elementi di fatto e di diritto che connotano la fattispecie, ivi comprese le caratteristiche e le finalità dell’opera pubblica ostativa al progettato intervento edilizio, sì da giustificare l’utilizzo dello strumento processuale della "sentenza breve".

Il primo giudice poi ha avuto cura, sia pure in maniera succinta, ma sempre in termini di chiarezza e puntualità, di dare sufficiente contezza delle prefate circostanze, oltreché della giustificazione giuridica su cui si fonda la determinazione di tipo soprassessorio- negativo opposta dal Comune, per cui non è dato evincere una quale che sia carenza motivazionale.

Neppure appare convincente la doglianza di cui alla summenzionata lettera c).

Invero, parte appellante lamenta che il giudice veneto non ha tenuto conto delle sue statuizioni rese in precedenza in favore dello stesso appellante con la sentenza n.2164/03; ma il Collegio deve qui osservare come non vi sia connessione e/o interdipendenza tra la vicenda oggetto della sentenza invocata a sostegno della censura e la fattispecie qui all’esame di consistenza e portata tali da imporre l’esecuzione delle rese statuizioni.

Nella precedente circostanza lo stesso giudice ha censurato (giustamente) la variante parziale n.12 introdotta dal Comune di Massanzago (e la conseguente misura di salvaguardia) che restringeva illegittimamente i requisiti soggettivi del richiedente una concessione edilizia interessante la zona territoriale agricola (E); in questa sede, però si discute (in relazione allo specifico petitum) di altro fatto, quello rappresentato dalla introduzione della variante parziale n.18 (con correlata misura soprassessoria), che introduce la prevista realizzazione di un asse viario con cui si viene a porre in contrasto il progettato intervento edilizio che l’appellante chiede essere assentito: di qui l’erroneo convincimento in capo alla parte appellante di una contraddittorietà tra le sentenze richiamate, che, invece, per quanto rappresentato, è del tutto insussistente.

Passando all’esame dei motivi di appello reiterativi dei mezzi d’impugnazione di primo grado, col primo motivo si sostiene in primo luogo la irrazionalità della previsione urbanistica di un asse viario che non produrrebbe la soluzione dei problemi di traffico auspicata dall’Amministrazione; inoltre il Comune avrebbe in sostanza eluso le statuizioni favorevoli rese dal TAR con la sentenza n.2164/03 e comunque nella specie non sarebbe applicabile la disciplina urbanistica dedotta dalla nuova previsione, ma il previgente regime giuridico, quello sancito dalla suindicata sentenza, essendosi così verificata una ingiusta obliterazione della posizione qualificata esistente in capo al B., senza che l’Amministrazione comunale abbia neanche fornito una specifica motivazione in ordine all’ pubblico interesse prevalente rispetto alla pretesa vantata dal ricorrente.

Le dedotte doglianze sono infondate

Va in primis osservato come le scelte effettuate dalla P.A. in sede di redazione di strumenti urbanistici (nella specie trattasi di variante generale di assestamento al PRG) siano nel merito insindacabili (in quanto accompagnate da un’amplissima valutazione discrezionale) e per ciò stesso attaccabili solo per errori di fatto, abnormità ed irrazionalità delle stesse (cfr. Cons Stato Sez. IV 6/2/2002 n.664; idem 27/7/2010 n.4920), connotazioni nella specie non rinvenibili e comunque non provate dalla parte interessata.

Quanto poi alla destinazione impressa alla zona, le scelte non necessitano di specifica motivazione se non nel caso che la scelta vada ad incidere su una preesistente posizione giuridica soggettiva differenziata (cfr. Cons Stato Sez. IV 10/2/2009 n.2418), ma non è questo il caso che ci occupa.

Invero, in primo luogo la sentenza n.2164/03 si è limitata a rimuovere dal mondo giuridico una modifica di una norma delle NTA (l’art.56) in ordine ai requisiti soggettivi richiesti per avanzare domanda di edificazione in zona agricola, ma senza che a ciò possa riconoscersi valenza urbanistica, nel senso che una volta ritenuta ammissibile la domanda ad aedificandum, quella presentata il 18/9/2002, la stessa doveva pur sempre essere vagliata in ordine alla conformità o meno dei parametri urbanistico- edilizi. Inoltre, v’è da rilevare che non risulta (e comunque non è provato) che il Comune abbia avuto comunicazione della pronuncia giurisdizionale in questione prima che venisse adottata la variante n.18 (con la deliberazione n.11 del 7/4/2003) e questo fa sì che, al di là dell’ambito applicativo, non appare fondatamente invocabile il principio della non applicabilità dello jus superveniens costituito dalla normativa urbanistica successivamente adottata (quella recata con la citata deliberazione consiliare n.11/03).

Del pari, non sussistendo alcun apprezzabile affidamento in capo al B., neppure appare configurabile a carico dell’ Amministrazione uno specifico onere motivazionale sulle ragioni di pubblico interesse sottese alla previsione di una bretella viaria (cui accede l’opposta fascia stradale di rispetto, preclusiva rispetto al progettato ampliamento dell’insediamento produttivo suinicolo).

Relativamente al secondo e sesto motivo d’impugnazione, che vanno congiuntamente trattati in ragione della comunanza delle censure ivi dedotte, parte appellante contesta le limitazione alla edificabilità di annessi rustici in relazione alle caratteristiche di allevamento in esercizio ("allevamento zootecnico intensivo" o "allevamento non intensivo o civile"); ma tali censure attengono a profili della vicenda che sono stati oggetto della sentenza n.2164/03, i quali però non rilevano, per quanto sopra evidenziato, ai fini della legittimità o meno della variante n.18 (e della conseguente misura soprassessoria).

Da tanto deve altresì dedursi, in assenza di profili di illegittimità dell’atto presupposto, la insussistenza del vizio di illegittimità derivata denunciato col terzo motivo.

Col quarto motivo di gravame il B., con specifico riferimento al provvedimento di sospensione del 20/5/2003 prot. n. 9510, lamenta nuovamente la mancata motivazione sulla opponibilità delle nuove previsioni, ma al riguardo vale quanto in proposito fatto rilevare circa l’insussistenza di qualsiasi specifico onere motivazionale, dovendosi aggiungere che a seguito dell’avvenuta adozione di previsioni urbanistiche di contenuto preclusivo ad un progettato intervento edilizio, la misura soprassessoria in ordine alla determinazione finale da assumersi diventa un atto dovuto.

Anche la denuncia di violazione e/o elusione del giudicato di cui al quinto motivo di appello va disattesa.

Come già visto, l’interessato non può opporre una elusione e/o mancata esecuzione del giudicato, vuoi perché lo jus variandi è intervenuto allorché non era stata comunicata, almeno ufficialmente, la sentenza n.2164/03, vuoi perché a ben vedere le statuizioni rese con detta decisione, per l’oggetto del contendere e il loro intrinseco contenuto, non appaiono costitutive di una posizione di intangibilità della posizione dell’appellante in relazione al rivendicato jus aedificandi.

Rimane da esaminare la domanda di risarcimento danni pure avanzata dall’interessato.

Essa va disattesa.

In primo luogo occorre rilevare come in realtà non sia provata una concreta lesione della situazione patrimoniale collegabile ad una non meglio identificabile mancata intrapresa imprenditoriale derivante dall’opposto provvedimento soprassessorio.

In ogni caso, non essendo rinvenibile in capo all’Amministrazione comunale, in riferimento agli atti oggetto della presente controversia una condotta contra legem da considerasi causativa di danno risarcibile ai sensi dell’art.2043 codice civile, ogni pretesa risarcitoria appare inconfigurabile (cf.r Cons Stato Ad. Pl. n.12/07).

Quanto sin qui esposto conduce a considerare infondato l’appello all’esame.

Le spese e competenze del presente grado del giudizio seguono la regola della soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna la parte appellante al pagamento delle spese e competenze del presente grado del giudizio che si liquidano complessivamente in euro 5.000,00 (cinquemila) oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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