Cass. civ. Sez. III, Sent., 03-02-2012, n. 1607 Vendita forzata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.P. propose opposizione agli atti esecutivi avverso "l’avviso di vendita all’incanto per Notar C.S. di Lavello, come delegato, l’incanto stesso, l’aggiudicazione provvisoria a tale P.R. per il prezzo di Euro 175.000,00", nella procedura esecutiva immobiliare n. 37/85 R.G.E., cui era stata riunita la procedura esecutiva immobiliare n. 39/87 R.G. E., nella quale era debitore esecutato.

Il Tribunale di Melfi, con sentenza pubblicata il 13 agosto 2008, ha rigettato l’opposizione ed ha condannato l’opponente a rifondere all’aggiudicatario P.R. i due terzi delle spese di lite, compensando il terzo restante.

Avverso la sentenza del Tribunale di Melfi il C. propone ricorso straordinario per cassazione a mezzo di due motivi. Non si difendono gli intimati.

Motivi della decisione

Il Collegio ha raccomandato la motivazione semplificata.

1.- Il presente ricorso per cassazione è soggetto, quanto alla formulazione dei motivi, al regime dell’art. 366 bis c.p.c. (inserito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6, ed abrogato dalla L. 18 giugno 2008, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d), applicabile in considerazione della data di pubblicazione della sentenza impugnata (13 agosto 2008).

Il secondo articolato motivo di ricorso con il quale si denunciano nullità della sentenza e violazione di legge (e precisamente, sub b.II.1., la violazione degli artt. 591 bis, 568, 15 e 555 cod. proc. civ., in riferimento all’art. 360 cod. proc. civ., n. 4; e sub b.II.2., la violazione degli artt. 2912 e 1470 cod. civ. e art. 42 Cost. in relazione all’art. 568 cod. proc. civ., in riferimento all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3) è inammissibile per difettosa formulazione dei quesiti di diritto.

Tutti e due i quesiti sono formulati in termini tali ("se il prezzo di più beni offerti all’asta unitariamente nell’espropriazione forzata deve tenere conto del valore di tutti i singoli beni che compongono il compendio offerto in vendita; e conseguentemente individuare un prezzo a base d’asta che con distinto riguardo ne remuneri ognuno"; "se l’aver posto in vendita un bene facente parte di un più ampio compendio immobiliare ma autonomo e catastalmente identificato senza determinazione del valore, viola l’art. 568 c.p.c. in relazione all’art. 42 Cost.") da non consentire a questa Corte l’individuazione dell’errore di diritto denunciato dal ricorrente con riferimento alla fattispecie concreta nè gli stessi appaiono idonei all’enunciazione di una regula iuris applicabile anche in casi ulteriori rispetto a quello da decidere con la presente sentenza, poichè di tale caso e delle questioni che esso pone non è fornita alcuna valida sintesi logico-giuridica (cfr. Cass. S.U. n. 26020 del 30 ottobre 2008).

2.- Il primo motivo di ricorso – col quale è denunciata violazione o falsa applicazione dell’art. 586 cod. proc. civ., nonchè nullità della sentenza ex art. 112 c.p.c., per omessa pronunzia in relazione all’art. 617 cod. proc. civ., con riferimento rispettivamente all’art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 4 – è assistito da un quesito di diritto svolto in più punti, che il Collegio reputa ammissibile:

consiste, infatti, in due proposizioni, da leggere in connessione tra loro, poichè svolgenti una funzione unitaria, sotto il profilo logico e giuridico, quindi idonee, nella loro combinazione, a far comprendere senza equivoci le due violazioni denunciate (cfr. Cass. n. 26737/08); queste sono riferibili alla fattispecie dedotta in giudizio, anche se non completamente esplicitata nelle due parti di cui si compone il quesito medesimo ("1. se la norma dell’art. 586 c.p.c. impone al giudice dell’esecuzione soltanto di accertare se sussista oppur no una notevole sproporzione tra il prezzo di aggiudica ed il valore di mercato dello staggito, rispetto al quale risulta essere fuori campo ogni questione circa l’eventuale violazione delle norme processuali che prescrivono le modalità da seguirsi nella vendita all’asta:

2. se di conseguenza il giudice dell’esecuzione violi il dovere di pronunzia ex art. 112 c.p.c., sulla questione della "nullità ed inefficacia dell’aggiudicazione provvisoria e degli atti presupposti e consequenziali"suscitata dalla parte ex art. 617 c.p.c., per essere stato posto in vendita un bene mai stimato nè conseguentemente correlato ad un specifico prezzo base d’incanto, indipendentemente dalla circostanza che, ex art. 586 c.p.c., sia stata da lui stesso esclusa la sussistenza di una notevole sproporzione tra il prezzo di aggiudica e valore di mercato dei beni, ivi compreso quello preterito").

3.- Lamenta il ricorrente che il giudice di merito non si sarebbe pronunciato sulla domanda da lui formulata ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ., volta ad ottenere la declaratoria di nullità ed inefficacia dell’aggiudicazione per irregolarità del procedimento di stima, ma avrebbe incentrato la sua decisione soltanto sulla verifica della "notevole sproporzione" tra il prezzo di aggiudicazione dei beni ed il loro valore di mercato ex art. 586 cod. proc. civ., giudicandola infine insussistente per aver individuato la divergenza nella percentuale del 15,46%. Secondo il ricorrente, con tale ragione giuridica la sentenza impugnata avrebbe falsamente applicato l’art. 586 cod. proc. civ., poichè avrebbe ritenuto che l’insussistenza della notevole sproporzione potesse superare la circostanza – oggetto di altra e diversa doglianza – che uno dei beni venduti non era stato stimato nè considerato in sede di definizione del prezzo base d’incanto; inoltre avrebbe violato l’art. 112 cod. civ., poichè non si sarebbe pronunciata sulla dedotta violazione dell’art. 617 cod. proc. civ..

3.1.- Giova precisare che il ricorrente fonda la propria censura sul fatto che il lotto n. 4 – della cui aggiudicazione si tratta – era formato, oltre ad una quota parte della corte comune, da un appartamento composto da piano seminterrato, piano rialzato e piano primo, aventi ciascuno propri dati catastali, e che il piano seminterrato, pur essendo esteso 75 mq. ed identificato in catasto al foglio n. 48 particella 1082 (passo carraio) e 1083/6 (locale S/1) graffate, con propria rendita catastale (Euro 123,95), era stato individuato dall’esperto nominato in sede esecutiva, ma non era stato considerato nella valutazione definitiva del prezzo base d’asta (ottenuto tenendo conto soltanto della superficie abitativa), perchè ritenuto dal tecnico un "semplice accessorio dell’abitazione".

Il ricorrente con l’atto introduttivo dell’opposizione de qua ha dedotto, in primo luogo, la nullità e l’inefficacia dell’aggiudicazione, perchè sarebbe stata omessa la valutazione del seminterrato anche nella successiva perizia di stima effettuata dallo stesso tecnico sempre in sede esecutiva (a seguito di un incendio che aveva danneggiato l’immobile) e perchè, in conseguenza, sarebbe stato messo in vendita "un bene mai stimato e dunque privo di prezzo"; ha quindi, ed altresì, fatto presente che la vendita avrebbe dovuto essere sospesa ex art. 586 cod. proc. civ., perchè il prezzo offerto dai compratori sarebbe stato inferiore alla meta di quello giusto di mercato.

3.2.- Nell’affrontare la questione del giusto prezzo, il Tribunale ha dato per presupposta l’attività di stima dell’esperto nominato in sede esecutiva (geom. G.), ed ha tenuto conto sia di quella svolta dal primo consulente nominato a seguito dell’opposizione (geom.

L.) sia, soprattutto, dell’attività estimativa del secondo consulente (ing. Ca.), nominato sempre nella fase cautelare dell’opposizione, a seguito delle contestazioni mosse dal consulente tecnico di parte opponente, che il nuovo esperto è stato espressamente invitato a tenere presente.

Riguardo all’attività di stima svolta a seguito dell’opposizione, il ricorrente sostiene che, pur essendo la relazione tecnica del geom.

L., affetta da diversi errori di calcolo, ebbe tuttavia ad individuare la superficie di mq. 75 del piano seminterrato e che quest’ultimo venne separatamente considerato anche dall’ing. Ca., che finalmente attribuì al seminterrato un’autonoma valutazione espressa nel valore di Euro 48.008,00.

Secondo il ricorrente, il giudice dell’esecuzione, dopo avere disposto ed ottenuto dette ulteriori perizie di stima, avrebbe finito per trascurare completamente la questione concernente la formazione del prezzo base d’incanto e "fraintendendo l’effettiva portata dell’art. 586", avrebbe ricondotto al sistema delle opposizioni agli atti ed alla norma dell’art. 618 cod. proc. civ., comma 2, l’ulteriore e diversa questione posta dall’esecutato ai sensi appunto dell’art. 586 cod. proc. civ., negando l’inibitoria ed emettendo il decreto di trasferimento in data 7 marzo 2006. A sua volta, il Tribunale, pur avendo correttamente individuato la domanda dell’opponente, avrebbe dettato una "motivazione riferita esclusivamente alla sospensione invocata ex art. 586 c.p.c." (secondo quanto si legge alle pagg. 9-10 del ricorso, in cui è riportata la motivazione della sentenza impugnata).

4.- Sulla censura oggetto del primo motivo, come riportata al precedente punto n. 3, si osserva quanto segue.

E’ vero che la motivazione della sentenza appare incentrata esclusivamente sulla verifica della sussistenza del presupposto richiesto dall’art. 586 cod. proc. civ., quale causa ostativa al trasferimento, per essere stata fatta l’aggiudicazione a prezzo notevolmente inferiore a quello giusto, risultando invece carente la motivazione sulla specifica questione prospettata dal ricorrente come principale (e sostanzialmente unico) motivo di opposizione; tuttavia è da escludere che ricorra il vizio denunciato come omessa pronuncia per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., quindi per error in procedendo ex art. 360 cod. proc. civ., n. 4 (cfr., tra le tante, Cass. n. 6858/04 e n. 15882/07).

4.1.- Come detto, il Tribunale si è avvalso ed ha interamente richiamato le relazioni svolte dall’ing. Ca.Mi., le quali, così come tutte le altre già depositate in sede esecutiva, sia prima che dopo la presentazione del ricorso in opposizione del 28 febbraio 2005, contenevano – per esplicita ammissione del ricorrente (cfr. pagg. 3-9 del ricorso) – l’individuazione e la descrizione del piano seminterrato: l’unica differenza tra le une e le altre consiste allora nel fatto che soltanto l’ultimo degli esperti nominati per stimare l’immobile ha attribuito alla porzione immobiliare in questione un valore autonomo, laddove gli altri (ed in particolare il geom. G., nominato in sede esecutiva) avevano ritenuto di non attribuire a tale porzione immobiliare alcun valore autonomo, esprimendo un valore complessivo dell’intero lotto, composto dall’appartamento costituito dal piano seminterrato, piano rialzato e piano primo.

Ritiene il Collegio che la situazione processuale denunciata dal ricorrente non si sia affatto tradotta nella violazione di norme del processo esecutivo, specificamente degli artt. 591 bis, 568, 15 e 555 cod. proc. civ., ma soltanto in un diverso modus operandi degli esperti stimatori, che ha comportato anche una diversa valutazione dell’immobile oggetto di stima.

Quanto a quest’ultimo, non si può che prendere come punto di riferimento l’art. 568 cod. proc. civ., per rilevare che, ai sensi del terzo comma, l’immobile il cui valore deve essere determinato dal giudice "agli effetti dell’espropriazione", coincide con quello che viene offerto in vendita come unico lotto, anche quando la vendita sia fatta in più lotti (cfr. art. 504 cod. proc. civ.); più precisamente, nè la norma in parola nè le altre che regolano la vendita senza incanto (artt. 570-575 cod. proc. civ.) e con incanto (artt. 576-591 cod. proc. civ.) e la delega delle operazioni di vendita (art. 591 bis cod. proc. civ.) richiedono che si proceda all’individuazione di un apposito e separato valore per ogni porzione immobiliare che componga un lotto, qualora in questo vengono incluse più porzioni, tanto più se – come nel caso di specie – vengano consideri rate come un’unica unità immobiliare; nè rileva che ad una o più di tali porzioni siano attribuiti dati catastali autonomi.

Piuttosto, la mancata individuazione di un autonomo e separato valore per ciascuna delle possibili componenti di un lotto può rilevare esclusivamente sul piano fattuale, qualora si traduca nell’erronea determinazione del giusto prezzo di vendita del lotto unitariamente considerato.

Diversa, e certamente patologica, è la situazione che si presenta quando invece alcune delle porzioni o dei beni che compongono un unico lotto non siano stati nemmeno considerati (cioè nè individuati nè descritti, ma appunto completamente trascurati) dall’esperto stimatore, poichè questa omissione, e questa soltanto, si traduce nell’offerta in vendita di un bene diverso da quello pignorato, che determina invalidità degli atti del processo esecutivo (dell’ordinanza di vendita e/o dell’ordinanza di aggiudicazione e/o del decreto di trasferimento) rilevanti ex art. 617 cod. proc. civ., proprio a causa di detta mancata coincidenza.

Qualora invece la porzione immobiliare ovvero il bene che si assume far parte di un lotto (più ampio) sia stato identificato e descritto dall’esperto, ma da questo sia stato reputato privo di valore autonomo, non si può certo concludere nel senso – sostenuto dal ricorrente – che ne sia mancata la stima; piuttosto, è vero che la stima c’è stata e che è consistita nell’attribuzione di valore pari allo zero al bene (o porzione di bene) autonomamente considerato;

ciò, che non esclude che comunque anche quest’ultimo possa essere rilevante – secondo le diverse prospettive fatte proprie dall’esperto – ai fini della determinazione del valore complessivo del lotto posto in vendita.

Ne segue che le contestazioni che le parti possono muovere ad una stima siffatta non sono altro che contestazioni riguardanti il "giusto" prezzo del bene o dei beni unitariamente posti in vendita, vale a dire contestazioni che, riguardando i criteri seguiti dall’esperto per la determinazione del valore dell’immobile ai sensi dell’art. 568 cod. proc. civ., possono si avere ad oggetto la regolarità degli atti del processo esecutivo che tale valore abbiano recepito, ma soltanto con riferimento al risultato finale dell’attività, in sè considerato.

5. – Pertanto, nel caso di specie, quando il giudice dell’esecuzione, prima, ed il Tribunale, poi, si sono occupati del motivo di opposizione che lo stesso ricorrente riconosce essere stato correttamente individuato dal giudice a quo (cfr. pag. 9 del ricorso, in cui si riporta la pag. 2 della sentenza impugnata: "voglia il sig. G.E. sospendere con decreto il trasferimento del lotto quarto ed anche l’aggiudicazione in favore di P.R.. Nominare nuovo CTU stabilendo l’attuale valore e prezzo d’asta e quindi fissare un nuovo incanto. Dichiarare comunque la nullità e l’inefficacia dell’aggiudicazione e degli atti presupposti e consequenziali"), hanno finito per esaminare l’unica doglianza configurabile come rilevante ai fini dell’opposizione. In particolare, è da escludere che vi sia stata un’omessa pronuncia sulla domanda come appena trascritta, in quanto proprio di questa il Tribunale si è occupato nel considerare il "risultato" delle operazioni di stima contestate dall’opponente; ha quindi concluso per il rigetto dell’opposizione – così pronunciandosi su detta domanda – pur non avendo espressamente affrontato in motivazione la questione di cui ai precedenti punti n. 4 e n. 4.1.

Le argomentazioni sopra svolte in merito a tale questione evidenziano come – escluso che l’attività valutativa dell’esperto quando abbia avuto ad oggetto esattamente e per intero il bene (anche composto da più porzioni e/o unità immobiliari) così come pignorato e unitariamente messo in vendita possa dirsi invalidante gli atti della procedura ovvero in sè irregolare soltanto perchè abbia concluso nel senso della mancanza di un autonomo valore di stima per una delle componenti (o tale considerata) di detto bene – l’unico oggetto di doglianza e quindi di esame non possa essere che la valutazione in sè considerata (nel caso di specie, la qualificazione del piano seminterrato in termini di "semplice accessorio dell’abitazione" ovvero la mancata attribuzione allo stesso di un autonomo e/o adeguato valore commerciale). Allora, il motivo di opposizione ha finito per coincidere sostanzialmente con le ragioni poste dallo stesso opponente a base di quell’istanza ex art. 586 cod. proc. civ., comma 1, che pure è stata proposta col medesimo atto depositato il 28 febbraio 2005.

Richiamati, quanto ai rapporti tra la norma dell’art. 586 cod. proc. civ., ed il sistema delle opposizioni esecutive i principi già espressi da Cass. n. 6487/10 (pronunciata su altri ricorsi proposti da C.P. e riferiti ad opposizioni avverso diversi provvedimenti adottati nell’ambito della stessa procedura esecutiva immobiliare), alla cui motivazione si fa integrale rinvio, si deve concludere che, pur avendo il giudice a quo espressamente motivato soltanto con riferimento alla norma dell’art. 586 cod. proc. civ., ha invece deciso anche in ordine al motivo di opposizione avverso l’ordinanza di aggiudicazione; e l’ha rigettato non certo perchè abbia ritenuto che l’insussistenza della sproporzione ai sensi di detta norma consenta di superare l’irregolarità della mancanza della stima (di una parte) del bene pignorato, ma proprio perchè ha ritenuto che questa stima vi fosse stata ed avesse portato alla determinazione di un prezzo complessivo ritenuto congruo.

Il ricorso va perciò rigettato.

6.- Non avendo gli intimati svolto attività difensiva, non vi è luogo a pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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